Ambiente

Cacciatori "etici" per salvaguardare l'ambiente: nuovo gruppo nel Casalasco

A riunirsi in assemblea sono stati 18 soci fondatori, sottoscrivendo l’atto costitutivo il 10 agosto. L’associazione è denominata “Urca Valpadana Casalasca”, e ha sede a Gussola in via Mentana. E’ stata costituita ai sensi della legge n.383/2000, senza fini di lucro.

Nella foto i danni a una coltura di mais

TORRICELLA DEL PIZZO/GUSSOLA – Nasce nel Casalasco un nuovo gruppo di cacciatori. E di per sé già questa è una notizia, in quanto il numero di chi esercita l’antica attività venatoria è in forte e costante calo in tutta Italia. Non solo, ma i soci che hanno costituito questa “associazione di promozione sociale” hanno adottato uno statuto che prevede che l’attività sia esercitata nel rispetto dell’ambiente, dell’attività agricola e della fauna.

A riunirsi in assemblea sono stati 18 soci fondatori, sottoscrivendo l’atto costitutivo il 10 agosto. L’associazione è denominata “Urca Valpadana Casalasca”, e ha sede a Gussola in via Mentana. E’ stata costituita ai sensi della legge n.383/2000, senza fini di lucro. Urca sta per “Unione Regionale Cacciatori dell’Appennino”, e la gestione unisce fauna e ambiente.

Nella foto l’orma di un cinghiale ben visibile

Le finalità sono chiarite dagli scopi indicati, tra i quali la “valorizzazione del territorio ai fini ambientali, naturalistici, venatori e turistici”, la “diffusione della conoscenza della fauna selvatica e del suo ambiente, con particolare riguardo alla conservazione, all’incremento e al prelievo selettivo degli ungulati, in armonia con una politica dell’utilizzo multiplo del territorio”. Da questo punto si evince la finalità del controllo numerico dei cinghiali, deciso da una recente legge regionale. Proseguendo, si punta ad “accrescere la cultura naturalistica dei cacciatori e favorire una gestione tecnica ed etica della fauna selvatica”. Infine, si punta a “stimolare le istituzioni e gli enti pubblici e privati” in ordine ai fini dello statuto.

L’associazione è retta dalle norme contenute nello statuto Urca del 2016 approvato a Bologna dall’Assemblea dei soci e dallo statuto di Urca Lombardia (che deve ancora formalizzare l’iscrizione). Che poi in Lombardia non ci siano proprio gli Appennini (dove tradizionalmente spopolano i cinghiali), questo è un altro discorso.

I cacciatori casalaschi al momento sono solo 18, ma puntano a crescere notevolmente nei prossimi mesi. I fondatori sono tutti dell’area tra Gussola, Martignana Po, Torricella del Pizzo, Scandolara Ravara e Motta Baluffi, e puntano con decisione su Casalmaggiore. Hanno deciso di staccarsi dalla Federazione provinciale di Cremona, e intendono agire da referenti nella necessità di censire i capi presenti sul territorio e muoversi nella necessità di abbattere i capi indicati dalle autorità, con particolare riferimento appunto ai cinghiali.

Nella foto Mario Gardin

«Il nostro obiettivo – afferma il presidente Mario Gardin – è quello di valorizzare l’ambiente della golena e la fauna ospitata, compiendo censimenti su un territorio che conosciamo bene e controllando il numero dei capi presenti secondo le indicazioni delle autorità. La golena casalasca rappresenta un ambiente con una forte presenza agricola, da qui la decisione di costituire un gruppo che ora vorremmo allargare a Casalmaggiore».

Gli fa eco il tesoriere Gianluigi Viola: «Cremona ha un’associazione che comprende l’intera provincia, così abbiamo deciso di occuparci del territorio in cui viviamo e che meglio conosciamo, il Casalasco». Viola ha anche proprietà agricole prese di mira dai cinghiali: «Oggi sono in sovrannumero, si ripopolano al 100% in un anno. A Gussola, in zona Valloni, ne sono stati avvistati ben 32 assieme, vicino a casa mia una dozzina. Possono rappresentare un pericolo per chi va in strada e chi vive nel territorio. Mio figlio si è imbattuto pochi giorni fa in un branco e la presenza dei piccoli ha portato la madre ad aggredirlo. E’ necessario il contenimento del loro numero, controllando coloro che sono abilitati alla loro caccia». Viola ci indica anche i danni alle colture compiuti dagli ungulati, le cui tracce sul terreno sono molto evidenti.
Sulla stessa falsariga si è mossa la Regione Lombardia, che ha da poco approvato una legge (51 voti e favore e 10 contrari, di M5S e Sel) per la “gestione faunistico-venatoria del cinghiale”.

Nella foto Gianluigi Viola

Tra le novità introdotte è previsto il dovere degli ambiti di risarcire fino al 30% i danni causati dai cinghiali nelle aree in cui è consentita la caccia. Ambiti che avranno il compito di promuovere iniziative di prevenzione. La somma per i risarcimenti è stata prevista per il triennio 2017-2019 in 300mila euro l’anno. La legge prevede il prelievo venatorio e il controllo in diverse aree, quelle idonee e quelle non idonee, in cui la presenza degli ungulati dovrebbe tendere allo zero. Il “prelievo venatorio” può essere effettuato solo con licenza di caccia e ogni cacciatore abilitato alla “selezione” potrà fruire di 15 giornate di caccia aggiuntive rispetto a quelle già previste dalla legge regionale. Sanzioni sono previste per chi immette o detiene illegalmente cinghiali, per chi li alleva in strutture autorizzate ma violando le disposizioni vigenti e infine per chi viene sorpreso ad abbattere cinghiali senza autorizzazione.

La Regione ha stimato la presenza di almeno 6.000 cinghiali, concentrati in gran parte nelle province del nord. Dal 2004 al 2015 per gli oltre 6.500 eventi dannosi alle produzioni agricole sono stati stanziati oltre 2 milioni e mezzo di euro.

V.R.

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