Cronaca

Ponte: Godot non è arrivato e chi lo aspettava se ne è andato (o ha perso la testa)

Metafora di un territorio che resiste altrettanto, che lotta ogni giorno anche se in fondo ha smesso di sperare già da un po'. E che ogni giorno si spegne un poco

CASALMAGGIORE – Alla fine Godot non è arrivato. Ha fatto prima il tempo a spegnere l’attesa. Dei due manichini che lo aspettavano, uno se ne è andato da almeno una settimana, probabilmente stanco di attendere oltre e l’altro non c’è più, almeno con la testa.

Godot non è arrivato e l’istallazione, posta ai piedi di un ponte chiuso ormai da quasi un anno (sarà un anno il 7 settembre) si è smembrata nell’attesa, così come probabilmente avrebbe dovuto essere. Una sedia capovolta, un manichino decapitato ed uno striscione piegato dal vento e dai giorni. L’arte che muta, che evolve seguendo i ritmi della vita e le vicissitudini. L’istallazione che si annulla lanciando messaggi diversi nella propria mutazione. In fondo l’opera degli anonimi è geniale pure in questo.

Ha resistito comunque ‘parecchio’ e questa volta senza essere rimossa da qualche gendarme della burocrazia ligio al dovere. Metafora di un territorio che resiste altrettanto, che lotta ogni giorno anche se in fondo ha smesso di sperare già da un po’. E che ogni giorno si spegne un poco.

La politica – quella nazionale in primo luogo – ad agosto va in ferie. Resta il tempo per qualche fantasioso ossimoro (l’IVA che verrà ritoccata per non aumentare o l’obbligo flessibile, altro che teatro dell’assurdo), per le promesse non ancora mantenute, per un ponte nuovo fondamentale di cui si è parlato, così come si è parlato in un’estate torrida di Cristiano Ronaldo alla Juve o degli Europei. Poco altro.

In mezzo a tutto questo solo il silenzio. A fine mese si chiuderà il bando. Il 3 settembre verranno aperte le buste e si sapranno gli esiti dalla Provincia di Parma, poi verranno assegnati i lavori di ‘incerottamento’ del vecchio ponte. Se tutto andrà bene (e non è detto, San Benedetto Po insegna), al netto di ricorsi, di problematiche che potrebbero emergere in fase cantieristica, di problemi alle imprese, di condizioni atmosferiche avverse, della riapertura si parlerà a settembre 2019. E poi… si sarà punto e a capo. Perchè se a quel punto, e per un qualunque tipo di problema su un ponte che verrà costantemente monitorato, dovesse verificarsi altro, torneremmo d’un sol colpo al 7 settembre 2017. Il ponte riparato serve (forse). Quello nuovo di sicuro.

Il 7 settembre intanto sarà ‘festa’ sul ponte: è previsto l’Aperiponte. Una festa col morto che rischia di essere un appuntamento con qualche tensione. 150 per ora gli aderenti. Ognuno porterà qualcosa da casa da condividere con gli altri. Una bottiglia di vino, un salame, una torta salata, la griglia per le salamelle, la zuppiera con la peperonata, le salsine della nonna. Il bargnolino e il ciambellone fatto in casa. E’ prevedibile che la manifestazione cercherà di approdare – anche simbolicamente – sul ponte stesso. Già l’ultima volta il corteo aveva provato ad andare oltre le barriere superando il cordone dei carabinieri, ma poi si era arreso. La speranza è che – nonostante tutta la rabbia accumulata – quello del 7 resti un momento di festa e di testimonianza.

Intanto però sono passati altri mesi, altra fatica, altre promesse, altri silenzi, altre incertezze, altra rabbia. Gente che si è trasferita, ha cambiato lavoro, chiuso attività, gente che si è mangiata permessi e ferie. Gente che si mangia parte dello stipendio in spese ulteriori. Utili d’impresa ridotti. Resta quel bando e la speranza – piccola e fragile – di un ponte riparato che durerà al più dieci anni, e forse meno. Poco, davvero poco per un territorio ai confini del mondo, ai confini dei pensieri della politica ed ai confini di tutto.

Nazzareno Condina

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