Cronaca

Rotary Cop, il questore Bonaccorso fa il punto tra sicurezza vera e presunta

Sulla percezione cinque volte superiore al pericolo reale: "Non è un calcolo matematico – ha risposto Bonaccorso -, la percezione dipende da tante cose. Sta di fatto che i reati diminuiscono ma la percezione si alza, e ciò è determinato dal tipo di criminalità".

SOLAROLO RAINERIO – Serata decisamente istituzionale quella di mercoledì per il Rotary Club Casalmaggiore Oglio Po, che ha avuto come relatore alla Clochette il Questore di Cremona Gaetano Bonaccorso. Con lui, al fianco del presidente del club Daniel Damia, erano seduti al tavolo di presidenza il Prefetto Paola Picciafuochi, il Comandante Provinciale della Guardia di Finanza Colonnello Antonino Costa e il Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Casalmaggiore Maggiore Cristiano Spadano.

Oltre a loro, erano presenti i sindaci di Solarolo Rainerio Gianpietro Zaramella e di Cingia de’ Botti Pierpaolo Vigolini, gli assessori ai Servizi Sociali di Viadana Alessia Minotti e di Casalmaggiore Gianfranco Salvatore, il Vicecomandante della Polizia Locale di Mantova Luigi Marcone e il Comandante della Polizia Locale di Viadana Doriana Rossi. Inoltre istituzioni rotariane: l’ex governatore Raul Tentolini, l’Assistente al Governatore Maurizio Mantovani, il Responsabile Azione Professionale del Distretto Giuseppe Torchio, il presidente del club Casalmaggiore Viadana Sabbioneta Elena Anghinelli, col predecessore Massimo Mori e il presidente del Rotaract Piadena Casalmaggiore Asola Marko Hajdari. E ancora, i presidenti dell’Inner Wheel Casalmaggiore Anna Maria Poli Sartori, del Lions Viadana Marina Malacarne, del Lions Casalmaggiore Daniela Brambilla e del Lions Sabbioneta Claudio Toscani.

Il tema della relazione del Questore Bonaccorso, originario di Messina, era la sicurezza, ed è partito raccontando la propria esperienza professionale: «Nel 1988 ero un giovane funzionario innamorato, come oggi, del mio lavoro. Chiesi di andare a Palermo per fare attività investigativa, e trovai una elevatissima qualità criminale. Mentre la polizia si muoveva sul piano repressivo, la comunità si sentiva estranea al fenomeno, paradossalmente aveva una percezione di sicurezza elevata». E il rapporto tra criminalità e percezione della stessa è un tema che ricorrerà nelle sue parole. «Dopo tanti anni in Sicilia, ho avuto il piacere di vedere la Cosa Nostra dei corleonesi definitivamente battuta: a Riina e Provenzano sono succeduti altri, ma l’era dei corleonesi è di fatto finita».

Poi Bologna: «Come dirigente del reparto mobile. Avevo dubbi sul trasferimento, ho trovato un territorio con problemi differenti. Sconfitto il terrorismo e Cosa Nostra, il problema erano le piazze. Si era nel 2004, e la criminalità non organizzata e politica aveva trovato il modo di infiltrarsi nelle tifoserie sportive. E qui la percezione di sicurezza non era elevata come avrebbe meritato. Abbiamo dovuto attendere la morte di Raciti perché la comunità e la politica prendessero coscienza del pericolo. Lì nacque una normativa che diede strumenti più efficaci e tutto cambiò profondamente».

Altro trasferimento: «Tornai all’attività investigativa dirigendo la squadra mobile di Genova, dove trovai quella criminalità organizzata che aveva compiuto quel passaggio intuito da Sciascia, dal sud al nord. Oltre a questo, trovai il fenomeno nuovo della criminalità diffusa e predatoria, un fenomeno percepito dalla comunità con effetti moltiplicatori per l’azione indiscriminata che fa sentire tutti in pericolo, mentre al contrario la criminalità organizzata era attenta a non far percepire il vero pericolo. Lo stesso fenomeno lo trovai nel 2011 a Padova, dove ero vicario del Questore e vivevo i problemi della città. Una realtà simile a quella cremonese. A Cremona sono arrivato da Questore (poco più di un anno fa, ndr). I numeri erano diversi per la dimensione ridotta del territorio ma anche qui la realtà era simile, con reati di tipo predatorio e una percezione di insicurezza molto elevata, anche 5 volte rispetto a quella reale».

Dunque Cremona e provincia percepiscono un pericolo molto maggiore a quello effettivo? «Il numero di reati è ragionevolmente basso, anche se i dati numerici servono soprattutto ai tecnici. Il nostro lavoro è repressivo, ma si lavora anche sulla percezione, quindi sul piano della prevenzione. La Polizia di Stato deve sentirsi parte della comunità, quindi non solo inseguire il ladro ma anche fare incontri con la gente comune, studenti e anziani, per percepirne i bisogni e trasmettere sicurezza. Noi siamo orientati in questo senso, la Polizia di oggi è diversa da quella che conobbi in Sicilia».

Dopo la relazioni, diverse domande sono state formulate dai presenti. La sensazione di insicurezza non nasce anche dal numero ridotto delle forze dell’ordine e dalle persone arrestate e presto libere? «Gli uomini – ha risposto il Questore – non bastano mai; certo il nostro sogno è di avere un angelo custode al fianco 24 ore al giorno, ma non è possibile. Quanto ai numeri, si lavora al meglio, anche utilizzando camper, unità mobili per far sentire la presenza della Polizia nei luoghi più caldi».

A Casalmaggiore manca il coordinamento che c’è a Cremona, la sinergia ovvierebbe ad alcune lacune. «Bisogna lavorare tenendo conto delle tante opportunità che le forze di polizia hanno, come il reparto prevenzione crimine. A Cremona c’è un’intesa straordinaria con Carabinieri, Guardia di Finanza e tutti gli altri soggetti. Certo la forza dei Carabinieri è nella presenza capillare grazie alle stazioni, ma il coordinamento tra noi e loro è stretto, e si traduce poi nei provvedimenti del Questore. Assieme abbiamo una forza straordinaria».

Un aspetto, questo, ribadito dal Prefetto Picciafuochi, che riveste appunto il ruolo di coordinatore: «Ci riuniamo una volta a settimana, a volte allargando gli incontri ai sindaci. Il coordinamento è buono, a Cremona viviamo in simbiosi, e non sempre è così. Quanto alla detenzione dei responsabili, non compete a noi». «Il miglior risultato – ha aggiunto Spadano – è quello che non si vede. Bisogna lavorare sulla prevenzione, non con effetti mediatici che hanno l’effetto moltiplicatore. Sulla sinergia sono d’accordo, tanto che le nostre proposte vengono sempre accolte dalla Questura. Sappiamo fare squadra».

Sulla percezione cinque volte superiore al pericolo reale: «Non è un calcolo matematico – ha risposto Bonaccorso -, la percezione dipende da tante cose. Sta di fatto che i reati diminuiscono ma la percezione si alza, e ciò è determinato dal tipo di criminalità. Quella predatoria produce aree di disagio, con la comunità che la identifica. Più che dare dati, serve magari di più illuminare un quartiere».

La criminalità più dannosa è quella dei colletti bianchi? «Anche la criminalità organizzata che operava in Sicilia lo faceva per soldi. La ndrangheta mantiene una immensa potenzialità economica. Spesso la criminalità va più veloce di noi che dobbiamo rispettare regole e compiere verifiche». Chiamato in causa dall’argomento, è intervenuto Antonino Costa: «Sono due gli strumenti che consentono di rincorrere gli strumenti del riciclaggio e dei colletti bianchi: la sinergia fra le istituzioni, non solo formale ma sostanziale, e gli accertamenti patrimoniali». A titolo esemplificativo, il Comandante Provinciale della Guardia di Finanza ha ricordato la recente Operazione Aemilia, con oltre 200 indagati proprio nel nostro territorio.

L’impatto del fenomeno migratorio sulla criminalità diffusa: «Non c’è un rapporto tra crescita criminale e clandestinità. Bisogna agire su chi determina alterazione dell’ordine e della sicurezza pubblica, e ciò avviene grazie alle espulsioni, fatte con il supporto di strutture investigative. La nostra squadra mobile lo fa, per questo noi abbiamo operato molte espulsioni».

Dall’arrivo di Bonaccorso a Cremona, sono aumentate le espulsioni “vere”, con accompagnamento alla frontiera o nei Cie (centri di Identificazione ed espulsione): «Il soggetto viene accompagnato al paese di origine solo se identificato con certezza, tenendo conto delle regole sulle limitazioni, ad esempio riferite a possibili atti persecutori. L’espulsione con accompagnamento nel paese di origine è frutto di un lavoro fatto a monte con attività preventiva. Poi c’è l’accompagnamento al Cie, col soggetto che è trattenuto per essere identificato in vista dell’espulsione. Queste al momento sono le normative, poi molto può essere fatto ma al di fuori dell’attività di polizia, come gli accordi coi paesi di origine. Ma possiamo compiere comunque un lavoro di qualità, ed è quel che abbiamo cercato di fare, operando una selezione della criminalità perché altera il senso di sicurezza in un territorio».

Vanni Raineri

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