Granaglie avvelenate sul terreno, doppio caso a San Giovanni e San Martino
Il cibo avvelenato (in genere grano o granuturco) viene utilizzato da sprovveduti per eliminare il problema degli animali non graditi. Il veleno però non fa discriminazioni: e a morire sono tutti gli animali che ne vengono per una qualche ragione a contatto.

SAN GIOVANNI IN CROCE – Granaglie avvelenate sparse sul terreno, due segnalazioni verificate dalle guardie zoofile volontarie di Calvatone. “Questo è un problema davvero serio – ci spiegano – ed è tra l’altro pure un reato serio”.
Il cibo avvelenato (in genere grano o granuturco) viene utilizzato da sprovveduti per eliminare il problema degli animali non graditi. Piccioni soprattutto, ma anche nutrie. Il veleno però non fa discriminazioni: e a morire sono tutti gli animali che ne vengono per una qualche ragione a contatto.
Un ‘fai da te’ che la legge punisce severamente. “Se colto sul fatto chi sparge grano avvelenato è passibile di arresto immediato. Il problema, e la gravità del gesto che la legge punisce, è sia per gli animali ma anche per la possibilità che il veleno passi poi nelle falde acquifere, o direttamente nelle coltivazioni tramite l’acqua. Lo spargimento di esche avvelenate è reato penale”.
Due le verifiche già effettuate. Una, già conclusa, è arrivata da San Giovanni in Croce dove effettivamente è stato verificato l’utilizzo di veleno. L’altra, nelle prossime vicinanze del circuito di San Martino è in corso di verifica dopo il rinvenimento di un buon numero di nutrie e lepri morte a breve distanza, segnale che qualcosa non va.
“Spesso – spiegano le guardie – è difficile cogliere sul fatto chi sparge le esche, ma in campagna può anche accadere che sia il proprietario dell’area a doverne rispondere in tribunale”. Una questione non di poco conto. E un pericolo: “E per fortuna che non sta piovendo, altrimenti il problema si aggraverebbe ancor di più”.
Nazzareno Condina