Fausto e Georgina, sport e integrazione: il miracolo abita a Casalmaggiore
«Don Paolo Antonini - afferma Stassano - è stato precursore di un concetto di comunità. La sua chiesa era quella di Papa Francesco, aveva una visione di comunità universale». Faustino e Georgina, due esempi calzanti di come l'integrazione a volte non sia facile, ma con la buona volontà si ottengano risultati straordinari.
CASALMAGGIORE – C’è un solo cremonese che parteciperà alle Olimpiadi di Rio de Janeiro. Anche stavolta come abbiamo visto è un casalasco, Eseosa Desalu, per tutti Fausto, anzi Faustino. Segno dei tempi che cambiano, si dirà, ma forse val la pena ricordare cos’era Casalmaggiore oltre vent’anni fa, quando la mamma di Faustino arrivò sola dalla Nigeria, portandolo in grembo. Che parallelo con la sfortunata Chimiary, la moglie di Emmanuel, ucciso a Fermo, anche lei partita dalla Nigeria incinta.
Era la Casalmaggiore di don Paolo Antonini, parroco del Duomo originario di Fossacaprara che già nel 1989 aprì nell’ex Collegio don Bosco di via Cavour la Casa dell’Accoglienza, poi passata in gestione alla Caritas che la ristrutturò (grazie al finanziamento della Fondazione Comunitaria della Provincia di Cremona) nel 2003, affiancandole il Centro Ascolto. Nel locale della parrocchia di Santo Stefano i primi ad arrivare erano vietnamiti, e tanti di loro si sono poi perfettamente integrati nel tessuto sociale del territorio. Poi è stata la volta degli africani, quel che non cambiava era la diffidenza, quando non l’ostilità, di tanti cittadini che vedevano in quegli immigrati la possibile causa di tante sciagure. La mamma di Faustino non è passata da quella casa, ha trovato un’umile sistemazione a Breda Cisoni. Faustino è nato all’ospedale Oglio Po, e oggi è l’orgoglio di un territorio. Anche se per diventare italiano, lui che la Nigeria non l’ha mai vista, ha dovuto attendere la maggiore età.
Qualche anno dopo a Casalmaggiore arrivò un ghanese con la figlia 12enne, Georgina, strappandola alla mamma rimasta in Ghana. Mamma cui la piccola era molto legata ma che da allora non ha più rivisto. Non può raggiungerla, pena il ricalcolo da zero dei 10 anni necessari per la cittadinanza. Il papà se ne andò in Germania lasciandola da un parente a Parma. Le forze dell’ordine la trovarono abbandonata per strada, e ad ospitarla fu una comunità di Sabbioneta. Raggiunta la maggiore età, dovendo abbandonare la struttura, è stata fondamentale la figura di Carlo Stassano, anima dell’Interflumina, punto di riferimento essenziale anche per Desalu.
«Don Paolo – afferma Stassano – è stato precursore di un concetto di comunità. La sua chiesa era quella di Papa Francesco, aveva una visione di comunità universale». Faustino e Georgina, due esempi calzanti di come l’integrazione a volte non sia facile, ma con la buona volontà si ottengano risultati straordinari. «Fausto – prosegue Stassano -, con la sua peculiare natura, è un caso a sé. Possiede una naturale bontà e sensibilità difficili da riscontrare. Ha saputo essere genitore della sua famiglia, oggi la mantiene sapendo pensare a sé e allo sport. E’ concentrato, ama gli amici ma è rigoroso nell’affrontare i suoi doveri. Per questo è una persona oggi al centro del progetto della sua Federazione, e delle Fiamme Gialle di cui è dipendente. Esplica questo suo dovere attraverso lo sport e lo fa al meglio. Il Centro Interflumina gli ha dato tanto, ma sapeva che tanto lui lo avrebbe restituito».
Il caso di Georgina Boateng ha un epilogo meno glorioso ma comunque positivo. «Chiusa la sua presenza in comunità, Georgina un anno fa era di fatto sulla strada. Voleva andare a Milano a fare la modella, ma ragionando con lei le abbiamo costruito un percorso simile a quello di Fausto, senza farlo pesare sulle istituzioni sociali. L’abbiamo sostenuta per un anno, e cercato un’occupazione per consentirle di avere autonomia. Nei giorni scorsi ha iniziato un lavoro, ma contemporaneamente ha trovato un fidanzato a Milano. Ha così trovato la sua serenità nella decisione di trasferirsi a Milano. Là ha trovato un nuovo lavoro in un negozio e dal prossimo anno gareggerà per la Bracco Atletica. Rimarrà con l’Interflumina sino a fine anno pur abitando già a Milano. Ma come persona è cresciuta, evitando i rischi. Dalla preoccupazione di aver fallito, maturo anche nel suo caso l’idea che sia stato un percorso positivo quello fatto dalla nostra società».
Due casi che spiegano la grande opera umana più ancora che sportiva di Carlo Stassano e quali soddisfazioni possa dare la solidarietà. «Siam tutti figli di Dio, perché dobbiamo essere così egoisti? Ho vissuto le vicende degli immigrati coinvolgendomi, e dico che se creiamo percorsi giusti e non speculativi (vediamo che c’è gente che lucra sui centri di accoglienza) otteniamo risultati importanti. Nel piccolo osservatorio della mia società di atletica ho vissuto questi due casi che confermano che si può far bene mettendosi in gioco, mentre se l’istituzione è solo di facciata non risolve niente».
Vanni Raineri