Cronaca

La 'ndrangheta nel mantovano: dal processo Pesci 120 anni complessivi di condanna

Una giornata considerata molto importante anche per il territorio viadanese che, come la maxi operazione Aemilia sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta al Nord ha dimostrato, è da anni un luogo sensibile e collegato, suo malgrado, a questo fenomeno.

MANTOVA/VIADANA – I pubblici ministeri della Dda di Brescia Paolo Savio e Claudia Moregola avevano chiesto oltre 200 anni di reclusione a carico di 17 imputati, tra cui il boss cutrese Nicolino Grande Aracri, ritenuti affiliati ad una struttura legata alla ‘ndrangheta e operante nei territori del cremonese e del mantovano. Giovedì il processo Pesci è terminato a Brescia con la sentenza che ha portato a dieci condanne per 120 anni. I reati? Estorsioni, minacce, detenzione abusiva di armi e associazione a delinquere di stampo mafiso.

Il boss Nicolino Grande Aracri è stato condannato a 28 anni, mentre Antonio Rocca, suo braccio destro, è stato condannato a 26 anni e 10 mesi. Condanne anche per Deanna Bignardi, moglie di Rocca, per il figlio della coppia Salvatore, per Alfonso Bonaccio, Giacomo Marchio, Giuseppe Loprete, Salvatore Muto e per i fratello Ennio e Danilo Silipo. Assolti invece Gaetano Belfiore, Antonio Floro Vito, Moreno Nicolis, Antonio Gualtieri, Salvatore e Rosario Grande Aracri, fratello e nipote di Nicolino. All’imprenditore Matteo Franzoni, come parte civile, andrà una provvisionale di 70mila euro, all’associazione Libera, altra parte civile nel processo Pesci, invece andranno 200mila euro.

Una giornata considerata molto importante anche per il territorio viadanese che, come la maxi operazione Aemilia sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta al Nord ha dimostrato, è da anni un luogo sensibile e collegato, suo malgrado, a questo fenomeno. Si tratta della prima condanna pronunciata da un Tribunale del Nord, a Brescia, verso il boss curtense Grande Aracri.

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