Politica

Referendum per autonomia: Fava chiede a consiglio di Viadana di esporsi per il Sì

Resta da capire se anche le minoranze voteranno a favore: va infatti specificato che, pur avendo fondato un movimento “a parte”, anche i sindaci di centro-sinistra di buona parte del territorio lombardo stanno spingendo per il sì al referendum e dunque per l’autonomia, pur provando a smarcarla dalla “matrice” leghista.

VIADANA – Il consiglio comunale di Viadana appoggia direttamente ed espressamente il referendum per l’autonomia della Regione Lombardia che si terrà il prossimo 22 ottobre: lo chiede Gianni Fava, che del Pirellone è assessore all’Agricoltura ma è pure consigliere comunale a Viadana. Lo fa con un ordine del giorno da discutere nel prossimo consiglio comunale, rivolgendosi direttamente al sindaco Giovanni Cavatorta e al presidente del consiglio comunale Ivan Gualerzi. Resta da capire se anche le minoranze voteranno a favore: va infatti specificato che, pur avendo fondato un movimento “a parte”, anche i sindaci di centro-sinistra di buona parte del territorio lombardo stanno spingendo per il sì al referendum e dunque per l’autonomia, pur provando a smarcarla dalla “matrice” leghista.

In attesa dell’esito del voto in consiglio, torniamo però per un attimo al testo dell’ordine del giorno di Fava, che da capogruppo della Lega Nord in consiglio, chiede che il consiglio stesso esprima “il proprio incondizionato sostegno al referendum per l’Autonomia della Lombardia come strumento di tutela del tessuto produttivo e sociale lombardo” e al contempo impegna formalmente il Sindaco e la Giunta comunale “a farsi promotori, attraverso ogni mezzo, del referendum per l ‘Autonomia della Lombardia; a divulgare informazioni riguardanti la fiscalità locale, ed in particolare, quella di Regione Lombardia”.

Nel testo dell’ordine del giorno Fava rimarca come “la dimensione economico-produttiva e la capacità fiscale sono elementi che certificano l’oggettiva “diversità” della Lombardia, che possiede di gran lunga tutti i requisiti per meritarsi una maggiore autonomia   politica e amministrativa poiché vanta degli ineguagliati e ineguagliabili tassi di virtuosità che può vantare un apprezzabile solidità finanziaria e patrimoniale; la Lombardia è costituita da 10 milioni di abitanti, copre circa un quarto del PIL del Paese, ha una spesa pubblica, compresa quella previdenziale, del 34,6 per cento in rapporto al PIL regionale, ha un residuo fiscale (ovvero la differenza tra quanto la regione versa annualmente allo Stato sotto forma di tributi e quanto riceve come servizi), di circa 56 miliardi di euro, è intensamente industrializzata e proprio per ciò è uno dei “Quattro motori per l’Europa” (insieme a Catalogna, Baden- Württemberg e Rhône-Alpes); come rilevato da una ricerca dell’Ufficio studi Confcommercio, se tutte le Regioni adottassero i criteri di spesa di Regione Lombardia – che è Regione benchmark per il calcolo degli sprechi, perché presenta livelli di servizio superiori a tutte le altre Regioni – vi sarebbe un risparmio, in termini di spesa pubblica, di 74 miliardi di euro per il Paese (circa il doppio dell’Irpef pagata dai lombardi), che scendono a 23 netti se, oltre ai criteri di spesa, si volesse eguagliare la qualità dei servizi erogati in Lombardia”.

Non solo: Fava nel documento ricorda come “da qualche anno Moody’s, nota agenzia internazionale di rating, riconosce come la Lombardia sia assai più virtuosa dello Stato italiano e l’ha confermato anche per il 2016 attribuendole il titolo di merito creditizio “Baa1”, superiore a quello dello Stato centrale (che è “Baa2”, con outlook negativo); la Lombardia è la Regione che ha meno dipendenti pubblici (circa 41 ogni mille abitanti, meglio della Germania, della Spagna e del Regno Unito) e il rapporto fra i dipendenti pubblici e la popolazione residente è del 4,02 per cento, contro il 5,18 per cento del resto del Paese; il costo del lavoro dei dipendenti pubblici di gran lunga più basso rispetto al resto del Paese:18,75 euro (al secondo posto c’è il Veneto con 29,38 euro, al terzo c’è l’Emilia Romagna con 35,22 euro e il costo medio per le Regioni a Statuto ordinario è di circa 39 euro), a tanto ammonta infatti il costo della macchina amministrativa regionale per ogni cittadino lombardo; la Lombardia è la Regione che vanta la spesa statale per abitante, al netto degli interessi, più bassa in assoluto (2.447 euro, contro una media nazionale di 3.658 euro), nonostante sia la Regione più produttiva e la più generosa in termini di gettito fiscale; un recente studio di Eupolis Lombardia, l’Ente di ricerche e Studi della regione Lombardia rileva, prudenzialmente, che le regioni del Nord vantano nel loro complesso un residuo fiscale di ben 74 miliardi di euro, con la Lombardia che da sola ne produce quasi il 70%; per la CGIA di Mestre il residuo fiscale delle Regioni del Nord ammonta addirittura a 100 miliardi di euro annui; in termini pro-capite, la Lombardia si conferma la regione con il residuo fiscale maggiore (4.939 euro). Le altre regioni a Statuto   ordinario del Nord registrano un residuo medio annuo di circa 3.000 euro”.

Fava conclude il testo del suo ordine del giorno con altri dati documentati. “I residui fiscali negativi   più ingenti, per contro, si concentrano soprattutto al Sud: in particolare in Sicilia (-17,7 miliardi), Campania (-13,3 miliardi), Calabria (-10,3 miliardi) e Puglia (-9,7 miliardi); per il periodo preso in esame (2009-2012) i cittadini delle regioni del Nord (ma anche toscani e laziali) versano all’erario un surplus di risorse che solo in minima parte ritorna sotto forma di trasferimenti e servizi pubblici, dal momento che quel surplus di risorse (pari, in media, a ben 86 miliardi di euro) serve per mantenere lo Stato centrale e le altre regioni, la maggior parte della Penisola, che hanno i bilanci in rosso; la ricerca di Eupolis  Lombardia sottolinea che ”Vi sono ingenti differenze tra le regioni italiane, con residui fiscali positivi al  Nord, soprattutto nelle regioni a Statuto ordinario, Lombardia in testa, e negativi al Sud”; per eliminare  tale situazione, lo studio propone tre strade: “Il superamento dei criteri di ripartizione delle risorse  statali basato sulla spesa storica, la  rimodulazione della struttura impositiva e dei meccanismi perequativi, l’individuazione di nuovi margini di autonomia regionale che consentano di trattenere una quantità maggiore di risorse”; a causa della crisi economica Regione Lombardia ha visto le proprie aziende perdere competitività a livello internazionale; è assolutamente indispensabile ridurre la pressione fiscale complessiva sulle aziende lombarde; a seguito della riforma delle Province diventa importante il ruolo della Regione come ente principale di sostegno alle politiche territoriali dei comuni e delle province stesse, ruolo che attualmente non è possibile svolgere a fronte ai continui tagli subiti negli ultimi anni. E’ dunque opportuno informare i nostri concittadini relativamente al residuo fiscale della Lombardia, affinché prendano atto, in termini numerici, del divario economico attualmente esistente”.

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