Cultura

Casalmaggiore e il suo Festival "porta sul mondo" per tre ragazzi iraniani: la loro storia

Un lavoro di diplomazia iniziato nei mesi scorsi con Vittorio Rizzi e il suo entourage e giunto finalmente a compimento poche settimane prima del via al Festival: che si è arricchito, per la prima volta al suo 20esimo compleanno, di un nuovo Paese, che mai prima d’ora aveva portato esponenti all’International.

Nella foto Farshid e Nader impegnati durante il corso di Composizione

CASALMAGGIORE – Per tutti è il Festival di Casalmaggiore. Da vent’anni a questa parte. Forse però per una storia come questa, occorre sottolineare soprattutto il terzo termine che accompagna la kermesse: International. Sì, perché per qualcuno la musica classica che si suona tra Santa Chiara, Casalmaggiore e le province di Cremona, Mantova e Parma, può davvero essere la chiave di volta, oltre che il primo passo alla scoperta del mondo.

L’Iran non è la Nazione più semplice del mondo nella quale vivere di questi tempi, e da diversi anni. Eppure da un paio di festival Farshid Samandari, compositore iraniano di stanza a Vancouver, è arrivato a Casalmaggiore per rapportarsi col top della musica classica giovanile (e non solo) a livello mondiale. “Questo è un festival – spiega il professore – che vale molto per tutti i suoi protagonisti, non solo per chi arriva dall’Iran. Abbiamo musicisti che escono dai loro paesi, dai loro piccoli studi musicali e possono imparare il confronto con culture diverse e con differenti modi di fare musica, senza scordare la possibilità di fare nuove amicizie. E’ un’apertura al mondo, al quale questi ragazzi presentano il proprio lavoro e la propria abilità. Casalmaggiore è un paese piccolo, ma racchiude in sé storia e cultura italiana tanto che, nella sua semplicità, ispira la creatività di questi ragazzi”.

Proprio da Farshid è partita l’idea di coinvolgere anche tre ragazzi iraniani. Ed è qui che la nostra storia, un piccolo miracolo, si compie. Perché per Nader Adabnejad, classe 1991, studente di composizione, Vida Shahrbabaki Mollashani, classe 1981, studentessa di violoncello, e Setareh Khabbaz Heidari, classe 1991, iscritta al corso di oboe, Casalmaggiore, il suo argine sul fiume Po, piazza Garibaldi, oltre ai tanti luoghi toccati dal Festival stesso, sono il primo contatto reale col mondo esterno che non sia l’Iran. Da lì, da quei confini, prima di questo luglio non erano mai usciti. “Casalmaggiore è una bellissima cittadina – spiega Nader – . E’ la mia prima volta al Festival e lo trovo molto professionale. Dal mio punto di vista voglio evidenziare l’importanza per i miei studi della classe di Composizione. La possibilità di essere qui a imparare si sposa con l’orgoglio dato dalla possibilità di ascolta alcuni brani scritti eseguiti da alcuni dei migliori musicisti del mondo”.

Un lavoro di diplomazia iniziato nei mesi scorsi con Vittorio Rizzi e il suo entourage e giunto finalmente a compimento poche settimane prima del via al Festival: che si è arricchito, per la prima volta al suo 20esimo compleanno, di un nuovo Paese, che mai prima d’ora aveva portato esponenti all’International, se si esclude la presenza di una collaboratrice che però già si trovava in Europa all’epoca della sua presenza a Casalmaggiore. Una svolta epocale, come spiega il direttore artistico del Festival Anne Shih. “Siamo molto felici di ospitare per la prima volta ragazzi dall’Iran – racconta Shih – . Questo è per il nostro Festival un passo importante, perché raggiungiamo un paese non semplice e doniamo a questi ragazzi la possibilità di vedere nella musica un’ancora di salvezza. Parliamo di ragazzi che hanno vite difficili nella loro nazione, che qui trovano il contatto con il resto del mondo oltre a grande qualità musicale: questo può offrire loro speranza a ispirazione. E anche noi che organizziamo questo Festival sentiamo di fare qualcosa di significativo: possiamo migliorare le loro vite, il loro futuro, abbiamo un obiettivo reale da raggiungere, che è fondamentale specie nel mondo incerto in cui viviamo”.

Intanto la kermesse continua, e soprattutto conferma tutta la sua qualità. Stupendo a volte, anche gli stessi protagonisti. “Siamo partiti davvero alla grande – spiega Angelo Porzani, presidente del Casalmaggiore International Festival – . Ci aspettavamo la qualità perché ormai è un dato indiscusso, ma anche noi siamo stati sorpresi dalla bellezza di quattro concerti in particolare, tutti serali e concentrati nella prima settimana, di altissimo livello: penso al Concerto inaugurale, all’esibizione di Georgy Tchaidze, al nuovo concerto nel cortile del Palazzo della Congregazione, un vero e proprio auditorium all’aperto riscoperto, oltre all’Abel Quartet che si è cimentato, tra tanti brani, pure con l’Everest della musica da camera, ossia l’Opera 132 di Beethoven. E siamo solo all’inizio”. L’inizio di una nuova storia anche per tre ragazzi usciti dall’Iran per la prima volta.

Giovanni Gardani 

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