Lambrusco Dop e Igp, passo deciso della Regione: Viadana e Sabbioneta interessate
Il consiglio regionale della Lombardia ha approvato nelle scorse ora una risoluzione del Movimento 5 Stelle, con Giampiero Maccabiani come principale relatore, perché questo vino, il Lambrusco appunto, venga tutelato nell’etichettatura.
MILANO – Nelle ore in cui la Francia chiede l’etichettatura di provenienza sul latte, e Coldiretti Cremona col presidente Paolo Voltini auspica che anche l’Italia presto faccia lo stesso per tutelare la qualità nostrana, ecco che un’altra eccellenza delle nostre terre si guadagna una chance in più sul mercato.
Parliamo del Lambrusco, un vino che in verità non è essenzialmente cremonese, ma trova le proprie radici nel territorio a cavallo tra Lombardia ed Emilia Romagna e dunque in quella zona di confine come il comprensorio Oglio Po, oltre che naturalmente nella provincia virgiliana. Il Lambrusco Mantovano Dop, giusto per fare il nome di uno dei prodotti interessati dalla novità che a breve sveleremo, viene prodotto in un’area geograficamente non vicinissima al Casalasco – si pensi ai comuni di San Benedetto Po, Revere o Poggio Rusco – che però arriva a coinvolgere anche Viadana e Sabbioneta, che invece con Casalmaggiore e la zona a sud-est della nostra provincia sono decisamente legati da storia, tradizioni e cultura al di là dei meri confini politici.
Ora, eccovi la novità della quale siamo in debito: il consiglio regionale della Lombardia ha approvato nelle scorse ora una risoluzione del Movimento 5 Stelle, con Giampiero Maccabiani come principale relatore, perché questo vino, il Lambrusco appunto, venga tutelato nell’etichettatura sia come vino a Denominazione di Origine Protetta che come vino a Indicazione Geografica Protetta. In soldoni, la giunta regionale deve essere attenta affinché il nome Lambrusco non venga più macchiato e utilizzato senza merito, per così dire, o in modo improprio da aziende che col vero lambrusco non hanno nulla a che vedere. 180 milioni di bottiglie e 570 milioni di euro stimati sul mercato, da tutelare anche nella via dell’export, che tocca il 63% della produzione.
No alla liberalizzazione selvaggia del nome Lambrusco, insomma, e il dato da evidenziare è che la risoluzione regionale è passata all’unanimità: non un successo politico di un solo gruppo, dunque ma, pur riconoscendo il merito dei 5 Stelle, che hanno sollevato il problema, uno scudo compatto e senza bandiere e cappelli. Dall’Unione Europea, intanto, qualche sentore positivo è già arrivato: manca però il nero su bianco, ossia un accordo e un regolamento chiaro e soprattutto scritto. Per questo l’approvazione della risoluzione in Regione è un passo decisamente importante.
Giovanni Gardani