Cronaca

Parma, 'disfatta' annunciata Durissimo risveglio per una terra di confine

Un problema, quello dell’inadeguatezza della linea ferroviaria Brescia Parma, che preoccupa almeno quanto il ponte. La chiusura, ormai è pressoché certezza, si protrarrà a lungo ed è difficile pensare che i treni possano sopperire al resto.

CASALMAGGIORE – Terra di confine, terra dimenticata. La riunione del Consiglio Provinciale di ieri a Parma ha spento molte delle speranze per il casalasco ed il parmense di trovare soluzioni rapide all’emergenza trasporti venutasi a creare con la chiusura del ponte Po. Lesioni alle travi più gravi del previsto, linea ferroviaria vecchia (a binario unico non elettrificato) e difficilmente aggiornabile con nuovi mezzi e nuove carrozze.

La disamina del consiglio provinciale parmense ha messo a nudo un problema vecchio e conosciuto, ma non per questo affrontato mai né a livello Regionale ne a livello nazionale. Un problema, quello dell’inadeguatezza della linea ferroviaria Brescia Parma, che preoccupa almeno quanto il ponte. Il perché è presto detto: la chiusura, ormai è pressoché certezza, si protrarrà a lungo ed è difficile pensare che i treni possano sopperire al resto. Difficile pensare ad un servizio integrato che possa fungere da palliativo alla chiusura dell’infrastruttura, 14 mila mezzi al giorno di cui 2000 mezzi adibiti al trasporto pesante.

I problemi sono davvero tanti. E non di semplice soluzione. E non basterà qualche vagone e qualche treno in più – ammesso che lo si trovi in qualche deposito o lo si prenda da qualche altra vecchia linea – perché poi, arrivati alla stazione più vicina, si dovrà comunque trovare un modo per arrivare in fabbrica, o in qualunque altro luogo dove si deve andare. Certo, anche quello servirà. Ma è poco, troppo poco.

La situazione è ‘tragica’ per tanti. 350 (320 domenica più i dati arrivati ieri della San polo Lamiere) quelli censiti in una giornata solo da CNC in piazza Garibaldi. Ma sono solo parte del pendolarismo locale. Quella che ha esposto i problemi in attesa che si possa trovare una soluzione.

Ci sono i 13 dipendenti della Poli Motoscope, 6 km dalla stazione alla fabbrica, 6 km da farsi ogni giorno lavorativo. Sì, ma come? I problemi sono simili, varia solo il chilometraggio e il numero di persone, per i casalesi che lavorano alla Transfer Oil di Sacca di Colorno, alle Lamiere Speciali Inox di Parma, alla Pacchiosi Drill di Sissa, alla New Fleur di Coltaro di Sissa, alla Glaxo di San Polo, alla Wittur di Colorno, alla OCME della periferia di Parma, alla ditta Sassi di Colorno, allo Scatolificio Sandra di San Polo o del distaccamento di Mezzani, alla Lidl di Colorno, alla FG di Sacca. Una trentina quelli che lavorano per ditte come la San Polo Lamiere, almeno una decina quelli della Chiesi Farmaceutica, un discreto gruppo di Casalaschi insomma uniti da un infausto destino. Turni vari, straordinari per chi ha orari, orari sfalsati per quelle ditte che – pochi operai a carico – lavorano a consegna. Per non parlare di chi – meno invero – fa il percorso inverso per lavorare.

E per non parlare dei trasportatori. Uno di questi domenica ha segnalato che dorme in fabbrica, nell’impossibilità di fare altrimenti. Poi ci sono le aziende che effettuano consegne, da una parte all’altra. Il loro è un problema serissimo, con costi lievitati. Poi ci sono casi umani indipendenti, o parzialmente dipendenti dal lavoro, che meritano attenzione: quella mamma, ad esempio come fa sapere Annamaria Piccinelli (CNC) che ha spostato i bambini da una materna pubblica a una a pagamento, perché “Ha orari più flessibili” e non sempre può garantire l’arrivo per tempo.

In più c’è il mondo dello sport, con i bambini che si spostano da una parte all’altra, quello medico di chi effettua terapie particolari a Parma o chi, da Colorno in giù, le terapie le effettuava all’Oglio Po per comodità ed ora si trova ad essere più comodo a Parma. Tante storie di vita insomma, che meritano risposte adeguate da parte della politica. Quelle risposte che ancora non ci sono e che sarà difficile trovare anche – e soprattutto – per ragioni di tipo strutturale in una terra di confine dimenticata per anni e che adesso, nel pieno dell’emergenza, fatica terribilmente a trovare – non solo in senso materiale – una strada per venirne fuori.

Nazzareno Condina

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