Oratorio S. Giovanni, don Gino lancia l'appello: "I proprietari permettano di salvare arredi"
Parola d'ordine salvare il salvabile: “Li vorrei contattare - conclude - e proporre loro la mia idea. Forse l'articolo pubblicato potrebbe indurli a farsi vivi: non saprei cosa farmene degli arredi, ma almeno sarebbero tolti dal degrado”
MARTIGNANA DI PO – Il degrado della Ca’ Nova e soprattutto quello dell’Oratorio di San Giovanni lo aveva visto anche lui, cinque mesi fa. E da subito aveva cercato di farsene carico, nonostante la chiesa fosse privata e la struttura non dipendente dalla curia.
“E’ purtroppo – spiega don Gino Assensi, parroco di Martignana di Po – una situazione comune a tante strutture simili nel cremonese. Quando stavo a Cremona di chiese ridotte così ne avevo viste altre”.
Strutture legate alla fede, a quella contadina, soprattutto però strutture private. “Ho letto l’articolo pubblicato il 19 agosto circa la situazione in cui versa la cascina Ca’ Nova e l’annesso oratorio di S. Giovanni Evangelista – spiega – e alcuni mesi fa, verificando il degrado in cui versa questa struttura, mi era venuta l’idea di mettere in salvo gli arredi che essa ancora contiene. Banchi, confessionale, altare; da prete non mi piace che arredi destinati al culto siano lasciati in stato di abbandono, ma trattandosi di proprietà privata non ho dato corso al mio intento, se non altro per non rischiare di essere denunciato”.
Don Gino però resta a disposizione, nell’attesa che i proprietari possano essere in un qualche modo contattati e possano dare la possibilità di salvare il salvabile: “Li vorrei contattare – conclude – e proporre loro la mia idea. Forse l’articolo pubblicato potrebbe indurli a farsi vivi: non saprei cosa farmene degli arredi, ma almeno sarebbero tolti dal degrado”.
Coperti dal guano e dai piccioni morti non resta loro molto tempo. Noi rilanciamo la proposta di don Gino, magari coinvolgendo l’amministrazione di Martignana di Po nella speranza che i proprietari possano farsi vivi prima che il tempo faccia il suo corso e porti via qual poco che resta.
Nazzareno Condina