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Piadena-Drizzona, conto alla rovescia verso la fusione: e non mancano le polemiche

Le regole del referendum non sono complesse: non c’è il quorum, dunque basta un voto in più a favore del Sì, che però dovrà vincere in entrambi i comuni. Se infatti in uno solo dei due prevale il No, ecco che tutto salta.

PIADENA/DRIZZONA – Ci siamo: domenica 24 giugno si tiene il referendum per ratificare, con il parere della popolazione, la fusione tra Piadena e Drizzona. Come noto, due settimane fa l’ok arrivò per la fusione tra Torre dè Picenardi e Cà d’Andrea, ma in questo caso un distinguo va fatto: all’epoca infatti si parlava di fusione per incorporazione e non a caso, alla fine, il nome del comune è rimasto Torre dè Picenardi, che ha inglobato Cà d’Andrea, divenuta una frazione.

Per Piadena e Drizzona, invece, nonostante la differenza di abitanti abbastanza netta – 3500 residenti Piadena contro i 560 di Drizzona – si tratta di una fusione alla pari. Il che presuppone passaggi burocratici diversi: se infatti il referendum passerà, ecco che, a differenza di quanto accaduto a Torre, le due amministrazioni dovranno dimettersi e si andrà al voto per l’unico comune creatosi nel 2019. Una scadenza, per inciso, che Drizzona avrebbe comunque dovuto rispettare – e rispetterà anche se il referendum non dovesse passare – non così invece Piadena che anticiperà di tre anni il voto. Sono 2744 gli aventi diritto al voto a Piadena (1425 femmine e 1319 maschi) e un numero decisamente inferiore, 457 (240 femmine e 217 maschi) a Drizzona.

Le regole del referendum non sono complesse: non c’è il quorum, dunque basta un voto in più a favore del Sì, che però dovrà vincere in entrambi i comuni. Se infatti in uno solo dei due prevale il No, ecco che tutto salta. L’altro quesito, come per Torre dè Picenardi, è sul nome: ma a differenza di quanto accaduto nell’altro comune Casalasco, qui le tre opzioni comprendono entrambi i comuni nel nuovo nominativo, proprio perché di fusione alla pari si tratta: si potrà scegliere – votando dalle 8 alle 23 di domenica – tra “Piadena e Drizzona”, “Piadena-Drizzona” oppure “Piadena con Drizzona”.

Se il Sì è favorito, come dimostra la percentuale bulgara superiore al 90% che ha consentito a Torre e Cà d’Andrea di unirsi in matrimonio, in questa parte del Casalasco potremmo avere un po’ di lotta e incertezza in più. Alle ragioni del Sì, sostenute con forza dai primi cittadini Ivana Cavazzini di Piadena e Nicola Ricci di Drizzona, si unisce una discreta propaganda per il No, quasi del tutto mancante nel referendum precedente.

Il sindaco di Drizzona Nicola Ricci ha insistito molto perché Drizzona fosse presente nel nome, e questo ha dato adito a qualche polemica, in particolare da parte della minoranza di Piadena, col capogruppo Pietro Francesconi che caldeggiava un’altra proposta ossia “Piadena e Uniti”. Una polemica che è però uscita dalla sala consiliare, dove il voto a favore della fusione è giunto all’unanimità, e per la quale la risposta del sindaco Ivana Cavazzini, già primo cittadino di Drizzona in passato (e forse per questo, viene da pensare, nel mirino), non è mancata. La stessa Cavazzini, infatti, ha invitato Francesconi a portare questo dissenso, che giunge ora fuori tempo, nella sede del consiglio comunale e non sui giornali. Tra i sostenitori del No si registra la posizione anche di Dante Benelli, consigliere di minoranza di Drizzona, che fa leva sulla volontà di mantenere intatta l’identità del piccolo comune casalasco.

Se il referendum dirà Sì, dal 1 gennaio 2019 avremo ufficialmente un solo comune, ma già da lunedì 25 giugno potremo segnare sul calendario una nuova data storica: dopo la prima volta di Torre e Cà d’Andrea, il Casalasco prova a fare scuola di nuovo, anticipando con Piadena e Drizzona il voto che il 1° luglio coinvolgerà Castelleone e Fiesco per una nuova possibile fusione. Sarebbe la terza in meno di un mese per una provincia, Cremona, che sin qui non aveva vissuto ancora situazioni del genere.

G.G.

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