Bullismo, quali rischi e come fermarlo? Le risposte dal convegno di Gussola
La riflessione è partita dalla cronaca degli ultimi mesi, che ha visto il susseguirsi di episodi di bullismo che hanno coinvolto studenti e professori. Da lì è partita un’accesa discussione.
GUSSOLA – Un confronto sul bullismo prendendo in esame tutte le parti: i docenti, i dirigenti, gli studenti e i genitori tra il pubblico. Successo al Centro “Anselmi” di Gussola, martedì scorso, per la conferenza dal titolo provocatorio “Bullismo, chi ha perso la sfida educativa?”. A discuterne, moderati da Vanni Raineri, nostro giornalista, sono stati Roberta Mozzi, dirigente scolastica dell’ITIS Torriani di Cremona, Rossella Zelioli, professoressa del liceo scientifico Romani di Casalmaggiore, Stefano Prandini, professore del liceo classico Romani ed Enrico Galletti, studente 18enne del liceo classico Manin e collaboratore del Piccolo e del Corriere della Sera.
La riflessione è partita dalla cronaca degli ultimi mesi, che ha visto il susseguirsi di episodi di bullismo che hanno coinvolto studenti e professori. Da lì è partita un’accesa discussione. Ad esordire è stata Mozzi, che ha spiegato il ruolo della scuola nella prevenzione e nel contrasto al fenomeno dilagante del bullismo. «Come dirigenza diamo la possibilità a studenti, docenti e professori di venire a bussare al nostro ufficio per segnalare episodi di violenza e difficoltà vissute negli spazi scolastici». Per Mozzi, non sempre le punizioni sono efficaci: «Abbiamo, a più riprese, sospeso allievi che si sono comportati in maniera scorretta. Ma questo non basta: serve far capire loro l’importanza del rispetto e della disciplina».
Sulla stessa lunghezza d’onda i professori che sono intervenuti. «Io – ha spiegato Zelioli – cerco di parlare di attualità in classe, per far comprendere ai ragazzi che oltre alla filosofia c’è un’attualità fatta di problematiche e di fenomeni che degenerano». Per Prandini «i ragazzi vanno capiti. Noi docenti abbiamo il compito di educare, e prima di ogni cosa siamo chiamati ad essere sicuri della nostra missione imprescindibile. Chi non si sente in pace con se stesso difficilmente potrà aiutare gli altri». Galletti ha messo in tavola la prospettiva dei giovani, spiegando come «spesso non si abbia la consapevolezza dei danni che una prepotenza intesa come “scherzo” provoca nelle persone più deboli, testimoni di un cambiamento evidente anche nel modo di intendere l’educazione».
Efficaci e mirate le provocazioni di Raineri, che ha focalizzato l’attenzione sui casi eclatanti del territorio. «Qualche giorno fa – ha detto Raineri – una donna ha segnalato su Facebook che alcuni ragazzi insultavano i passanti in via Palestro». Quanto basta a riaprire le polemiche, con la “storica” domanda che ritorna puntuale: «Questi giovani, oggi, stanno davvero cambiando?».
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