Boselli, analisi dell'anno nero Pomì: "Sì, ho sbagliato anche io. Ma non solo..."
"Ci ho provato in tanti modi, compreso il cambio di allenatore, le modifiche alla rosa di gennaio e altro; qualcosa è migliorato, ma non abbastanza. E meno male che il fattore PalaRadi ha permesso di non rendere drammatica la stagione" spiega il presidente rosa.
CASALMAGGIORE – Dopo aver fatto innamorare gli sportivi di tutta la provincia, la Pomì Casalmaggiore ha appena chiuso quella che è la stagione più deludente, evitando almeno la retrocessione in A2. Ne parliamo a ruota libera col presidente Massimo Boselli Botturi, che non si tira indietro nell’assumersi responsabilità personali e chiede nel contempo una maggiore considerazione da parte delle istituzioni.
Allora, partiamo dai motivi della stagione storta. «Come non c’è mai una ragione per cui vinci, non ce n’è nemmeno una certa per cui perdi. Ha inciso un insieme di fattori e di criticità che si sono evolute in negativo senza riuscire a cambiarle. Ci ho provato in tanti modi, compreso il cambio di allenatore, le modifiche alla rosa di gennaio e altro; qualcosa è migliorato, ma non abbastanza. E meno male che il fattore PalaRadi ha permesso di non rendere drammatica la stagione: in casa siamo andati molto meglio».
Quel cambio di allenatore. «L’errore più grande che mi imputo è aver scelto un allenatore arrivato una settimana prima dell’inizio campionato. Non è una sua colpa, ma mia che ho consentito questo, contravvenendo a quella che è sempre stata una mia precisa volontà: non avere tecnici col doppio incarico. Tanto più che quando Barbolini mi paventò nel 2015 il doppio incarico (sulla panchina della Nazionale), risposi che ero contrario. E’ importante avere un allenatore che segua la fase di preparazione e la prosegua in campionato. Invece abbiamo interrotto un percorso di crescita che con Lucchi stava procedendo bene».
Ricordiamo che Barbolini a fine stagione conquistò la Champions. Quindi affidare la panchina al vice Lucchi intendeva riannodare i fili col precampionato? «Cinque gare negative con Abbondanza hanno messo in luce alcune criticità. Con Lo Bianco infortunata, e la palese sfiducia nei confronti della Rondon, abbiamo reperito sul mercato Megan Cyr, che però non era all’altezza della A1. Mi auguravo che Lucchi potesse far tornare la situazione del precampionato, ma quel ritorno non l’ho mai visto, e il clima è sempre rimasto teso. La più grave lacuna della squadra è stata l’insicurezza: mai convinta dei propri mezzi, mai messi in campo gli elevati valori tecnici individuali, solo raramente le singole al servizio della squadra. Un’altra difficoltà l’abbiamo avuta nei posti 4, palesando scarsa capacità di ricezione: quando un posto 4 riceve male, la statistica dice che non gioca bene nemmeno l’attacco, poiché chi riceve male impedisce al palleggiatore la giocata di fantasia, ma la obbliga a scelte che le avversarie leggono facilmente».
Forse l’ambiente così bene abituato ha preteso troppo da una società che, val la pena ricordarlo, quanto a budget non sarebbe da semifinale? «Proprio nelle prossime settimane con gli sponsor affronterò questo tema. In questi anni non siamo mai stati tra i primi in termini di budget, ma abbiamo vinto grazie a scommesse che si sono rivelate vincenti, come prendere giocatori che venivano da infortuni, o da stagioni negative, oppure messi in discussione. Ciò ci ha permesso di avere giocatrici a prezzi competitivi che poi hanno migliorato la resa in modo esponenziale. Ma le scommesse non vanno sempre bene, come accadde per la Gibbemeyer post-Conegliano, o la Skorupa dopo l’intervento al polso, o Tirozzi e Piccinini reduci da anni di scarso rendimento».
O giovani lanciate con grande esito come Jovana Stevanovic. «Prelevammo Jole a 18-19 anni dalla Stella Rossa con un contratto triennale che necessitava di sangue freddo, ma vincemmo la scommessa. Credo che quest’anno avessimo il 6°-7° budget di A1. Questa non vuole essere una giustificazione poiché altri anni, con una situazione simile, abbiamo vinto scudetto e Champions, ma non sempre si vince, e ripeto, paghiamo errori miei. Rimango convinto che Abbondanza sia un grande allenatore, ma non si è trovato nelle condizioni di poter lavorare bene: mancava dall’Italia da 4 anni e aveva una gran voglia di dimostrare che non era un tecnico valido solo per l’estero, ma a volte la voglia di riscatto porta a strafare per avere tutto e subito, ma serviva il precampionato per facilitare l’inserimento, invece pronti via e ci sono subito Conegliano e Scandicci, con due ko».
E ora? Cambierà la strategia societaria? Ci si attende una rivoluzione tecnica. «Chiaro che dopo un anno simile cambieranno molte cose, ma noi ai cambiamenti siamo abituati, anche se per ragioni diverse, poiché in questi anni tante ragazze alla Pomì hanno capitalizzato passando a squadre che garantissero un compenso più elevato. Anche tutti gli allenatori se ne sono andati per lo stesso motivo, addirittura Barbolini ha pagato una penale per sottoscrivere un ricco contratto. Quindi cambiavamo perché le cose andavano bene, e le atlete ce le portavano via. Quest’anno cambieremo molto perché se la squadra non ingrana significa che ha qualcosa che lo impedisce. Pur prendendomi le mie colpe, queste vanno divise con squadra e tecnici. La mia intenzione è tenere alcune giocatrici sono sono punti cardine della squadra. Ad oggi però non ho alcun contratto in mano, ma i cambiamenti sono normali. Da parte di Jole capisco che dopo 5 anni voglia cercare nuovi stimoli, anche se non ne abbiamo ancora parlato».
A Viadana finalmente c’è il progetto per ricostruire il PalaFarina che fu la vostra casa. Quando sarà pronto, pensate che in qualche modo potrà rivedervi? «Il futuro della squadra è a Cremona, dove abbiamo sottoscritto un contratto triennale. Ma certe situazioni devono cambiare: in 6 casi su 6 di concomitanza con la Vanoli abbiamo dovuto anticipare noi, e non lo ritengo equo essendo il palazzetto di proprietà del Comune. L’anno prossimo prima di iniziare la stagione definiremo le concomitanze, per non ripetere tale situazione. Si pensi solo che giocare di sabato ci toglie in media 700 spettatori a partita. Quanto alla Baslenga di Casalmaggiore, la usiamo da 5 a 7 ore al giorno, e le altre società devono capire che abbiamo esigenze diverse, anche quando chiediamo loro di spostare gli allenamenti di un quarto d’ora. Comune e società devono capire che il professionismo deve avere la priorità, pur nel massimo rispetto di chiunque fa sport. Infine, siamo contenti che a Viadana la situazione si stia sistemando. Ci abbiamo lasciato un pezzo di cuore, e mi piacerebbe tornare a fare qualcosa col Comune di Viadana, che ci aprì le porte nel momento del bisogno, per cui merita la nostra riconoscenza. Se ci sarà la possibilità in futuro, volentieri, poi abbiamo un rapporto molto stretto col Viadana Volley a livello giovanile».
Intanto potete contare su due grandi risorse: gli sponsor e il pubblico. «Dobbiamo essere onorati di avere 125 sponsor, con le risorse e la passione che ci mettono: sono encomiabili. Soprattutto con loro sono rammaricato per la stagione, sono sponsor che meritano molto di più, come mi conferma il calore di questi giorni, con messaggi che mi garantiscono il rinnovo dell’impegno per l’anno prossimo. Chiaro che dopo un anno così metto in conto che faremo più fatica, mentre in passato i contributi crescevano di anno in anno. Le difficoltà della squadra hanno invece messo in risalto il pubblico eccezionale. La nostra tifoseria è l’unica ad organizzare almeno un pullman per ogni trasferta: è sempre stata presente nelle 11 trasferte. Questo oltre al sostegno sempre caloroso al PalaRadi».
Cambiamo fronte. Lei è anche nel cda della Lega, di cui è stato vice presidente nel passato triennio. Qual è la situazione a Bergamo? Si iscriverà? «Sono convinto che Bergamo troverà le risorse per proseguire la sua grandiosa storia. E’ un po’ come la Juventus del volley, e rappresenta la storia come anche Busto, che da parte sua ha mostrato di saper gestire i cambi societari. Ho notato con piacere che Bergamo, nonostante l’anno difficile, ha avuto il sostegno della stampa locale, che è sempre stata vicina a società e squadra, valorizzando anche vittorie alla vigilia scontate».
La A1 è sempre più orientata a nord. Quest’anno scendono le marchigiane di Filottrano e ai primi 6 posti in A2 ci sono squadre del nord. Questo mentre in passato lo scudetto è andato a piazze come Perugia, Matera, Catania e Bari, con Reggio Calabria andata più volte in finale. Dalla A2 inoltre retrocedono due squadre, e in coda ci sono Marsala e Caserta. Come rimediare? «Il problema va senz’altro affrontato, e lo stiamo facendo, tanto che la A2 ha una distribuzione geografica molto più omogenea. Abbiamo questa A1 anche perché negli anni scorsi la A2 era povera di squadre meridionali. Inoltre il volley è un mondo che necessita di sempre maggiori risorse: quando ci affacciammo alla A2 anni fa, lo facemmo con un budget con cui oggi non andresti da nessuna parte. Pensiamo a quanto sia onerosa una A2 con simili trasferte. Un paese come Filottrano è salito ma era impossibile trovare risorse all’altezza. Comunque non è escluso un ripescaggio».
Serve qualcuno che non si iscriva. «Vedremo, c’è tempo fino al 30 giugno. Anche lo scorso anno diverse squadre pur avendone il diritto hanno rifiutato l’iscrizione, anche del sud, e questo è un altro problema. Lo hanno fatto con senso di responsabilità, poiché la A1 è onerosa, e presuppone responsabilità civili ed economiche. E devi essere strutturato per affrontarle».
V.R.