Piadena-Drizzona, la fusione può saltare per il nome? Ne parla Nicola Ricci
Le norme prevedono che la fusione debba essere approvata dalla maggioranza di entrambi i paesi, mentre per la scelta del nome deciderà la maggioranza assoluta, e quindi conterà molto di più la volontà della ben più popolosa Piadena.
DRIZZONA – Già l’esito del mini sondaggio che facemmo alcune settimane fa faceva capire che la strada per la scelta del nome del nuovo Comune sarebbe stata in salita, ora che il contrasto è emerso è difficile capire se la fusione tra Piadena e Drizzona riuscirà a superare la prova del voto popolare.
Come noto, il 24 giugno i cittadini dei due Comuni saranno chiamati ad approvare la fusione, e nel contempo potranno scegliere il nome del nuovo Comune. Due le proposte certe: “Piadena e Drizzona” e “Piadena-Drizzona”. La terza alternativa dovrà essere approvata dalla commissione, di fatto da entrambi i Comuni. Le minoranze di Piadena stanno raccogliendo le firme per il nome “Piadena”, oppure “Piadena e uniti”, in previsione di un futuro allargamento ad altri comuni del territorio. Ipotesi che non stanno bene a Drizzona, come afferma il sindaco Nicola Ricci: «La terza ipotesi potrà essere scelta dai cittadini, ma ci deve essere il via libera preventivo della commissione, e la nostra idea è di mettere i nomi di entrambi i paesi. Insistere nel nome unico comporterebbe non fare passare la fusione dopo un lavoro di 20 anni».
Le norme prevedono che la fusione debba essere approvata dalla maggioranza di entrambi i paesi, mentre per la scelta del nome deciderà la maggioranza assoluta, e quindi conterà molto di più la volontà della ben più popolosa Piadena. Ciò significa che l’aggiunta del nome “Piadena” come terza ipotesi probabilmente avrebbe il sopravvento. Le osservazioni, non solo per il nome ma anche per eventuali altre proposte, scadranno il 5 maggio alle ore 10.
Ma, chiediamo a Ricci, non sarebbe stato meglio coinvolgere subito tutti i cittadini? Si tende solitamente a rinviare le scelte potenzialmente più divisive, che però quando emergono rischiano di far saltare il banco. «Col senno di poi… le cose stanno così. Siamo partiti illustrando alle minoranze lo studio di prefattibilità coinvolgendole sempre nel percorso. Mi auguro prevalga il buon senso. Dovesse saltare la fusione, non si potrebbe riproporla per i prossimi 5 anni».
Viene anche da pensare che la scelta “Piadena ed uniti” potrebbe avere un senso, considerando la volontà di espandere in futuro l’accordo ad altri paesi. «Il nostro percorso infatti era iniziato con tutti i comuni dell’AC12, perché riunire 10mila abitanti dà induscutibili vantaggi. Se capitasse, il nome verrà riproposto di nuovo, ma sono percorsi difficili se non arriva il vincolo dall’alto. Noi siamo stati tra i primi a fare l’unione e ora la fusione. Partimmo nel 1998, primi in provincia di Cremona e secondi in Lombardia».
Sta di fatto che a Cremona non esiste ad oggi una fusione, e sta saltando pure quella che sarebbe stata la prima, tra Castelleone e Fiesco. «E’ vero. Mantova lavora molto, tanto che abbiamo avuto ospiti gli amministratori di Borgovirgilio, che ha fuso Borgoforte e Virgilio, e altri. Abbiamo fatto anche una dozzina di sedute pubbliche. Speriamo che non si blocchi il percorso».
V.R.