L'Ancora di Bocca Chiavica: un mix tra antichi sapori, vecchi ricordi e nuovi orizzonti
A reggerne le sorti, ancora per poco, una vecchia conoscenza dello sport mantovano e cremonese, Cristian Avona, ex 'stella' del Mantova calcio. A guardarlo adesso qualche chilo in più e qualche sogno in meno legato allo sport, ti accorgi di come il tempo passi
BOCCA CHIAVICA – Un piccolo agglomerato di case che poggiano all’argine che guarda all’Oglio. Terre strappate all’acqua, che con l’acqua si trovano sempre a confrontarsi. Passati i due bastioni che cingono l’argine si arriva all’Ancora, una trattoria che sa di quelle vecchie case di paese, con i gatti all’esterno perennemente in cerca di qualcosa, dove l’odore di qualcosa di buono c’è sempre, e dove facilmente la bottiglia di vino te la ritrovi sul tavolo, a qualunque ora.
L’atmosfera è quella delle vecchie case contadine. Estrema semplicità, il calore di una stufa, i colori lievi del tempo che passa. Fuori è giorno di pioggia. Dentro, a contrasto, il calore umano.
A reggere le sorti dell’Ancora, ancora per poco, una vecchia conoscenza dello sport mantovano e cremonese, Cristian Avona, ex ‘stella’ del Mantova calcio. A guardarlo adesso qualche chilo in più e qualche sogno in meno legato allo sport, ti accorgi di come il tempo passi per tutti. E’ lui che racconta sorridente di quanto ami stare con gli amici e ‘La baracca’. Birra, vino e compagnia. Non fai fatica a credergli. Ti narra e si narra ogni volta che ripassa per la stanza, riprendendo il filo dei discorsi appena interrotti.
E’ ancora il mister del Dosolo che guida il campionato, ma la voglia di andare via è tanta. Il suo sogno, che poi è anche il suo lavoro, è altro. Anche quello sa di antico, ma è quello che fa anche adesso, quello del pescatore. Un laghetto a duecento chilometri da qui, verso le terre che guardano alla Toscana, e la pesca nel sangue. Il ristorante passerà di mano, anche se resterà suo, si occuperà della pesca e della fornitura di pesce per i ristoranti.
Il pesce. E’ il vero oro dell’Ancora, riporta a ricette antiche, difficili da trovare da altre parti, a partire dalla ‘psina’. Fritta, in frittata o col risotto, un’esplosione di sensazioni al palato, intense ed avvolgenti. Il pescegatto te lo porta in tavola prima di essere fritto. Te lo mostra, frutto di una pesca andata a buon fine.
La Psina. Pensavo si fosse persa nei meandri dei ricordi di quando – ancora ragazzino – si andava a pescare in po’ e l’alborella era il pesce più semplice da pescare. Tornavi a casa, e trovavi chi la friggeva. Un tempo questa nostra era la terra delle alborelle che pescavi in fiume. Poi l’inquinamento e la loro progressiva scomparsa (solo negli ultimi anni si è registrata un’inversione di tendenza) ne hanno segnato il passo. A pescarlo lui stesso, a cucinarlo sua mamma.
La sensazione è quella di essere ospite di un pescatore e della sua famiglia. Pochi i piatti in menù, ma quelli giusti. Si parte con un antipasto ‘atipico’, fatto di polpette di pesce e di frittata con il pesce. Un buon bianco ad innaffiare il tutto e la presenza, quasi costante, di Cristian che ti racconta e si racconta. “Ho fatto tanti lavori qui – spiega – ma il mio lavoro è altro. Ed è lì che tornerò. A fare il pescatore”. Ad attenderlo uno zio.
Le pareti e i locali raccontano novelle antiche. Vecchie nasse, foto, tante, di contadini e pescatori, di terre coltivate a fatica e di cascine. Sul tavolo un libro, altre foto, altri ricordi. Il primo piatto è un risotto con la psina, mantecato appena in un finissimo trito di pesce. Il piatto della festa, anche per quantità: basterebbe quello per essere paghi. Per secondo una frittura mista: c’è l’anguilla, il pescegatto e ancora psina. Dopo il bianco, il lambrusco te lo offre lui. Per terminare in maniera ‘agreste’ così come la si era iniziata le fragole affogate nel lambrusco. Non un lambrusco comune, di quelli che – se una goccia ti cade sulla tovaglia – la puoi buttare via così com’è.
Ha tutto Cristian Avona dell’antico oste, anche se lui si sente portato più per fare altro. “Il calcio? Un tempo era anche un lavoro, lo facevi con più passione. Adesso é solo un impegno in più”. Mentre mangiamo il Dosolo sta giocando un match importante: “Ce la faranno anche da soli, io devo lavorare”. La trattoria ha pochi coperti, e ancor meno gente a mangiare in una domenica dal tempo infame. I locali si riempiono un po’ dopo l’orario del pranzo. Un gruppo di ragazzi ordina una bottiglia di lambrusco e si siede ad uno dei tavoli a raccontarsi, nell’altra sala alcuni anziani fanno altrettanto.
Le generazioni, in paesi come Bocca Chiavica, non sono mai un confine. Tempo per un caffé, qualche altra parola. A breve aprirà l’estivo dell’Ancora. Griglie, musica e cucina. Non sarà più Cristian a gestirle: “Ma nei week end sarò qui. Sarò impegnato per più tempo con il lavoro, ma qui ho fatto tanto…”. Una cosa su tutte le altre. Ha mantenuto viva una tradizione, ha incarnato lo stesso spirito che si respirava cinquant’anni fa. Ha conservato le antiche e nobili, seppur povere, abitudini di questa terra perennemente in lotta con l’acqua e con i tempi. In fondo, un passaggio all’Ancora è uno sguardo teso a ieri, sino alle nostre radici, di campagna e di fiume.
La speranza è che anche la nuova gestione, che subentrerà a giorni, possa mantenere inalterato lo stesso spirito. Cristian se ne andrà, per specchi d’acqua a pescare. In fondo la sua vita adesso è lì. Sempre protagonista, con gli scarpini su un campo da tavola, ad intrattenere gli ospiti come il più simpatico dei padroni di casa o con gli attrezzi da pesca. Non cambierà poi molto.
Tanto, ogni volta, ci sarà una bottiglia ad attendere di annaffiare il suo pesce e sarà un po’ sempre come la prima volta.
Nazzareno Condina