Contini a Desalu: "L'ambizione dev'essere dell'atleta, e Fausto mi ha offeso davanti a tutti"
Fausto lo ha scritto chiaramente in quel post deflagrante: "il mio allenatore non credeva più in me". "Se la pensa così, allora faccio mea culpa: significa che in 14 anni non ho saputo costruire nulla. E quelle offese, ripeto, mi sono rimaste addosso".
CASALMAGGIORE – “Sono sempre stato dell’idea che l’atleta debba avere ambizione e il tecnico debba invece incitarlo, ma mai dire bugie e tenere sempre i piedi per terra, passando esclusivamente dal lavoro: esattamente quello che ho sempre fatto in tutta la mia carriera”. Gian Giacomo Contini ha il tono pacato, la voce non troppo alta (i decibel si alzano soprattutto quando lavora sulla pista di atletica): percepisci che – per lui che è stato per 14 anni l’allenatore di Fausto Desalu e che, prima ancora, da una vita sgrezza talenti per l’Atletica Interflumina e lavora nell’ambito della scuola – l’amarezza è tanta. Perché a suo dire è venuta a mancare l’educazione, ad un certo punto, un’esigenza da lui – professore di educazione fisica – sentita forse più che da altri. E la mancanza non è, si badi, nelle parole di Fausto affidate dall’atleta a Facebook il giorno dopo il record personale di Berlino.
“Quello è uno sfogo – spiega Contini – una sorta di tappo che salta dopo un grande risultato e umanamente ci può stare: il problema è che Fausto, il giorno di quel famoso allenamento in cui tutto è crollato, mi ha insultato con parole che non voglio ripetere, ma che mi hanno ferito. Lì ho capito che il rapporto non poteva continuare: non è vero che ho smontato Fausto, l’ho sempre incitato, ma ho sempre cercato di farlo ragionare sulle sue possibilità reali. E io per conoscere queste e per ipotizzare progressi devo basarmi, in partenza, solo su una verità: quella del cronometro”.
Non c’era dunque sentore di quel record per Fausto? “No, assolutamente. Il rapporto si è interrotto 20 giorni fa: ebbene, negli ultimi giorni di allenamento insieme, ai 150 metri Fausto viaggiava sui 16.1. A Berlino è arrivato ai 150 metri in 14.6, un secondo e mezzo in meno. Anche ai 100 metri passava in 11.3, che è un ottimo tempo ma per un quattrocentista. Per questo io gli ho detto che, a mio avviso, a Berlino avrebbe corso in 20.40, ma gli ho anche ripetuto che quel tempo poteva comunque valere la finale. E infatti con 20.46 si entrava nei migliori otto. Quando gli ho sottoposto la prospettiva di centrare quel crono, 20.40, lui è andato in bestia. E lì si è rotto tutto. Nulla mi toglie dalla testa che il ragazzo sia stato pure sobillato. Non so da chi ma qualcuno ha soffiato sul fuoco”.
Può aver accusato la pressione? “Di sicuro: temo peraltro che le Fiamme Gialle, senza la finale europea, avrebbero potuto rivedere il contratto o il rapporto con Fausto. E’ stato un insieme di fattori: però io ho sempre tifato per Desalu ma non potevo promettergli la luna, perché cronometro alla mano i riscontri erano quelli, nulla faceva presagire il tempo davvero eccezionale che Fausto ha poi conquistato a Berlino”.
La luna se l’è andata a prendere da solo, insomma. “A livello europeo è un gran tempo, a livello mondiale deve ancora migliorare, ma lui ormai sa dove può farlo. Ora sento dire che deve prendere Mennea: io non gli ho mai detto questa cosa, anche se magari posso averla pensata. Ma, ripeto, non voglio mai creare false aspettative, il che non significa non credere nei ragazzi che alleno: è il mio metodo”.
Fausto lo ha scritto chiaramente in quel post deflagrante: “il mio allenatore non credeva più in me”. “Se la pensa così, allora faccio mea culpa: significa che in 14 anni non ho saputo costruire nulla. E quelle offese, ripeto, mi sono rimaste addosso. Mi ha scaricato contro, davanti a tante persone presenti in Baslenga, frasi irripetibili dopo il suo miglior allenamento, tre settimane fa, sfogandosi in quel modo perché ha visto un risultato, in quel momento, per il quale avevamo lavorato insieme. A Berlino credo abbia messo in mostra quella cattiveria che a volte gli è mancata: lo ha fatto per dimostrare qualcosa a me? Può darsi, lo spirito di rivalsa può tanto nello sport. E allora possiamo pensare che quel litigio lo abbia aiutato. Però il rapporto è interrotto”.
Non sembrano esserci margini di recupero. “Direi di no, ma nello sport è anche normale che un sodalizio tra tecnico e atleta finisca se non porta risultati: fa parte del gioco. Io avevo cercato di spingerlo molto sulla 4×100, è vero, e so che lui se l’è presa anche per questo. Ma a Nembro aveva ottenuto il suo record personale sui 100 metri e io avevo due buoni motivi per instradarlo su quella competizione: sia Fausto che io eravamo sotto contratto con la Federazione proprio per la staffetta e non per i 200; in secondo luogo Desalu deve migliorare nella partenza e nel finale e la staffetta è ideale proprio per testare i progressi in questi due fondamentali. Con Frinolli e Di Mulo, tecnici della Nazionale, stavamo parlando proprio del lavoro da impostare con Fausto: e capivamo che mancava soprattutto la continuità. Poi tutto si è perso. E ci può stare, come ci sta il suo exploit con quelle tre gare di Berlino una migliore dell’altra. Io al ragazzo, peraltro, auguro il meglio, voglio essere chiaro. Spero impari a non mollare negli ultimi metri e a trovare sempre la cattiveria giusta: è finita male, purtroppo, ma voglio che si sappia che ho sempre creduto in lui. Anche quando magari le cose le pensavo, senza necessariamente sentirmi in dovere di esternarle”.
Giovanni Gardani