La Lega si schiera per il No al Referendum: ecco i sindaci dell'Oglio Po al fianco di Fava
Penalizzata da uno squilibrio comunicativo a suo dire fortemente sbilanciato verso il governo, la Lega Nord adotta una formula consolidata per fare politica: parlare con i cittadini. “Ritorniamo a fare politica, partendo dai nostri amministratori, che è gente motivata sul territorio”.
MANTOVA – La Lega Nord scende in campo per dire NO al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre. Ad annunciarlo è l’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava, insieme a Maurizio Bosatra, commissario provinciale del partito, e ai sindaci e rappresentanti delle liste civiche che il Carroccio sostiene.
Fra i presenti alla conferenza stampa di questo pomeriggio, i sindaci Alessio Renoldi (San Martino dall’Argine), Carlo Alberto Malatesta (Marcaria), Giovanni Cavatorta (Viadana), Massimiliano Gazzani (Castelbelforte), Alessandro Sarasini (Commessaggio), e gli amministratori dei comuni di Cavriana (Matteo Guardini) e Guidizzolo (Chiara Cobelli). “Questa tornata referendaria si è trasformata in una battaglia elettorale – ha detto Fava – anche perché il primo che ha personalizzato il referendum è stato Matteo Renzi, il quale ha dichiarato: o con me o contro di me. Credo che sia sbagliato, perché la questione è molto più seria e ne va del futuro dei cittadini e dei territori”.
In termini di risparmio, elemento sul quale il governo spinge per illudere i cittadini, la riforma porterebbe un taglio dei costi della politica di appena 48 milioni all’anno. Lo ha specificato Maurizio Bosatra: “È l’equivalente di un caffè all’anno per ogni cittadino, anche meno, visto che siamo 60 milioni ed è la cifra che spende lo stato ogni 5 giorni per i clandestini”. Sintetizzando in uno slogan, il quesito referendario – criticato nella sua formulazione esageratamente populistica – potrebbe essere questo, ha affermato l’assessore lombardo: “Il cittadino deve scegliere tra la possibilità di confrontarsi con persone che sono espressione del proprio territorio e il numero verde dei centralini dei ministeri. Perché questo accadrà se passa questa riforma costituzionale mal scritta, in una perdita di autonomia e di potere decisionale dei territori. Basterebbe questo per votare convintamente NO”.
Penalizzata da uno squilibrio comunicativo a suo dire fortemente sbilanciato verso il governo, la Lega Nord adotta una formula consolidata per fare politica: parlare con i cittadini. “Ritorniamo a fare politica, partendo dai nostri amministratori, che è gente motivata sul territorio”. Un calendario di iniziative è già stato definito. Lo ha anticipato Maurizio Bosatra: “Vogliamo informare i cittadini sui danni potenziali di questa riforma e saremo a Sabbioneta lunedì 31 ottobre con l’onorevole Giorgetti e l’assessore Fava; il 15 novembre a Cavriana con gli assessori Fava e Garavaglia; il 17 novembre a Mantova con il senatore Calderoli; il 19 con gli alleati di centro destra a Borgo Virgilio; il 30 novembre terremo l’assemblea provinciale del partito a Goito con l’onorevole Grimoldi; il 1° dicembre ad Acquanegra con il senatore Centinaio”.
Appuntamento clou sarà la mobilitazione nazionale di sabato 12 novembre a Firenze. Il NO è fortemente motivato, secondo l’assessore Fava, dai rigurgiti centralisti che la riforma nasconde. “La Lombardia è il quinto Stato d’Europa per numero di abitanti – ha spiegato Fava – ma anziché favorire l’autonomia si vuola andare verso una centralizzazione, introducendo il meccanismo della clausola di salvaguardia, che porterebbe lo stato a decidere su tutto e con assoluta discrezionalità”. La sanità, fra le altre competenze, uscirebbe massacrata dalla centralizzazione romana. “Ogni anno Regione Lombardia matura un credito dallo Stato di circa 500 milioni di euro per prestazioni sanitarie erogate a non lombardi. Ci sentiamo dire che le decisioni dovrebbero essere prese dal governo centrale. Questo non va bene”.
Analoga situazione si avrebbe in materia di politiche ambientali. “Dove è intervenuta la Lombardia si sono portate a termine le bonifiche ambientali – ha sintetizzato – dove la competenza era dello stato non è stato risolto nulla. Non vogliamo mediazioni al ribasso, perché la Lombardia ha un ruolo di eccellenza e ne beneficiano territori e cittadini”. Massimiliano Gazzani (Castelbelforte) ha parlato di “referendum truffa per i cittadini, che prevede la costituzione di un fondo di perequazione con le risorse comunali che dovrà essere vincolato al sostentamento di altri enti in difficoltà”.
Per Giovanni Cavatorta (Viadana) “la Regione è rimasta l’ultimo ente che può interloquire e sostenere i Comuni, ma se con il referendum e la riforma costituzionale si tolgono competenze, si mettono in difficoltà quelle zone del paese che hanno usato l’autonomia per rimanere al passo con l’Europa. Il bicameralismo perfetto non deve essere superato in questo modo, serve al contrario una riforma che va verso l’autonomia”. Carlo Alberto Malatesta (Marcaria) ha parlato di “un insulto all’intelligenza della gente, già a partire dal requisito referendario”, mentre Alessio Renoldi (San Martino dall’Argine) ha evidenziato il pericolo dovuto anche al mix con l’Italicum, che prevede che “il partito che ha il 25% dei voti porta a casa il 55% dei rappresentanti alla Camera”. Con il Senato frutto di nominati fra consiglieri regionali e sindaci, secondo Alessandro Sarasini (Commessaggio), “si corre il rischio che gli amministratori svolgano male i loro compiti, per mancanza di tempo. E lo si vede con la Provincia di Mantova”.
Un referendum che, per Chiara Cobelli (Guidizzolo) “è stato spostato sul canale personale, mentre la riflessione porta a una bocciatura della riforma non solo su base personale, ma motivata nei contenuti”. Matteo Guardini (Cavriana) ha rimarcato l’orientamento di voti di sindaci e amministratori della Lega Nord. “Votare NO è cruviale – ha detto -. Perché questa riforma apre di fatto al commissariamento europeo. Quello che possono spendere i Comuni viene deciso a livello centrale nazionale, sulla base di parametri comunitari. Così di fatto i comuni sono impossibilitati a decidere, pur avendo gli enti virtuosi dei soldi a disposizione”.
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