Ponte chiuso, la crisi misurata in brioche e pasti: al ristorante Lido perso 70% della clientela
Del resto, dal ristorante Lido prima passavano 13mila veicoli, oggi è invece un deserto che è desolante quantificare. Per Daballani però le spese continuano ad esserci, perché sono cinque i dipendenti e perché l’attività in ogni caso è una di quelle che copre l’orario di apertura più lungo, dalle 5 alle 22.
COLORNO – La crisi del ponte si misura anche in brioches: detto così magari fa un po’ ridere, ma di certo non può sorridere allo stesso modo Luigi Daballani, titolare del ristorante Lido di Colorno, una vera e propria istituzione per camionisti e per autisti di passaggio, che sorge subito dopo (o subito prima, a seconda della prospettiva) del ponte ormai chiuso da oltre due mesi.
In territorio parmense, ma con dipendenti che arrivano anche dal Casalasco, il ristorante parla di affari calati del 70%. E il dato empirico si misura in brioches. “Prima ne vendevo 100 la mattina, adesso se ne vendo una quindicina è già tanto, e quattro di queste me le porto a casa per i miei famigliari” spiega alla Gazzetta di Parma l’esercente. Va un po’ meglio a pranzo, dove 30-40 coperti vengono garantiti dai più fedeli avventori e da chi ancora si avventura nella cosiddetta Bassa dimenticata. “Ma prima – precisa Daballani – i coperti a pranzo erano un centinaio, dunque pure qui il calo è stato sensibile”. Il vero disastro è alla sera, da 50 clienti di media al ristorante a meno di dieci. Numero che condiscono e spiegano una situazione davvero drammatica. Del resto, dal ristorante Lido prima passavano 13mila veicoli, oggi è invece un deserto che è desolante quantificare.
Per Daballani però le spese continuano ad esserci, perché sono cinque i dipendenti e perché l’attività in ogni caso è una di quelle che copre l’orario di apertura più lungo, dalle 5 alle 22. Lo stesso titolare se l’è presa anche con il sindaco di Colorno Michela Canova. “Dichiara di essere vicina ai cittadini e alle attività commerciali ma non è mai passata, in questi due mesi – spiega Daballani – nemmeno per bere un caffè e per rincuorarci: so che non può fare miracoli, ma un gesto simbolico potrebbe comunque dare un segnale”. Infine l’appello: “Serve un ponte provvisorio, al più presto. E comunque è inammissibile che servano cinque anni per realizzarne uno nuovo: i tempi sono davvero troppo lunghi”.
G.G.