Viadana, mozione contro la ratifica del CETA la firma Gianni Fava
La mozione impegna il sindaco e la giunta a sollecitare il Parlamento ed il Governo ad impedire l’entrata in vigore nel nostro Paese del Trattato CETA, arrestando il processo di ratifica dell’Accordo in Italia
VIADANA – Mozione di contrarietà alla ratifica da parte del governo italiano del trattato transatlantico di libero scambio fra Europa e Canada denominato CETA. Questo il documento presentato dal consigliere leghista Gianni Fava per la discussione nel prossimo Consiglio. Questo il testo integrale della mozione.
“Premesso che:
– Il Canada è il 12° partner commerciale più importante dell’Unione europea. L’Unione europea è, per il Canada, il secondo partner commerciale dopo gli Stati Uniti e rappresenta quasi il 10% del suo commercio estero. Il volume degli scambi di merci tra Unione europea e Canada raggiunge quasi 60 miliardi di euro l’anno;
– il 15 febbraio 2017 il Parlamento europeo ha dato il proprio consenso alla conclusione del Comprehensive Economic and Trade Agreement (CETA), Accordo economico e commerciale globale tra Unione europea e Canada – firmato il 30 ottobre 2016 – che prevede l’abolizione della maggior parte dei dazi doganali tra le Parti;
– il CETA si pone come obiettivi fondamentali: procedere alla progressiva liberalizzazione degli scambi assicurando alle merci dell’altra Parte il trattamento disposto a livello nazionale; avviare un’attività di riduzione o soppressione reciproca dei dazi doganali sulle merci originarie dell’altra Parte; assicurare l’astensione dall’adozione o dal mantenimento in vigore di divieti o restrizioni all’importazione merci dell’altra Parte o all’esportazione alla vendita per l’esportazione di merci destinate al territorio dell’altra Parte;
– all’entrata in vigore dell’Accordo è previsto l’annullamento di circa il 98% di tutte le tariffe dell’Unione europea, ma, d’altra parte, la cooperazione regolamentare conduce alla graduale eliminazione delle regole che, nei diversi settori della sanità pubblica, della sicurezza degli alimenti, della protezione dei consumatori e dell’ambiente, possono essere ritenuti di ostacolo alla libertà del commercio;
– il CETA è un accordo a natura mista per la cui entrata in vigore è necessaria la ratifica da parte di ciascuno Stato membro secondo le rispettive disposizioni nazionali;
– nel nostro ordinamento, la Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica il compito di ratificare i trattati internazionali e, nei casi espressamente previsti dall’articolo 80, previa autorizzazione delle Camere;
– con decisione (UE) 2017/38 del Consiglio del 28 ottobre 2016 è stata prevista la possibilità di applicazione provvisoria dell’Accordo;
– in un momento di grave crisi in cui il nostro Paese è alla ricerca di azioni e risorse per il rilancio dell’economia e della crescita occupazionale, il made in Italy e, in particolare, quello agroalimentare, è universalmente riconosciuto come straordinaria leva competitiva “ad alto valore aggiunto” per la crescita del Paese.
– l’agroalimentare made in Italy rappresenta una voce importante che contribuisce alla coesione sociale, attraverso lo sviluppo di occasioni ed il miglioramento delle condizioni di lavoro;
– il CETA, come tutti gli accordi commerciali di ultima generazione, prevede di realizzare i maggiori vantaggi per gli attori commerciali delle due Parti;
– nel contesto descritto, a fronte dei presunti benefici attesi, il CETA introduce sostanzialmente un meccanismo di acritica deregolamentazione degli scambi e degli investimenti che non giova alla causa del libero commercio e pregiudica in modo significativo la competitività e l’identità del sistema agricolo nazionale;
– i vantaggi in termini di crescita degli scambi e dell’occupazione conseguenti all’applicazione dell’Accordo risultano, in realtà dubbi o assai limitati e non tali da giustificare i rischi insiti nell’Accordo sottoposto alla ratifica degli Stati membri;
– sebbene gli accordi di libero scambio dovrebbero essere effettivamente posti al servizio di obiettivi più vasti quali l’occupazione, i diritti umani, la coesione sociale e lo sviluppo sostenibile, rispetto all’impatto del Trattato non è stata realizzata (o quantomeno pubblicata) alcuna preventiva valutazione condivisa con le due Camere, portatori d’interesse e cittadini ed è mancata la trasparenza dei negoziati a partire da una definizione dei mandati affidati ai negoziatori;
– il CETA non soddisfa i fondamentali obiettivi ed esigenze di trasparenza;
-? sulla base dello strumento interpretativo comune, sull’Accordo è previsto che il CETA non indebolirà le norme e le regolamentazioni rispettive concernenti la sicurezza degli alimenti, la sicurezza dei prodotti, la protezione dei consumatori, la salute, l’ambiente o la protezione del lavoro, ma nell’Accordo e nello strumento interpretativo, tuttavia, non sono indicate le modalità pratiche con cui gli Stati potranno continuare a legiferare senza interferire con la materia Politica commerciale comune;
– il CETA conduce ad un sistema di competizione selvaggia e senza limiti;
– con l’eliminazione dei dazi si crea un uniforme piano di scambio ed una comune piattaforma di competizione transatlantica, tra le imprese agricole europee e nordamericane, in cui queste ultime risultano avvantaggiate dalla enorme dimensione industriale e dalla completa asimmetria regolatoria che consente alle stesse di beneficiare di significative economie di scala e di ridotti costi di produzione conseguenti ai bassi standard produttivi e di sicurezza normativamente imposti;
– nel CETA manca il riferimento alla portata vincolante del principio di precauzione che, in Europa, impone una condotta cautelativa nelle decisioni che riguardano questioni scientificamente controverse circa i possibili impatti sulla salute o sull’ambiente. Il Trattato, infatti, non contiene alcuna disposizione volta a garantire il rispetto del principio di precauzione e su quasi 1600 pagine di un accordo che incide in molti settori legati all’ambiente e contiene un capitolo sul “commercio e ambiente” e stabilisce una Commissione competente per tali questioni, non c’è neppure un riferimento al principio di precauzione e, anzi, ci sono delle previsioni che ne limitano o contraddicono l’applicazione. Nel Trattato, in particolare, si fa riferimento al principio di precauzione nell’accezione proposta dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), che condiziona l’adozione di eventuali misure restrittive ad evidenze scientifiche circa l’esistenza di un rischio ambientale o sanitario ed alla dimostrazione che non si determini una restrizione del commercio internazionale. Il Canada, d’altra parte, seppure formalmente rispetti il principio di precauzione, non lo ritiene vincolante sul piano commerciale (vale la pena di ricordare la posizione italiana no ogm);
– il Trattato conferisce ad organismi estranei agli ordinamenti giuridici nazionali il potere di influenzare direttamente le norme e le politiche nazionali;
– nel CETA non vi è nessuna clausola che comprenda il tema dei diritti dei lavoratori;
– il CETA include l’Investment Court System (ICS), un sistema di risoluzione delle controversie sugli investimenti che permette alle imprese di citare in giudizio gli Stati e l’Unione europea dinnanzi a una corte arbitrale;
– il sistema di risoluzione delle controversie a beneficio degli “investitori del Canada” contro gli Stati membri e l’Unione europea influenza le condizioni essenziali per l’esercizio della sovranità nazionale, il principio di uguaglianza ed il principio di indipendenza e di imparzialità dei giudici;
– con riferimento al settore agricolo, con il CETA il Canada eliminerà i dazi per il 90% dei prodotti agricoli al momento dell’entrata in vigore dell’accordo e per il 91,7% dopo una transizione di sette anni. L’Unione europea, d’altra parte, eliminerà il 92,2% dei dazi agricoli all’entrata in vigore dell’accordo ed il 93,8% dopo sette anni;
– i vantaggi derivanti dall’Accordo sono apparenti, considerando, ad esempio, che l’Italia importa dal Canada 1,2 milioni di tonnellate di grano duro ed esporta in Canada circa 23.000 tonnellate di pasta soltanto, vale a dire circa l’1,4% delle esportazioni mondiali di pasta che ammontano ad oltre 1 milione e seicentomila tonnellate l’anno;
– l’abbattimento istantaneo e quasi totale dei dazi attiva, inoltre, significativi flussi di importazione competitiva sotto il profilo dei prezzi, ma con scarsi standards qualitativi e di sicurezza, a fronte della mancanza di un sistema di regole che tuteli i consumatori e che assicuri evidenza e trasparenza sull’origine delle materie prime;
– il CETA semplifica e vanifica il complesso sistema di regole di produzione, di protezione della qualità e dell’ambiente vigente a livello comunitario e nazionale, rispondendo all’unico criterio cogente della facilitazione commerciale ed affidando valutazioni e giudizi di conformità e responsabilità, in modo permanente, a più di una decina di Commissioni apposite create dal Trattato e sottratte allo scrutinio giurisdizionale, tecnico e parlamentare, sia di livello comunitario, sia nazionale.
– sul fronte dell’export agroalimentare, all’Italia sono riconosciute appena 41 indicazioni geografiche a fronte di 291 Dop e Igp registrate; con la conseguente rinuncia alla tutela delle restanti 250 ed impatti gravissimi sul piano della perdita della qualità del nostro made in Italy;
– la tutela delle indicazioni geografiche riconosciute non impedisce l’uso on Canada di indicazioni analoghe, per coloro che abbiano già registrato o usato commercialmente tale indicazione (sono compresi nell’eccezione formaggi, carni fresche e congelate e carni stagionate). In sostanza, si potrà continuare a vendere “prosciutto di Parma” canadese, in coesistenza con quello DOP italiano.
– contemporaneamente, il CETA consente le “volgarizzazioni” legate ai nomi dei prodotti tipici dell’italian sounding (ad esempio, il Parmesan) e la convivenza sul mercato con le denominazioni autentiche dei nostri prodotti. La combinazione del principio della «fabbricazione sufficiente» con il criterio del codice doganale, inoltre, rende, di fatto, impossibile l’evidenza dell’origine del prodotto;
– per alcuni prodotti (asiago, fontina, gorgonzola) è consentito in Canada l’uso degli stessi termini, accompagnato con “genere”, “tipo”, “stile” e da una indicazione visibile e tangibile dell’origine del prodotto, fatto salvo il caso dei prodotti immessi sul mercato prima del 18 ottobre 2013, che possono essere commercializzati senza alcuna indicazione;
– il CETA introduce l’applicazione del principio di equivalenza delle misure sanitarie e fitosanitarie che consente di ottenere il mutuo riconoscimento di un prodotto e che, quindi, permetterà ai prodotti canadesi di non sottostare a nuovi controlli nei Paesi in cui verranno venduti, dimostrandone l’equivalenza con quelli commercializzati dalla controparte. Tale meccanismo risulta molto rischioso per la salute e per i consumatori, considerando che in Canada sono impiegate un numero rilevante di sostanze attive vietate in Unione europea, tra cui, a titolo di esempio, il glifosato in fase di pre-raccolta del grano, proibito in Italia. Inoltre, in Canada vi è un diffuso impiego di ormoni negli allevamenti, non consentito in Italia;
– il CETA introduce un sistema di cooperazione regolatoria che potrebbe portare Governi ed imprese a sindacare direttamente in ambito arbitrale qualsiasi misura che leda la “libera concorrenza”. Un sistema, tra l’altro, che investe anche il tema degli Ogm con ripercussioni inevitabili sul “principio di precauzione”;
– l’Unione Europea e i suoi partner dovrebbero orientarsi verso politiche commerciali multilaterali e bilaterali al servizio dell’interesse generale, della qualità dello sviluppo, della cooperazione tra paesi e aree regionali.
COLDIRETTI è impegnata, con una coalizione di altri portatori di interesse, in un’azione tesa ad informare e sensibilizzare il Governo ed i Parlamentari italiani chiedendo loro di non votare a favore della ratifica dell’accordo e di impedire l’entrata in vigore del Trattato in via provvisoria, nella direzione di ragioni di scambio improntate alla democrazia economica ed alla salvaguardia dei diritti dei consumatori e delle imprese.
Per questo motivo il consiglio comunale di Viadana, nella piena condivisione delle premesse, impegna il sindaco e la giunta a sollecitare il Parlamento ed il Governo ad impedire l’entrata in vigore nel nostro Paese del Trattato CETA, arrestando il processo di ratifica dell’Accordo in Italia ed adottando ogni iniziativa necessaria ad ostacolare l’applicazione del Trattato anche in via provvisoria”.
redazione@oglioponews.it