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A Casalmaggiore la quarta assemblea plenaria del sinodo dei giovani

I lavori, presso la struttura dell’Oratorio “Maffei”. moderati da Melania Fava, sono stati seguiti come sempre dal vescovo Napolioni e dal responsabile della pastorale giovanile don Paolo Arienti, coadiuvati dalla Segreteria del Sinodo.

CASALMAGGIORE _ Prosegue secondo programma il cammino sinodale dei giovani della diocesi di Cremona. Domenica 8 aprile si è tenuta la quarta Assemblea, convocata a Casalmaggiore, nella Zona pastorale 5, presso la struttura dell’Oratorio “Maffei”.
I lavori, moderati da Melania Fava, sono stati seguiti come sempre dal vescovo Napolioni e dal responsabile della pastorale giovanile don Paolo Arienti, coadiuvati dalla Segreteria del Sinodo.
Tema della Assemblea la delicata analisi delle trasformazioni che il mondo giovanile vive circa l’adesione alla fede cristiana, alle nuove esigenze dell’evangelizzazione dei giovani e la proposta di itinerari che consentano l’approccio alla figura del Cristo.
La fede, atto di affidamento poggiante sulla relazione fiduciosa, deve trovare – a detta di mons. Napolioni – nuove strade per raggiungere i giovani. “Il Vescovo chiede di aiutarlo. Parlateci di Dio, non della pastorale nelle nostre parrocchie – ha concluso –. Diteci a che punto siete nell’intuizione della fede”.

Prima del confronto nei nove tavoli di lavoro, l’Assemblea ha posto in votazione le proposizioni maturate dalla scorsa Assemblea, celebrata a Rivolta d’Adda nel marzo scorso sul tema del “futuro”. Due proposizioni su nove non hanno superato il quorum previsto e saranno riformulate e successivamente votate: la prima (che proponeva la domanda sul senso della vita) e la quinta (sul significato della vocazione personale). Per comprendere le motivazioni del diniego occorrerà attendere l’invio di osservazioni e proposte di modifica (segue l’elenco di quele approvate).

Dopo la votazione è iniziato il confronto dei giovani sinodali sulla traccia del quarto capitolo dello strumento di lavoro. Il tema della fede si è rivelato impegnativo.
Rimarcata, nella sintesi operata dai facilitatori, la necessità di tutor adulti nella fede che sappiano guidare nei passi da compiere personalmente, anzitutto in forza della propria esperienza di Dio. Ineliminabile è stata avvertita la condivisione con una comunità che sostenga l’esperienza della fede, che faccia sperimentare la sua traduzione in servizio.
Il bisogno di generica trascendenza sperimentato da ogni giovane è stato precisato nell’invito a conoscere il volto umano di Dio in Gesù Cristo, per non correre il rischio paradossale di una fede teorica, e non frutto di un personale incontro. Ai giovani – hanno sostenuto i membri del Sinodo – non va negata una catechesi solida, sostanziosa e non approssimativa, per superare la diffusa ignoranza religiosa.

Provocato dai presenti il vescovo Napolioni ha voluto esprimere il suo convincimento sulla preziosità del percorso “appena avviato”, stimolando il Sinodo a sfuggire ogni tentazione di omologazione alle presunte attese del mondo ecclesiale adulto. “Dare voce allo Spirito non è facile – ha sostenuto Napolioni – ma è lo sforzo che stiamo sperimentando attraverso il metodo di lavoro delle nostre convocazioni”.L’Assemblea si è conclusa alle 18.30 dandosi appuntamento per l’ultima assise sinodale a Cremona il prossimo 20 maggio, solennità di Pentecoste. Sul tema “Futuro” ecco il testo della sette proposizioni approvate, consegnate alla riflessione del Vescovo:

1. Tra i giovani ci sono diversi modi di affrontare il futuro: c’è chi cerca una direzione, mentre ad altri sembra impossibile dare concretezza alle proprie aspirazioni, soprattutto nella società odierna. I giovani spesso subiscono il disorientamento degli adulti e sono concentrati sull’adesso, prigionieri di meccanismi che li rendono incapaci di scegliere. Si è costretti a rinviare alcuni passaggi importanti (come l’autonomia dalla famiglia) e non si trovano le sicurezze cercate (ad es. un lavoro non precario). Allo stesso tempo diversi giovani sembrano immersi nell’indifferenza, mancare di senso critico e chiudersi troppo in se stessi.

2. Il futuro in parte ci spaventa, perché attorno a noi spesso risuonano le parole “crisi” e “precarietà”: parole che non ci piacciono e che non possono diventare un alibi! Sentiamo infatti che alcuni cambiamenti sono posti nelle nostre mani: è nostro compito buttarci, attivarci, leggere il presente, riconoscerne i bisogni e farci provocare da essi. Gesti solidali e concrete scelte di fraternità possono incidere nella storia, far rivivere la speranza nel domani e rimotivarci, quando ci avvertiamo bloccati dalla sfiducia. Anche la partecipazione da cittadini attivi alla vita pubblica è per noi un’occasione preziosa per costruire il futuro e per non relegare la fede solo all’interno nei nostri gruppi o delle nostre scelte interiori. Sappiamo però che dobbiamo combattere contro la sfiducia e il discredito che sembrano avvolgere oggi la “cosa pubblica”.

3. Chiediamo che la Chiesa aiuti noi giovani a riscoprire uno sguardo positivo sul presente e sul futuro, con la testimonianza e la coerenza di adulti significativi: abbiamo bisogno di punti di riferimento che sappiano narrare con la propria esperienza come si vive in questo mondo e la bellezza che c’è nell’essere persone di fede e di speranza. È importante che sacerdoti, genitori ed educatori non si stanchino di suscitare la domanda sul domani e il suo senso, e siano disponibili ad accompagnare con libertà e convinzione la nostra sete di futuro, anche nei momenti in cui questa sembra più offuscata.

4. Per noi giovani cristiani la “vocazione” non è un’operazione di marketing, ma ha a che fare con i grandi orientamenti della vita, con quanto la rende davvero felice e con la sua chiamata all’eternità. Intuiamo inoltre che questa vocazione si costruisce e si verifica anche nelle piccole scelte, nello stile e nelle motivazioni del quotidiano. Crediamo che – pur nelle difficoltà – sia ancora importante porsi la domanda: c’è un disegno sulla tua vita? Qual è il “filo rosso” che lega la tua esistenza? Vedere la vita come una chiamata è decisivo perché i giovani si orientino all’impegno di sé, alla costruzione di progetti grandi e belli. Avvertiamo il fascino di scelte definitive come il sacerdozio, la consacrazione e il matrimonio, ma capiamo che il pensiero dell’impegno definitivo e il rischio del fallimento spaventino molti, mentre il mondo attorno a noi cambia in modo vorticoso.

5. Chiediamo che ogni attività di pastorale giovanile ritrovi il suo vero cuore nella proposta vocazionale. Il “come” e il “dove” orientare la vita devono essere l’anima di ogni percorso offerto in diocesi ai giovani, come pure dell’accompagnamento spirituale da parte dei sacerdoti. Sono necessari momenti e percorsi di discernimento spirituale, accessibili anche ai giovani che provengono da territori più periferici e dalle comunità più piccole. Ed è indispensabile una relazione di fiducia e di conoscenza reciproca che impegni sacerdoti e giovani.

6. Chiediamo che anche le istituzioni – e in generale il mondo degli adulti – aiutino i giovani a trovare il loro spazio, non li giudichino solo incapaci e infantili, scommettano di più sui giovani, soprattutto nel mondo del lavoro e nella società. A noi giovani spetta il compito di dimostrare il nostro valore e di mettere in campo le migliori energie. Abbiamo tutti bisogno di ritrovare concreti segni di speranza, uscendo da una certa retorica del futuro e della crisi.

7. Nella vita concreta delle nostre comunità, soprattutto di quelle in cammino verso l’unità pastorale, crediamo nel contributo dei giovani e chiediamo che un lavoro più condiviso superi il rischio della frammentazione e della moltiplicazione frenetica di proposte. Chiediamo agli adulti di non limitarsi a delegare compiti e riteniamo che sia indispensabile un lavoro condiviso tra sacerdoti, adulti e giovani.

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