Il treno c'è, ma si blocca il bus navetta: non c'è pace per le albe dei pendolari
Il treno è puntuale, ma stavolta a tradire i pendolari è il bus navetta che doveva portarli al lavoro. E così la sfortuna non dà tregua ai lavoratori della tratta Casalmaggiore-Colorno.
MEZZANI/CASALMAGGIORE – Una sfortuna dietro l’altra. Ammesso che sia sempre e solo colpa della sorte. Certo è che per i pendolari lavoratori che tutti i giorni già devono sorbirsi la trafila infinita di ritardi dei treni, quando non di cancellazioni o soppressioni, questa tessera di jella davvero mancava al puzzle. I lavoratori di una delle aziende di Sacca di Colorno, subito dopo il ponte chiuso sul Po, martedì mattina sono rimasti a piedi. “Sai che novità”, diranno i più attenti e quelli con buona memoria. E invece di novità si tratta per davvero: i pendolari, infatti, questa volta, alla stazione ferroviaria di Mezzani, la prima dopo Casalmaggiore, distante 4 minuti di treno, sono arrivati e tutto sommato pure con puntualità. Se non che, giunti sul posto – dove ad attenderli, organizzato da qualche settimana dalla ditta, vi è solitamente un bus navetta attivato proprio per i lavoratori – ecco l’amara sorpresa. Diversa dal solito, ma pur sempre una scocciatura.
Il bus navetta infatti non parte: l’autista, intravisto in lontananza, prova a mettere in moto quattro-cinque-sei volte ma nulla da fare. Batteria a terra e così serve tempo per la sostituzione. Per questo, per l’intera mattina, la navetta non viene effettuata e ai pendolari – sei dal Casalasco nel turno delle 5.40 ma altri vanno messi nel conto, ossia quelli che prendono il treno delle 7.15 – dispersi tra golena e oscurità non resta che muoversi a piedi. Con un problema legato all’orario perché il passo, per quanto svelto, non potrà mai essere quello di un mezzo a motore e così l’arrivo in ditta è ritardato di una mezzora circa rispetto all’inizio del turno con conseguente richiesta di permesso forzato, purtroppo non la prima. E qualcuno la prende in battuta: “Il treno era in orario, e da lì abbiamo capito che qualcosa non quadrava” scherza uno dei lavoratori. Quando si dice ridere per non piangere.
Giovanni Gardani