Cronaca

Donne e diritti umani negati: a Piadena la testimonianza dell'attivista Selay Ghaffar

Per celebrare la giornata contro la violenza sulle donne, l'Unione ha ospitato ieri l'attivista afghana che si batte per il rispetto dei diritti umani nel suo paese "Questo incontro - ha detto il sindaco Ivana Cavazzini sia un gemellaggio tra piccole comunità. Un gemellaggio tra donne che collaborano".

PIADENA – Passo svelto, sguardo fiero. Parole calibrate, sottolineate da una gestualità essenziale.  Che Selay Ghaffar, attivista del partito afgano di solidarietà Hambastagi sia una guerriera, a coloro che si occupano di diritti umani è noto. Chi invece ignorava chi fosse questa giovane donna, dai lineamenti eleganti e sinceri, ieri a Piadena lo subito compreso. Arrivata in Comune verso le 16.30 “scortata” da alcuni componenti dell’Associazione Amici di Emmaus e del Cisda (Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane) in questi giorni ha già partecipato a diversi eventi in Italia. Conferenze soprattutto, per far conoscere la drammatica situazione in cui versa la sua patria, l’Afghanistan, donne e bambini in particolar modo. A sottolineare l’istituzionalità dell’incontro che si è tenuto in Comune, i due sindaci dell’Unione, Ivana Cazzini di Piadena e Nicola Ricci di Drizzona, entrambi con la fascia tricolore. Insieme a loro la giunta piadenese, con il vice sindaco delegato ai servizi sociali Elisa Castelli, l’assessore ai lavori pubblici Fulvio Notari, l’assessore alla cultura e all’istruzione Marica Dall’Asta e quello allo sport Maurizio Bastoni. In sala anche il sindaco di Torre de’ Picenardi Mario Bazzani, Graziella Mascheroni del Cisda e Cristiana Cella, autrice del libro “Sotto un cielo di stoffa – avvocate a Kabul” presentato poi in serata in Biblioteca.

 Il sindaco di Piadena Ivana Cavazzini ha aperto l’incontro ringraziando l’Emmaus e il Cisda per aver propiziato l’incontro e con una riflessione sulla condizione della donna nei due paesi rappresentati: Italia e Afghanistan. “La condizione delle donne in Italia è ben diversa da quella delle donne in Afghanistan: io sono donna e sono sindaco, qualcosa vorrà dire… La loro per noi è una situazione inimmaginabile. Ma anche noi, come Selay, dobbiamo lottare per avere qui uno stato di diritto, in cui le leggi esistenti vengano rispettate e nuove siano promulgate. Perché nulla, come ci aiuta a capire la presenza del nostro ospite oggi, è scontato. In molti casi è come se la storia fosse tornata indietro e tante conquiste fossero a rischio, anche per noi. In molti processi per stupri, la donna, vittima, risulta anche indagata. E quello di violenza sessuale solo dal 1996 è passato da essere un reato contro la morale a uno contro la persona. Dobbiamo dunque lottare perché i diritti acquisiti siano conservati. Far sì che gli uomini prendano consapevolezza della forza delle donne. Sostenere una formazione maschile in questo senso perché la violenza sulle donne nel nostro paese, che vede soprattutto protagonisti mariti, ex fidanzati, l’ambito domestico e un amore che amore in realtà non è, purtroppo ancora è frutto di ignoranza.Vogliamo – ha concluso – che l’incontro di oggi con Selay Ghaffar e ciò che le rappresenta, sia l’inizio di relazioni stabili, di un gemellaggio tra popoli e piccole comunità. Un gemellaggio tra donne che collaborano”.A seguire il saluto del sindaco di Drizzona Nicola Ricci: “Per noi – ha sottolineato – questo è un incontro importante. La presenza di Selay qui è un onore e rafforza il messaggio che anche noi condividiamo. Vogliamo con tutte le nostre forze essere al suo fianco nella lotta che sta portando avanti”. Prima di lasciare le parole alla portavoce del partito di solidarietà afghano, gli interventi di Federica Ferrari e Roberta De Togni. La prima, che per l’Unione si occupa di Pari Opportunità, ha portato la testimonianza di un’amica afghana che ora vive a Londra, il cui fratello è morto in Afghanistan a causa di una bomba, lasciando la moglie e 4 fratelli in una situazione drammatica. “Manda soldi alla famiglia – racconta – affinché possano lasciare il paese. Nei suoi occhi, tutte le volte che la vedo, leggo la tristezza per il dramma che stanno vivendo i suoi famigliari in patria e il suo paese”. Roberta De Togni invece ha voluto diffondere invece l’esperienza dei corsi di alfabetizzazione cui partecipano donne provenienti da paesi africani, asiatici e mediorientali. Donne che in Italia possono magari esprimere finalmente a parole il fatto “di avere una vita”.

Quindi ecco l’attesa testimonianza di Selay Ghaffar, donna che si occupa di diritti delle donne, ma anche dei bambini, da sempre. Da quando aveva 14 anni e viveva in un campo profughi in Pakistan.  Ha subito intimidazioni ma non ha mai smesso, passando anzi alla politica per dare maggior forza alla sua lotta e provare realmente a cambiare le cose.  Selay in inglese (con la traduzione di Graziella Mascheroni) racconta come l’invasione statunitense seguita a quella sovietica e al regime talebano abbia portato il paese ad essere un “cimitero di guerra”. Insieme ai diritti negati e alla violenza sulle donne, c’è un governo fantoccio e colluso con una criminalità crescente e sempre più fondata su quella che è una vera e propria “fabbrica” di droga (l’Afghanistan è uno dei maggiori produttori al mondo di oppio). “Gli americani hanno detto che sarebbero venuti da noi per il risolvere il problema della condizione femminile, ma sappiamo benissimo che non è cosi. Non se ne andranno mai, il nostro paese è strategico per il controllo di quelli vicini. L’87% delle donne nella sua vita ha subito almeno un episodio di violenza. In mezzo a questo sfascio ci sono però anche associazioni e movimenti democratici che lottano affinché donne e bambini abbiano un futuro. Io appartengo all’Hambastagi, un partito che crede che la democrazia non si ottenga con bombe e guerre ma con il rispetto dei diritti umani e che pratica al proprio interno la parità tra uomo e donna”. In conclusione il suo appello ai Comuni dell’Unione: “Alle amministrazioni chiedo che facciano pressioni sulle istituzioni italiane ed europee affinché chiedano il ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan. Perché finché resteranno, per il nostro paese non ci sarà né pace né democrazia”.

Maria Luisa Rancati

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