500 chilometri sulla via di Francesco: Andrea Devicenzi racconta la sua ultima impresa
"Quello che mi ha stupito è stata la forza che mi ha dato la voglia di raggiungere il traguardo prima del previsto: così anziché una media di 20 km come avevamo previsto, abbiamo percorso 23-24 km di media ogni giorno" spiega Andrea.
MARTIGNANA DI PO – Diciamocelo: quella barba, addosso ad Andrea Devicenzi, ancora non l’avevamo vista. Ma il punto è che con un colpo di rasoio quella passa, mentre tutto ciò che il Cammino di San Francesco ha portato resterà. “Ho trovato tutto quello che speravo, forse pure qualcosa di più: e l’ho capito sin dalla prima tappa. Sono entrato in questo bosco, con la vegetazione molto fitta. E dai rami è entrato un raggio di sole che ha creato uno splendido gioco di luci: “Ragazzi, qualcuno ci sta dando un segno: qui siamo guidati e seguiti” ho detto ai miei compagni di viaggio. E da lì è partito tutto”.
Partito da Martignana, casa sua, il 7 settembre, l’atleta paralimpico e mental coach casalasco ha iniziato il Cammino a La Verna, il santuario francescano, il giorno dopo, per giungere a San Pietro, a Roma, l’ultimo giorno del mese. “Sono arrivato in anticipo, in realtà. Il Cammino prevedeva 22 tappe, io – essendo alla prima esperienza con questa tipologia di sforzo – avevo diviso il percorso in 24 tappe. Avevo timore di faticare per la stanchezza, per i dolori ai polsi o ai gomiti. Invece dopo essere giunto ad Assisi, mi sono accorto che potevo dare di più rispetto a quanto avessi programmato e previsto. Ho “mangiato” tanti chilometri in più nelle ultime 7-8 tappe in particolare e così il percorso è stato in effetti diviso in 22 parti, anticipando l’arrivo che era previsto per il 2 o 3 ottobre. Ventidue è il mio numero del destino, del resto, e non potevo tradirlo: a Progetto 22 devo tutto e in 22 tappe ho concluso la mia fatica”.
Andrea Baglio, telecamera alla mano, ha ripreso tutto, passo dopo passo, mentre i compagni di viaggio di Devicenzi sono stati Simone da La Verna ad Assisi e poi Claudio da Assisi a Roma. “Loro hanno qualche anno in più di me, ma voglio evidenziare lo sforzo di Andrea Baglio, che si è fatto tutti i 500 km con me, al mio fianco. A tutti i miei tre compagni devo dire grazie: hanno saputo rispettare i miei tempi, quelli dello scherzo, della chiacchiera, ma anche del silenzio. Non è facile, a volte, convivere con chi si conosce bene, figurarsi con chi magari affronta un Cammino, che ti mette comunque alla prova quotidianamente e per tre settimane, dopo essere entrato in contatto con te da poco tempo. Invece il feeling che si è creato ha da subito originato una situazione perfetta e ideale per dare il meglio lungo il percorso”.
La fortuna vi ha baciato. “Il bel tempo, che non ci ha mai abbandonati, è stato un dono: in effetti il Cammino di San Francesco è complesso, più di quello di Compostela o della Via Francigena. Non che avessi timore, ma molti mi avevano messo in guardia, spiegandomi che non sarebbe stato semplice. Diciamo che solitamente chi inizia ad affrontare Cammini, non parte da quello di San Francesco. Ma io sono fatto così e amo le sfide. Quello che mi ha stupito è stata la forza che mi ha dato la voglia di raggiungere il traguardo prima del previsto: così anziché una media di 20 km come avevamo previsto, abbiamo percorso 23-24 km di media ogni giorno, con il picco di sabato, non a caso penultima tappa, dunque sentendo vicino l’arrivo, quando abbiamo camminato per 28.5 km”.
Rispetto al Perù e alla conquista di Machu Picchu è stato tutto diverso. “Là ero solo e c’era un problema fondamentale, la lingua. Qui invece sono sempre stato in compagnia e, con tanti ragazzi italiani e tanta gente conosciuta anche nelle pause e nelle soste notturne, trovando grande ospitalità, ho condiviso e ricevuto in dono tante storie. Ripeto: ci siamo capiti al volo, si parlava ma si stava anche zitti per 2-3 ore a volte, senza mai una discussione. Si è creata una simpatia – termine ripreso nella sua accezione greca – naturale, una vera e propria intesa. Per Andrea Baglio così come per me il traguardo era chiaro: il mio spirituale e atletico, il suo anche professionale, perché ha fatto un grande lavoro documentando tutto”.
Quali sono i momenti chiave che, ripercorrendo il Cammino all’indietro, porterai con te e ti sovvengono per primi? “L’incontro ad Assisi con Pietro e Paolo Del Porto. Pietro da sei anni non tornava ad Assisi e l’ho ritrovato proprio lì, mentre io passavo da quel punto che, nel Cammino di San Francesco, ha un significato davvero simbolico; Paolo si trovava invece ad Assisi quasi per caso. Tutto si è incastrato alla perfezione, per me è stato un segno, una coincidenza pazzesca. Un altro momento clou è stata la sosta al faggio di San Francesco a Rivodutri, provincia di Rieti, a metà percorso: ammirare questa pianta millenaria, dalla forma davvero inspiegabile, mi ha affascinato e dato ulteriore energia”.
Peccato per il mancato incontro con Papa Francesco. “Sì, peccato: è stata l’unica sfortuna, ma l’udienza del 30 settembre era davvero blindata e anche nei giorni successivi non c’è stato modo di organizzare. Comunque non dispero di certo: è mancata solo la ciliegina, però è stata una gran bella torta, che assaporerò con ancora più gusto nei miei giorni a venire. Il buon sapore dopo esperienze così non va disperso”.
Giovanni Gardani