Cronaca

Casette in golena, notificato ieri il primo avviso d'indagine preliminare

Paradossalmente nessuno di loro le ha costruite. "Le case risalgono a molti anni fa, la più vecchia - racconta Arcangelo - fu messa lì dall'amministrazione Rotelli. Un'altra era il ritrovo delle forze dell'Ordine"

 

 

 

 

 

 

CASALMAGGIORE – La notifica gli è stata consegnata. Direttamente dai vigili. “La persona – si legge nell’atto – viene avvertita che sono in corso indagini preliminari nei suoi confronti in ordine al reato di cui all’art. 31 c1 e 44 c1 DPR 380/2001 (il Testo Unico per l’edilizia, l’articolo 31 parla di interventi fatti in assenza di permessi di costruire e pena applicabile anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso, ndr) ed articolo 181 c1 bis dlgs n° 42/2004 accertato in Casalmaggiore, parco golena del Po, il 1° settembre, reato che potrà essere diversamente qualificato dall’autorità giudiziaria”. Un avviso d’indagine preliminare insomma. Il reato? Una casetta in golena, che non ha edificato ma che ha in gestione da una ventina d’anni. Arcangelo Pirovano, ex presidente della FICT (Federazione Italiana Canoa Turistica), uno che il fiume lo ama e lo vive da sempre, é abbattuto, e piuttosto preoccupato. Le pene previste per il reato sopra scritto sono piuttosto pesanti. L’articolo 44 del testo Unico per l’Edilizi, art. 44 c1 (quello notificato) parla di arresto fino a due anni e l’ammenda da 15.493 a 51.645 euro nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell’articolo 30. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso.

“Ho ricevuto la notifica dai vigili – spiega – del procedimento in atto. Il reato contestato è l’abuso edilizio. Dovrò nominarmi un avvocato”. A difenderlo sarà l’avvocato Paolo Antonini. Uno che quella zona e quelle case appoggiate al fiume le conosce bene. “Domani (oggi, per chi legge, ndr) saranno chiamati anche gli altri due che hanno in gestione le casette”.

Paradossalmente nessuno di loro le ha costruite. “Le case risalgono a molti anni fa, la più vecchia, quella chiamata la barca – racconta Arcangelo – fu messa lì dall’amministrazione Rotelli. Un’altra era il ritrovo delle forze dell’Ordine che venivano qui a passare qualche momento di tranquillità in compagnia tanti anni fa”. La zona dell’accesso al parco non è sempre stata così. “Quel che vedi – spiega – è frutto di tutta la terra ed i residui di lavorazione quando nel dopoguerra e negli anni successivi furono edificati i quartieri della città. Qui fu portata terra ed altro. Poi, chi vive la golena, ha piantumato e reso la zona così come la si vede adesso. Le piante del primo tratto le abbiamo messe noi”.

Qualcuno di quei manufatti ha una sua storia. Come quella della barca, il ritrovo delle animate riunioni serali dei verdi ambientalisti. “Sì, racconta Arcangelo, si ritrovavano lì, vicino al fiume a discutere”. Era il periodo più movimentista degli ambientalisti. A guidarli il compianto Umberto Chiarini. Riunioni fiume in cui si parlava, magari con una bottiglia di vino e un paio di fette di salame, sulle questioni ambientali dell’epoca. Ora tutto potrebbe essere cancellato. Formalmente nessuno dei tre é proprietario delle casette, le vivono, come le vivono da altre parti dove le costruzioni sono presenti. Le utilizzano e persone come Arcangelo puliscono le sterrate in caso di pioggia e di rami che vi si depositano. A prescindere dall’aspetto legato alla tutela, la vicenda legale comunque andrà avanti. O la ‘palafitta’, la meglio conservata tra le tre, che porta la memoria di gente di fiume che non c’è più. “L’avvocato mi ha detto che dovrebbe essere la proprietà di quei manufatti al limite a rispondere dell’eventuale reato, ma sarà difficile anche per il giudice risalire ai proprietari. Io sono un po’ più preoccupato”.

Il consigliere con delega al parco Orlando Ferroni fa una precisazione: “So già – spiega Ferroni – che diranno che ho fatto denuncia e la colpa è mia. Io da responsabile del Parco ho solo relazionato a suo tempo con l’ausilio di mio fratello su quello che andava fatto in termini di sicurezza. Da responsabile del parco, se poi succede qualcosa, sono il primo che vengono a cercare. Io non ho denunciato nessuno, vorrei fosse chiaro. Il comune ha la mia relazione. Poi io stesso sono favorevole a sfruttare almeno la struttura più a posto, la barca, magari per progetti legati al parco. Sediamoci attorno ad un tavolo, e troviamo una soluzione se possibile. Per la cronaca, avevo segnalato anche alcune cose che non mi sembravano a norma nella struttura della Baia, per quanto riguarda l’elettricità soprattutto. Poi credo lì sia stato tutto messo a posto, e comunque tutti i permessi, da quel che so, sono a posto”.

La baia è la costruzione recente, quella che ora accoglie il bar dentro la golena. E’ fuori dalla questione degli ‘abusi edilizi’. Quelle costruzioni al centro della vicenda legale però hanno almeno (la più recente), 25/30 anni sulle spalle. Chi le ha costruite, in tempi in cui la normativa non era quella attuale, non pensava certo ad un abuso. Era gente di fiume, cittadini casalesi. Gente che, come Arcangelo, ha sempre lavorato e promosso campagne per la salvaguardia della golena. Ma queste cose, per la legge, non contano nulla. Ora saranno la Procura e gli avvocati a discutere di quei manufatti sul fiume.

Nazzareno Condina

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