Cronaca

Ponte Po, la sensazione del vuoto nella terra di mezzo. Self made man e i gruppi spontanei

Il ponte - questa è l’impressione che resta viva al momento - é in agonia, o si approssima alla morte. E se da un lato qualcosa può ancora essere salvato, il rischio è che quel che è discretamente sano adesso possa non esserlo più nel giro di una decina d’anni.

CASALMAGGIORE – Non sono arrivate pessime notizie. E questo, a 20 giorni dalla chiusura di ponte Po e dopo il susseguirsi di comunicazioni negative sulla situazione trasporti del territorio a cavallo tra Emilia e Lombardia, é un passo avanti. Magrissima consolazione per tanti, imprenditori, operai, studenti nella morsa dei disagi. E’ restata comunque una giornata pessima, sotto tanti aspetti.

TRASPORTI SU FERRO – Ieri mattina, il treno che sarebbe dovuto partire alle 7.15 da Casalmaggiore per Parma è partito a 7.30 giungendo a destinazione dopo oltre un’ora di viaggio. Inutile dire che era stipato all’inverosimile, ben più dell’umanamente sopportabile. Le foto dei passeggeri in attesa a Casalmaggiore scattate ieri mattina testimoniano proprio lo stato di prostrante caos in cui, in questo periodo, si viaggia. 22 i questionari giunti all’Amministrazione cittadina, un numero – come segnalavamo all’inizio di questa raccolta – piuttosto esiguo rispetto al numero di viaggiatori che, dalla chiusura del ponte, usufruiscono del treno per i loro spostamenti.

Basterebbe, per rendersene conto, fare un giro attorno alla stazione dalle 8 in poi, per verificare quante auto in più – e sono sicuramente quelle dei viaggiatori – sostano nell’area. Ma basterebbe pure una verifica direttamente in loco, quando partono i primi treni in direzione Parma o alla sera quando rientrano quelli che da Parma effettuano il percorso inverso. Ammesso che poi quei treni partano ed arrivino davvero.

Il Parma Brescia delle 18.22 come ci segnala il Martignanese Pierluigi Sacripanti che – manco a farlo apposta – avevamo sentito ieri alla TransferOil, è stato cancellato causa guasto e agli operai in attesa è toccato attendere 40 minuti in stazione per usufruire del successivo. Altra segnalazione che ci è giunta in redazione, quella della protesta di alcuni cittadini per il ‘parcheggio garibaldino’ di alcune auto nei pressi di via Mazzini/Tentolini e le sanzioni comminate nell’area di cui ci occuperemo presto. Al di là delle sanzioni – una mannaia per gente già prostrata – la testimonianza di un caos ben lungi non solo dall’essere risolto, ma pure dall’essere affrontato con efficacia.

PONTI IN BARCHE, CHIATTE E COMPAGNIA – L’esercito non ce la fa a costruire un ponte bailey con i mezzi e le tecnologie a disposizione. Questa la notizia che da due giorni grava sulle (residue) speranze di chi si muove in auto mentre è stata lasciata aperta l’opzione ponte in barche.

Non sarà, nell’eventualità che venga presa una decisione, il genio a provvedere (l’emergenza non è così emergenza, questa la sensazione più immediata che circola) ma il privato che invece può garantire un collegamento. A spiegarlo ieri Orlando Ferroni che ‘motu proprio’ si è preso la briga di contattare una ditta del bresciano che si è detta disponibile e in grado di effettuare il collegamento e che dovrebbe mandare pure un preventivo di massima, venendo anche nei prossimi giorni a fare un sopralluogo gratuito. “Serviranno soldi – conferma Orlando Ferroni – ma sono briciole rispetto a quello che il territorio perderà in mancanza di collegamenti certi e vista la situazione scandalosa del trasporto su rotaia.

Mi hanno spiegato che il collegamento è possibile e che mi invieranno nei prossimi giorni un prospetto sui costi che vanno ad affitto rispetto al tempo in cui la struttura è funzionante”. E’ una ditta altamente qualificata – come spiega lo stesso Ferroni – in grado di fare un lavoro completo.

Da Parma avanza pure l’ipotesi ‘romantica’ del trasporto delle vetture su chiatte, così come già avviene su altri corsi d’acqua europei. Gli attracchi possibili Casalmaggiore e Sacca. Anche qui ci sono problemi tecnici da valutare. Il Po infatti non è il Reno o il Danubio, i fondali bassi non consentono grossi mezzi o grossi carichi. Ma un battello, almeno per le utenze, che faccia la spola da una sponda all’altra potrebbe essere qualcosa. Sempre più comunque del nulla di adesso.

INIZIATIVE – Al di là della studentessa che nei giorni scorsi ha contattato Renzo Piano spiegando al senatore e illustre architetto italiano le problematiche delle dimenticate ‘terre di mezzo’, è nato sui social il gruppo ’Tutti a manifestare per il ponte di Casalmaggiore’.

848 i membri che, con varie sfumature, si sono detti pronti ad azioni eclatanti per tenere viva l’attenzione. Da quelle più soft (le lettere ai vari programmi di denuncia presenti nel palinsesto TV delle reti nazionali affinché si occupino della questione) alle manifestazioni con l’idea del blocco del ponte di Viadana per costringere la politica a darsi davvero da fare. Due sono le considerazioni che nascono spontanee: questo tipo di iniziative trovano terreno florido dove più forte è il vuoto della politica e – cosa da tenere ancor più in considerazione – la frustrazione e la rabbia crescono di giorno in giorno tra i semplici cittadini. Una variabile, quella della frustrazione e della rabbia di tanti cittadini, da non prendere sottogamba.

“Qui si gioca il futuro di questo territorio – aggiunge Ferroni – e la gente mi ferma per strada, mi spiega che non può farcela per lungo tempo, che qualcosa bisogna studiare. La situazione è complessa, ma non vedo un grosso impegno da parte della politica per porvi mano. Si procede senza idee precise”.

(AMARE) CONCLUSIONI – Si procede è una parola – al momento – grossa. Si attende, questo forse il termine più opportuno. Tra una decina di giorni, forse prima, i tecnici di area parmense dovrebbero dare il resoconto dei controlli sulle travi e i piloni.

Non ci si aspettano notizie positive, e già le prime indiscrezioni sui controlli vanno in questo senso. Il cemento armato è giunto per alcuni tratti al termine della sua vita (che i tecnici valutano in 50, 60 anni ed è uno dei motivi per cui in paesi come gli Stati Uniti viene utilizzato ormai con estrema parsimonia), e l’utilizzo scellerato del ponte prima che venisse chiuso (col transito di mezzi ben al di là del peso massimo consentito) non ha fatto che accelerare il processo.

Il ponte – questa è l’impressione che resta viva al momento – é in agonia, o si approssima alla morte. E se da un lato qualcosa può ancora essere salvato, il rischio è che quel che è discretamente sano adesso possa non esserlo più nel giro di una decina d’anni. Questo il parere dei numerosi tecnici del campo interpellati in queste settimane.

Procrastinare il problema o affrontarlo una volta per tutte? Questo il dubbio più grande. Anche se – a dire il vero – la gente oggi si accontenterebbe di molto meno. Una possibilità, anche a fronte di qualche piccolo sacrificio, di avere ancora una piccola speranza nel futuro. Ed è questo che al momento – tragicamente – manca. Una – seppur minima – speranza.

Nazzareno Condina

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