Economia

Saviola, lo sfogo: "18 milioni di perdita, 170 licenziamenti: qui non ha vinto nessuno"

Il numero uno dell'omonima azienda accusa i Cobas: "Qui a mio avviso si è organizzato uno sciopero che non mira più a difendere posti di lavoro, come un sindacato dovrebbe fare, ma che cerca di massimizzare accordi che non esistono: si cerca una buonuscita, si cercano incentivi all’esodo, che Composad non può dare".

Nella foto Alessandro Saviola

VIADANA – Potremmo definirla “la voce del padrone”, ammesso che abbia ancora senso ragionare in questi termini, forse piuttosto superati e appartenenti a un lessico più politico che economico. Semplicemente, meglio, potremmo pensare di ascoltare l’altra campana di una guerra che, alla fine, per stessa ammissione di Alessandro Saviola, non ha vincitori. Sì, perché ora che le acque paiono essersi calmate (il presidio è stato spostato, ergo l’occupazione della fabbrica da parte degli ex Facchini con il sindacato Cobas è terminata), è possibile anche fare di conto. E la perdita, solo per il ramo Composad, sarà di 18 milioni di euro. Cifra approssimata per difetto. “Avremo dati più sicuri nei prossimi mesi, nel senso che allora potremo davvero stilare una conta dei danni, osservando quanti clienti avremo perso. Di certo per il 2017 avevamo previsto a inizio anno un fatturato di 96 milioni di euro e, stando alle nostre stime e proiezioni delle ultime ore, siamo già scesi a 78 milioni di euro. Senza contare, per esempio, i costi della security e tutto quello che è stato necessario per fare fronte a una situazione di grave emergenza”.

Non vince Composad, non vincono nemmeno gli ex Facchini. “Anche qui cerchiamo di essere oggettivi, di appellarci a numeri: a fine febbraio 2017 Cobas ha rifiutato un accordo che parlava di flessibilità, di zero esuberi, per consentire a tutti i lavoratori di avere un impiego. Poi vi è stato un passaggio intermedio, accettato da tutti i sindacati meno che da Cobas, che avrebbe portato a 48 licenziamenti su 270. Ora siamo a 170 licenziamenti”. Proprio così, le ultime lettere sono state consegnate martedì pomeriggio da Attilio Dadda di Legacoop, che ha così di fatto chiuso la questione.

Ma facciamo un passo indietro e ripercorriamola, questa vicenda che ha tenuto col fiato sospeso Viadana e ha accesso i riflettori d’Italia sull’azienda. “Dobbiamo partire dalla fine del 2015, quando dopo dieci anni – spiega Alessandro Saviola – il contratto di Composad con Viadana Facchini era in scadenza al 31 dicembre. Così a ottobre 2015 facciamo una gara per capire a chi assegnare l’appalto tra 8-10 società, tra cui anche la Facchini che sta vivendo le sue prime agitazioni interne con Cobas: la stessa Facchini ci chiede una proroga che concediamo fino a maggio 2016, mentre verifichiamo le condizioni economiche offerte da altre cooperative, 3-4 delle quali, pur con oscillazioni marginali, da considerare favorevoli. Intanto iniziano gli scioperi all’interno della cooperativa Facchini e interviene Legacoop per creare un tavolo prefettizio. Siamo a febbraio 2016 e si arriva ad un accordo, per il quale anche Composad si impegna affinché, al di là di chi sarà il soggetto che vincerà l’appalto, vi sia una garanzia occupazionale. Questo, va detto, precisando che Viadana Facchini aveva utilizzato nei 5-6 anni precedenti 400mila ore di cassa integrazione, il che significa che i suoi soci non avevano quasi mai lavorato al 100%. In ogni caso, come Composad, garantiamo che il lavoro – si parla di 400mila imballi al mese circa – ci sarà per almeno due anni. In caso di cambio d’appalto, quelle persone saranno comunque assunte come prevede la legge, questa è la nostra garanzia”.

Poi cosa succede? “A marzo 2016 Legacoop crea una Ati, associazione temporanea di imprese, tra CLO, che metterà le competenze gestionali, e la Viadana Facchini, che metterà le risorse umane, cioè i lavoratori. A noi pare una buona soluzione e così tra maggio e giugno parte il contratto d’appalto. Per quattro mesi tutto funziona, poi iniziano altri scioperi a fine anno. Il motivo? Tanti, tra questi anche problemi di facile risoluzione a nostro avviso, o falsi problemi. Per esempio, la Facchini non aveva mai pagato la tredicesima in tempo gli anni precedenti, così lo sciopero è stato fatto quasi prevedendo che anche nel 2016 la tredicesima sarebbe arrivata tardi. Bene, è stato l’unico anno in cui è stata versata puntualmente… I mesi successivi sono un disastro: da un lato percentuali di non presenza altissime tra gennaio e febbraio, poi la riduzione della produzione del 30-40% e i cosiddetti scioperi bianchi. A quel punto inizia un accordo di secondo livello, già previsto da mesi. Il 10 maggio i soci stessi della Viadana Facchini, in crisi dopo mesi di problemi e agitazioni che abbiamo appena visto, decidono di uscire dall’appalto che durava da un anno e sarebbe scaduto il 31 maggio 2017. A quel punto CLO prende la forza lavoro di 3L e decide di andare avanti, con la proroga del contratto in essere. Tutto questo passando da 60 incontri con sindaco e prefetto, e arrivando ai noti fatti che conosciamo e a 170 licenziamenti: non capisco davvero chi abbia vinto in tutto questo”.

L’accusa che arriva dai Cobas è di “schiavizzare” i lavoratori. “Altra assurdità: i Cobas hanno manipolato i lavoratori della Viadana Facchini, che hanno poche colpe, perché la guerra dei Cobas è politica ed contro le cooperative. Ma a rimetterci qui è tutta un’azienda. Schiavitù significa lavorare a ciclo continuo? La fabbrica è aperta sabato e domenica, non si ferma mai, è un lavoro a catena, ma ognuno lavora 40 ore a settimana, ci sono turni e ci sono operai Composad che da anni operano in questo modo. A proposito, i nostri lavoratori sono stati encomiabili: hanno resistito in silenzio, poi quando non ce l’hanno più fatta hanno alzato la voce, ma sempre con civiltà. La situazione poteva esplodere, davvero. Soprattutto hanno fatto fronte comune e lì i Cobas hanno capito che si stavano scontrando contro un muro. Io credo che la forza dei lavoratori Composad abbia davvero fatto la differenza”.

A proposito di Cobas, l’accusa di Saviola non è finita. “Si appellano al famoso CCNL delle cooperative, all’articolo 1. Ebbene, noi l’articolo 1 lo abbiamo inserito nel nostro appalto, loro non lo hanno nemmeno firmato. Parlano di lavoratori sottopagati: chi lavora 40 ore prende, come minimo e con la mansione di minore responsabilità, 1300 euro al mese. Certo, se lavori part time al 50% ci sta che tu possa prendere 6-700 euro. Ma è così per qualsiasi azienda. Tutti i sindacati hanno accettato il nostro accordo, meno i Cobas: o siamo tutti matti, oppure qualcuno è fuori dalla realtà. Stiamo parlando di diritti dei lavoratori o di privilegi? La Viadana Facchini rifiutò la richiesta di lavorare sabato e domenica, cosa che tutti i lavoratori Composad, a turno, fanno. Qui a mio avviso si è organizzato uno sciopero che non mira più a difendere posti di lavoro, come un sindacato dovrebbe fare, ma che cerca di massimizzare accordi che non esistono: si cerca una buonuscita, si cercano incentivi all’esodo, che l’azienda Composad non può dare per il fallimento della Facchini. E’ già importante che arrivino gli ammortizzatori sociali. Invece i Cobas prima rifiutano la buonuscita, poi non accettano i 48 esuberi e alla fine arrivano a 170 licenziamenti. Come giustifica tutto questo il sindacato che dovrebbe difendere il lavoro? Io sono convinto che chi ha bisogno di lavorare, oggi, sia dentro in Composad e faccia parte dei 100 lavoratori, su 270 totali, che hanno deciso di entrare in 3L. Tutto il resto è volontà di creare il caos, con azioni peraltro bel al di fuori del limite della legalità”.

Giovanni Gardani

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