Cronaca

Ultimo commosso saluto a Thomas Ruberti. Combattente che non ha mai perso il sorriso

Don Fabio, cappellano del Meyer: "Ho voluto venire a testimoniare la sua forza e il coraggio. Non si è mai lamentato e mai ha mollato. Era bello vederlo cosi sereno specialmente la domenica quando arrivavano i suoi genitori a trovarlo"

CASALMAGGIORE – A volte la routine di una famiglia viene messa a dura prova per tragedie apparentemente  incomprensibili e improvvise. Una  prova che diventa durissima quando a morire sono i figli ribaltando un concetto elementare secondo il quale dovrebbero essere i giovani ad accompagnare i genitori al cimitero. Tale considerazione la si coglie sempre nelle espressioni della gente ogni volta che ci si ritrova in chiesa  per partecipare a queste morti immature. Oggi pomeriggio Casalmaggiore ha salutato per l’ultima volta Thomas Ruberti lo studente morto per un male che lo ha strappato alla vita a soli 17 anni, dopo avergli dato qualche barlume di speranza. Una chiesa, quella del Duomo che ha visto una grande predominanza di ragazzi e ragazze, molti dei quali vestiti con la divisa della Canottieri Eridanea la società sportiva che anche Thomas aveva frequentato, tra un ricovero e l’altro. Ma lui non si era mai scoraggiato presenziando anche all’interno della Banda Estudiantina o continuando a suonando il clarinetto nel gruppo Salieri Ensamble. A Viadana era conosciuto per l’ottima frequenza scolastica mentre a Casalbellotto la sua figura di ragazzo discreto ed educato era d’esempio per tutti. Una conferma di questo suo carattere  e di quanto fosse dolce e paziente l’ha portato don Fabio, vicedirettore della Caritas di Firenze e collaboratore ecclesiastico dell’Ospedale Meyer la struttura fiorentina dove Thomas si è spento l’altro giorno.” Ho voluto venire a testimoniare la sua forza e il coraggio. Non si è mai lamentato e mai ha mollato. Era bello vederlo cosi  sereno specialmente la domenica quando arrivavano i suoi genitori a trovarlo”. Tra i numerosi sacerdoti partecipanti al rito funebre il ruolo di officiante è toccato a don Marco che ha continuamente insistito sulla necessità di rivolgersi alla fede per superare le difficoltà e i drammi dell’esistenza terrena. ”La morte è cosi, ci sembra qualcosa di irreale, quando ci viene tolta una persona amata. E allora vengono in mente le parole di Gesù quando ci promette la felicità al di la dell’esistenza terrena. E non  c’ha indicato una strada dall’alto, decidendo di scendere tra di noi e soffrendo con noi e per noi. Riconosciamo che il Signore ci ama e vuole che il rapporto con Lui sia reale attraverso una fede sempre più grande e profonda”. Al termine, lunghi abbracci e parole di conforto dentro e fuori la chiesa. Occhi arrossati, strette di mano, braccia che cingevano i corpi avvinghiati uno agli altri  non si volesse lasciare soli la mamma, il padre, le sorelle e tutti gli altri parenti. Quasi si volesse il più possibile ritardare la partenza di quel carro funebre che aveva a bordo il corpo di un ragazzo troppo giovane destinato a dissolversi dentro la sala cremazione di Mantova.

Rosario Pisani

 

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