Matteo Bussola sulla Parma Brescia, cronaca di ordinari ritardi e tenerezza
Da quel viaggio sulla disastrata linea ne è nata una bella narrazione. Una storia per una volta finita bene, con qualcosa da portarsi dentro. Qualcosa di lieve comunque da scrivere.
Una bella storia, raccontata abilmente come lui sa fare. Lui è Matteo Bussola, ex architetto veronese, più noto ai cultori di fumetti per essere disegnatore per la Sergio Bonelli Editore (Adam Wild e la partecipazione a Detective Dante tra i suoi lavori) autore presso Les Humanoïdes associés e disegnatore presso Soleil Editions, oltre ad aver pubblicato per la Giulio Einaudi. Una bella storia che ci sfiora, perché riguarda una delle linee tristemente note nelle cronache, quella Parma Brescia in cui ritardi e disservizi sono regola, e quasi mai eccezione.
La storia parte proprio da qui, da un treno, quattro carrozze che Partono da Parma “Scagliate nella notte”. Da una vicenda raccontata con abilità e passione, com’è nel suo stile. L’ha lasciata sul suo profilo facebook, la riportiamo integralmente: “Di ritorno da Parma – scrive – su un treno regionale di quattro vetture scagliato nella notte, sono in compagnia di una ragazza canadese di etnia cinese, una eritrea e una australiana. Siamo solo noi nel vagone. Il treno viaggia con 50 minuti di ritardo, perciò ci ha già ha fatto saltare la coincidenza che avremmo dovuto prendere a Brescia, ma rischia seriamente di farci perdere anche l’ultima per Verona. Per capirci, se il ritardo resterà quello attuale, arriveremo a Brescia alle 23.32 con l’ultimo treno che parte alle 23.35. Se il ritardo aumenterà ancora siamo spacciati”.
“Le ragazze – prosegue Matteo Bussola – sono visibilmente preoccupate, ho detto loro di stare tranquille, che Trenord ha l’obbligo di garantire in qualunque modo la destinazione dei passeggeri, e che dirà alla coincidenza di aspettarci, ma la verità è che il capotreno con cui ho parlato non mi ha garantito un cazzo. Loro mi guardano come fossi un eroe e contano su di me per farle tornare a casa, mi fissano con gli occhioni e mi tempestano di domande in un inglese fluente. Io in inglese so recitare a memoria alcuni dialoghi degli “X-Men” di Claremont e Byrne, ma a parte questo so dire solo “my dog is black of the window”, “yes” e “of course”, che tra parentesi ho scoperto un mese fa che non vuol dire “di corsa”. Nel frattempo dispenso sorrisi di falsa sicurezza, guardo la ragazza australiana che scrive veloce a penna su un quaderno a righe tenuto curiosamente in orizzontale – scrive dunque perpendicolare alle righe -, spiego a gesti alla canadese che il fatto che sul mio zaino ci sia scritto “Canada” non vuol dire che io lo abbia comprato là, sbircio gli occhi di quella eritrea che nonostante siano scurissimi brillano nella luce fioca del vagone, riflessi nel finestrino”.
“Qualcosa dentro di me – conclude – immagina che siano le mie figlie fra qualche anno, magari in giro per il mondo, e siccome in una situazione analoga vorrei tanto che trovassero qualcuno disposto ad aiutarle, giuro che stasera le porterò a Verona in qualunque modo, dovessi portarcele a spalle, rubare una macchina, dirottare un autobus, oppure spendere un capitale per farci tornare tutti a Verona in taxi, perché secondo me il karma si costruisce così, yes, of course”.
Per la cronaca poi Matteo Bussola con le sue tre ‘compagne di viaggio’ arriva a Brescia per scoprire che il treno per Verona ha 75 minuti di ritardo. Tutto il male dunque non è venuto – in questo caso – per nuocere. Da quel viaggio sulla disastrata linea ne è nata una bella narrazione. Una storia per una volta finita bene, con qualcosa da portarsi dentro. Qualcosa di lieve da scrivere.
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