Cronaca

Non può pagare le rette a Sospiro, il caso di un uomo casalese arriva in Cassazione

In particolare tocca alla giustizia accertare la natura delle prestazioni erogate all’ospite: sono sanitarie o sociali? Nel primo caso paga ATS, nel secondo invece deve pagare il comune di Casalmaggiore

SOSPIRO/CASALMAGGIORE – Una retta, anzi più rette, pagate solo in parte, perché i soldi della pensione non bastano. E così il caso di un paziente, A. T. residente a Casalmaggiore ma ospite della struttura di Sospiro, diventa anche un esempio dei tempi lunghissimi della giustizia italiana. La causa, sfociata fino in Cassazione, ossia al terzo grado di giudizio, è molto tecnica e riguarda le competenze del pagamento su quelle rette, per un percorso che è a metà tra sanità e sociale.

La controversia risale per la precisione al 2013 e le rette maturate riguardano sei mesi per un totale di 14.721 euro più interessi. ATS Valpadana, che all’epoca dei fatti era ancora ASL, sostiene di non dover pagare la retta del paziente, ricoverato all’Istituto Ospedaliero di Sospiro. E così nessuno ha versato la parte mancante del denaro per il suo ricovero: l’Istituto ha chiesto i soldi ad ATS e in seconda battuta al comune di Casalmaggiore, dove risiede l’uomo che, al netto del suo emolumento pensionistico già detratto dal pagamento della retta, non può coprire l’intero costo. Da qui la cifra di 14.721 euro più interessi ancora da pagare. Ed è su questa cifra che la battaglia legale è arrivata in Cassazione. In particolare tocca alla giustizia accertare la natura delle prestazioni erogate all’ospite: sono sanitarie o sociali? Nel primo caso paga ATS, nel secondo invece deve pagare il comune di Casalmaggiore.

In primo grado il Tribunale di Cremona rigettò le doglianze dell’Istituto Ospedaliero di Sospiro, che però ottenne una sentenza favorevole in Corte d’Appello a Brescia, che stabilì che le spese dovessero essere a carico di ATS, trattandosi di una prestazione sanitaria e non sociale. L’ultima sentenza risale al 22 giugno 2017 per una causa partita ufficialmente a novembre 2014 ma riferita come detto a sei mesi scoperti del 2013. Ora si attende la terza puntata, quella decisiva e giocoforza finale, in Cassazione: ATS ha infatti fatto ricorso dopo l’Appello, perché non vuole pagare la parte scoperta di retta. Nel 2018, quasi certamente, la parola fine alla vicenda.

Giovanni Gardani

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