La Centralissima riapre: tra musica, empanadas chiacchiere e eterni ragazzi
La prima de 'La Centralissima' è riuscita. Per chi c'era, inizialmente pochi poi via via sempre più persone. Ragazzi, ragazzi un po' più cresciuti e ragazzi uomini che ragazzi lo saranno un poco sempre.
CASALMAGGIORE – Un po’ di ritardo rispetto all’orario fissato in cartellone, ma poco importa. In fondo sono loro stessi a dire che la musica è un affare di socialità che va oltre alle note stesse. Nessuno – tranne quelli più avanti con gli anni come me – sembra farci caso. Nel frattempo si chiacchiera, si consuma un’empanadas, si beve un tè o una birra a seconda dello stomaco a disposizione. Perché è poi questo il segreto stesso della musica, anche quando è attesa e non c’è ancora se non in qualche vecchio disco di James Taylor, Johnny Cash e simili che scivola in sottofondo: quello di unire, in chiacchiere e parole i ragazzi, di far scivolare via il tempo in maniera diversa, migliore. Si incontrano vecchi amici, si scrutano volti, si incrociano sensazioni. La Centralissima riapre i battenti con lo stesso carisma con la quale era stata chiusa: musica d’autore, giovani cantautori da 20 dischi alla volta felici pure di suonare di fronte a quaranta persone, di mostrarsi ed andare tra il pubblico. Un pubblico in parte attento ed in parte meno, ma pure questo è parte del gioco. C’è chi ascolta, chi consuma, chi chiacchiera, chi osserva, chi si fa le ‘sfere’ sue e di tanto in tanto tende l’orecchio all’improvvisato palco. C’è chi fotografa e chi sembra immerso nei propri pensieri. C’è la cucina dell’America latina declinata in Italiano di quei pazzi che l’empanada volevano lanciarla nello spazio, novella Laika d’una comunicazione universale. Si inizia con One Glass Eye. Un suono minimale, chitarra e voce ruvida che a volte si china sulle note alte. Un fenomeno alla chitarra, racconta i suoi pensieri, dei suoi animali, degli amori, dei rapporti umani, del padre a cui dedica una canzone così, con estrema semplicità. Il suono è pulito, le mani scivolano con estrema competenza sulla chitarra, dietro una scenografia un po’ meno minimalista della prima Centralissima ma sempre carica di atmosfera e d’effetto. Si nota un po’ di timidezza nella parte ‘parlata’, timidezza che scompare dietro ai suoni. La musica? Per chi è un po’ avanti con gli anni ha molto il sapore intenso e rarefatto del compianto Elliott Smith, in qualcosa rimanda al Jeff Buckley più intimista, quello di Forget Her, con la voce un po’ più graffiata e la chitarra classica. Ma ognuno ha il suo pregresso che emerge all’ascolto. E’ un altro dei ‘miracoli’ della Centralissima: essendo musica d’autore e non coverame vario, l’ascolto va al di là della mera tecnica. E’ un suono che ti lascia addosso comunque una certa indefinibile nostalgia. Dopo One Glass Eye è il turno di JJ Mazz, al secolo Luca Mazzieri. Un personaggio strano, chitarra elettrica e looper a pedali per la parte ritmica e il basso, ed un parlato stile radio Londra a fare da collante in alcuni momenti. Se One Glass Eye riusciva a celare una certa dose di timidezza, non è questo il caso di JJ Mazz, che come lui stesso spiega non ama raccontare le canzoni. Ama comporre, ed eseguire. Un suono del tutto diverso il suo, difficilmente classificabile ma potente e ritmico, con note nostalgiche di sonorità sepolte e ritrovate. Le sonorità sono quelle dei primi anni 80, sembra di fare un balzo nei locali o nei concerti del tempo. Faccio un po’ di fatica ad incasellarlo, ma forse non ci terrebbe neppure lui: un po’ JJ Mazz e un po’ Luca Mazzieri insomma, tagliando la testa al toro. ‘Protetto’ dietro una maschera o nudo fronte palco. Schivo e cerebrale, suoni in alcuni frangenti distorti e prolungati, a tratti sincopati, fan venir voglia di ballare come ai tempi in cui psicadelia e suoni si mischiavano tra gli effluvi dell’alcool. Il suo concerto è breve. Al termine lancia caramelle al pubblico: la maschera di un teschio sghembo e il gesto più cordiale di questa terra. Psiche e amore, tenebre e luce. Suoni. Alla fine ancora il tempo di chiacchierare, di confrontarsi, di salutarsi sino al prossimo appuntamento. La prima de ‘La Centralissima’ è riuscita. Per chi c’era, inizialmente pochi poi via via sempre più persone. Ragazzi, ragazzi un po’ più cresciuti e ragazzi uomini che ragazzi lo saranno un poco sempre. Una bella commistione insomma, la chiave del successo di questi piccoli echi di luce d’una città spesso schiacciata nel proprio destino.
Nazzareno Condina