Cronaca

Punto Nascite, requiem (o forse no): all'AVIS le testimonianze, oggi in Regione la sentenza

Piccinelli: "Ci stanno portando via la cosa più bella che abbiamo. Il punto Nascite dell'Oglio Po ha tutti i parametri di sicurezza, ma soprattutto non si è considerati dei numeri"

CASALMAGGIORE – Numeri. In fondo non siamo che quello. Numeri da inserire all’interno di regole e norme che – di fatto – non tengono conto di nulla. Le decisioni, a livello politico, si prendono così.

E poco importa che quei numeri corrispondano a vite, ad esperienze, a storie da raccontare. Di storie, il punto nascite dell’Oglio Po, tra quelle pareti ne ha viste passare tante. Ieri, qualcuna è pure stata raccontata. Storie in cui il personale dell’Oglio Po ha fatto quel che doveva fare mettendoci quel qualcosa in più che in ospedali grandi, in cui si è ancor di più numeri senza un nome, sovente non trovi: una grande carica di umanità.

“Quando ho partorito mia figlia – ha raccontato Jessica Lazzarini, organizzatrice dell’incontro nella sala AVIS – Anna (Anna Stella Vicini) aveva appena finito il turno. Mi aveva seguito lei, e volevo lei durante il parto. E’ rimasta lì con me, sino a che non ho partorito”. Accolte, seguite in maniera personale, coccolate. Tutto questo è il punto nascite Oglio Po. Un punto nascite che potrebbe, oggi alle 14.30, trovar fine in quella logica dei numeri che poco ha a che fare con le reali esigenze del territorio.

Un’ottantina le persone che hanno seguito, ieri a partire dalle 19.30, l’incontro moderato dal giornalista Marco Bazzani. Incontro aperto da un video, girato da Carlo Gardani e montato da Giovanni Gardani, che – sulle note di Ennio Morricone e della colonna sonora di Nuovo Cinema Paradiso – hanno mostrato un pezzo del quotidiano di un reparto che è un’eccellenza del nosocomio casalasco. C’era rabbia, incredulità e c’era anche una forte carica di commozione in chi lo ha visto.

“Un isola felice, piccola, in un mare di numeri – ha spiegato Jessica Lazzarini – in un territorio già vulnerabile, in cui le madri e i bimbi sono coccolati. E’ come essere a casa. Tante mamme sono passate di lì, e ne hanno potuto apprezzare l’umanità del personale. Tante mamme che come me credono che questo reparto debba restare aperto”.

Dopo Jessica è stato il turno di Annamaria Piccinelli, portavoce del comitato a difesa dell’Oglio Po. Critico il suo intervento, che ha ricordato le responsabilità di un territorio e dei suoi amministratori che hanno sottovalutato il problema, quando già i segnali di un depotenziamento erano evidenti: “Ci stanno portando via la cosa più bella che abbiamo. Il punto Nascite dell’Oglio Po ha tutti i parametri di sicurezza, ma soprattutto non si è considerati dei numeri. In questo mio ruolo, ho avuto modo di confrontarmi con parecchie persone. Ricordo una signora di Milano che si è ritrovata a partorire qui e mi diceva di quanto eravamo fortunati ad avere un reparto così, in cui le persone non erano numeri”. Poi la critica alle amministrazioni: “Mi sono trovata davanti ad un immobilismo spaventoso. Qualcuno dei sindaci non ha neppure firmato l’appello e comunque tanti amministratori hanno sottovalutato il problema. Ci siamo presi di tutto quando parlavamo della questione”. Dai gufi alle Cassandre, da gente interessata alla carriera di qualcuno dei protagonisti a rompiballe. E’ un po’ il destino di chi critica e propone. “Ci stanno portando via l’ospedale, un pezzo per volta. C’è chi si fa sentire solo ora, ma un amministratore deve avere il coraggio di andare dove conta e battere i pugni sul tavolo, perché la situazione è gravissima. La chiusura del Punto Nascite è solo l’inizio. Bisogna battersi contro il depotenziamento della struttura, il vero dramma potrebbe essere tra qualche anno, quando magari per un infarto bisognerà arrivare a Cremona per essere curati”.

Il dottor Luigi Borghesi ha poi portato all’attenzione dei presenti le proposte che saranno portate all’attenzione della III Commissione Sanità in Regione. Richieste che non riguardano solo il punto nascite, ma vanno nella direzione del ristabilire i primariati vacanti. Il dottor Borghesi ha pure ricordato quello che, dal 1992 ad oggi, l’ospedale ha perso per scelte calate dall’alto. “Un ospedale per acuti, nato dalle scelte degli amministratori di allora di chiudere tre ospedali per farne uno. 250 posti letto in origine, un ospedale efficente in grado di far fronte ai bisogni. Il 9 chiederemo che vengano ripristinati i primariati vacanti, Ortopedia, Rianimazione e Pediatria”.

Antonia Botrugno, coordinatrice infermieristica, ha portato l’attenzione sui numeri: “Si dice che con meno di 500 parti non riusciremmo a dare sicurezza, ma non è vero. Qui coniughiamo sicurezza a benessere, facciamo continuo aggiornamento e soprattutto per noi la donna non è un numero, ma una persona. Nei grandi ospedali spesso la mamma è abbandonata a se stessa. Siamo ormai un gruppo che lavora molto bene, e vorremmo continuare a farlo”.

E’ intervenuto anche il sindaco Filippo Bongiovanni. Le pressioni affinché il punto nascite resti aperto sono fortissime, e non si limitano ai consiglieri regionali. Bongiovanni ha convenuto che l’ospedale debba essere rilanciato. Favorendo magari l’inserimento di giovani medici, come già è avvenuto per l’ortopedia. Bongiovanni non ha risparmiato critiche anche ai medici di base e ad AREU. “Se nascono associazioni e comitati è perché si percepisce una carenza. L’impressione è quella che non si sia mai capita appieno la potenzialità di una struttura di confine, in grado di attrarre risorse extraregionali. L’Ambito nasce perché i sindaci possano continuamente cobfrontarsi con i direttori, fare da tramite con le esigenze dei territori. Certo poi bisogna capire il perché sono tanti i medici di base che indirizzano i pazienti in altre strutture rispetto all’Oglio Po e perché Areu, anche per interventi che potrebbero essere fatti qui, indirizza i traumatizzati a Cremona. Non dobbiamo comunque mollare. Concordo che qui si rischia di perdere pezzi: l’ospedale va promosso in ogni sede”.

Infine Monica Vangi, segretario provinciale CGIL. “Il nostro territorio ha già subito troppo sul fronte del welfare e dei servizi, oltre che sulle infrastrutture. L’ambito va concretizzato per integrare ospedale e territorio e l’ATS dovrebbe lavorare su un punto debole, il rapporto con i medici di base”.

Mentre la discussione era in corso, è giunto il messaggio di Matteo Piloni. Quello dell’imprevisto incontro, prima della votazione di oggi, tra l’assessore al bilancio di regione lombardia, il portavoce di Fontana e i rappresentanti in Regione delle province di Mantova e Cremona. Una flebile speranza che ha acceso qualche sorriso, a denti stretti. Nessuno si fa illusioni ma, a prescindere dal voto di oggi, prima della eventuale chiusura che potrebbe avvenire tra ottobre e novembre, ci saranno alcuni mesi per poter fare pressioni per ribaltare la decisione.

L’impressione più bella della serata è stata comunque la sensazione di un territorio più unito, almeno in tanti dei protagonisti delle battaglie degli ultimi mesi. La guerra a difesa dell’ospedale è interesse di tutti e la battaglia o la si vince tutti, o la si perde. La volontà di combattere c’è. Forse è tardi, o forse questo è solo l’inizio. Di un tempo migliore in cui tutti – a prescindere dalle bandiere – si lavora per il medesimo obiettivo.

Nazzareno Condina

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