Cronaca

Ponte chiuso, treno soppresso: agli operai di Sacca non resta che tornare a casa a piedi...

In una situazione già di estremo disagio, nemmeno certezza di un treno viene garantita: e così, dopo le canoniche otto ore di lavoro che non devono essere molto leggere, specie col turno di notte, ai lavoratori non è rimasto altro da fare che perdere il treno e provvedere in autonomia, nel modo più elementare possibile.

CASALMAGGIORE/SACCA DI COLORNO – E’ una storia come tante, una storia d’ordinaria follia, parafrasando quel film. E i folli non sono certo i protagonisti, che anzi questa storia l’hanno subita. E rischiano di subirla ancora. Nella foto, scattata giovedì mattina alle 6.10, sorridono i cinque operai di una delle prime ditte che si trovano dopo il ponte, in località Sacca di Colorno. Lo fanno ma precisano che “si ride per non piangere”.

Sì, perché la vicenda capitata loro nella notte tra mercoledì e giovedì, dopo un normale turno di lavoro di notte, come tanti se ne registrano a livello lavorativo, è emblematica della situazione di emergenza che il territorio a cavallo del ponte tra Casalmaggiore e Colorno, chiuso ormai da quasi due mesi, vive. Una situazione, a dire il vero, straordinaria tanto è incredibile, tenendo conto che la sfortuna si è accanita questa volta su questi cinque operai ma quello che è accaduto loro non è esattamente all’ordine del giorno. Potrebbe diventarlo, però, se non si porrà rimedio al continuo disservizio, in particolare ferroviario. E in effetti i problemi maturano proprio sulla Parma-Brescia, la famigerata linea sulla quale Trenord non solo sta temporeggiando, senza dare per il momento risposte all’esigenza di treni navetta, ma addirittura non riesce a garantire nemmeno gli standard qualitativi minimi. Cosa è accaduto? Il treno della mattina, quello che da Mezzani, la stazione più vicina a Sacca di Colorno, passa attorno alle 6.10, è stato soppresso.

Peccato che quel treno, per i lavoratori impegnati nel turno di notte proprio come i cinque operai della foto, sia essenziale perché passa da Mezzani proprio pochi minuti dopo la fine del turno di notte. Gli operai avrebbero il tempo di uscire dalla fabbrica, salire sul treno e arrivare a casa, o meglio alla stazione di Casalmaggiore, più o meno tranquillamente. Invece no. In una situazione già di estremo disagio, nemmeno questa certezza viene garantita: e così, dopo le canoniche otto ore di lavoro che non devono essere particolarmente leggere, specie col turno di notte, ai lavoratori non è rimasto altro da fare che perdere il treno e provvedere in autonomia, nel modo più elementare possibile. Come? Tornando a casa a piedi lungo il ponte, lungo poco meno di un chilometro e mezzo, ancora chiuso, sperando che la prossima alba il treno, quel treno come tanti altri, si degni di passare. Anche in ritardo, in caso, purché non sparisca nel nulla…

Giovanni Gardani

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