L'aggressione rom a "Quinta Colonna": "Con noi due bimbi, ma non si son fermati"
L’episodio è stato inserito in un contesto di approfondimento del tema “nomadi”, come si evinceva anche dal titolo di quella specifica parte di trasmissione. Prima è andato in onda il servizio di Giorgio Sturlese Tosi, girato a Casalmaggiore lo scorso giovedì. Poi il racconto in studio.

CASALMAGGIORE – Hanno dovuto attendere parecchio i casalesi collegati lunedì sera con Rete 4 durante la trasmissione “Quinta Colonna”: soltanto verso mezzanotte infatti si è parlato di Casalmaggiore e in particolare dell’aggressione da parte di due rom stanziati al campo nomadi di via al Porto, che ha portato al ferimento di una giovane coppia e del padre della ragazza.
L’episodio è stato inserito in un contesto di approfondimento del tema “nomadi”, come si evinceva anche dal titolo di quella specifica parte di trasmissione. Prima è andato in onda il servizio di Giorgio Sturlese Tosi, girato a Casalmaggiore lo scorso giovedì. Il sindaco Filippo Bongiovanni, intervistato dall’inviato nel suo studio, ha spiegato che “nel 2008 è arrivato un finanziamento da 265mila euro per questo villaggio di accoglienza, che è poi stato aggregato a un progetto da 40mila euro. Dei nomadi presenti al campo, dieci hanno un contratto a tempo indeterminato, mentre alcuni hanno precedenti e obbligo di firma”. Bongiovanni, incalzato dall’inviato, ha poi spiegato che “vi sono obblighi di rispetto reciproco che i nomadi che vivono in quel campo hanno firmato”, spiegando altresì che chi ha precedenti o si rende protagonista di fatti di cronaca non perde comunque il proprio diritto a restare stanziato nella struttura.
Successivamente l’inviato si è spostato proprio nel campo nomadi: “Tutti lavorano qui?” ha chiesto ad uno dei sinti. E la sua risposta affermativa è stata successivamente negata da alcune testimonianze di altre persone stanziate al campo. Qualcuno ha provato a ricostruire la vicenda, senza molta precisione in realtà, qualcun altro ha spiegato che sarebbero stati i due giovani parmensi poi aggrediti a provocare, mentre c’è chi ha avanzato l’ipotesi che i due aggressori avessero bevuto qualche bicchiere di troppo. “C’è una persona con 90 giorni di gesso”, ha spiegato l’inviato. “E’ una finta, lo fa per speculazione e per i soldi”, la risposta di uno dei sinti presenti.
In studio Giuseppe Bullaro, con tanto di gesso per la frattura del perone subita appunto nell’aggressione del 28 maggio, era accompagnato dalla moglie Simona Banghi e i due, intervistati dal conduttore Paolo Del Debbio, hanno raccontato l’episodio. I due ragazzi giovani (la figlia della coppia e il suo compagno) erano a mangiare presso un ristorante di Casalmaggiore e stavano raggiungendo Giuseppe e Simona per un caffè. La via poco illuminata alla quale fanno riferimento è probabilmente via Porzio. Qui, mentre il giovane al volante accostava per un attimo per mettersi gli occhiali, è sopraggiunta da dietro un’auto a forte velocità, a tutto clacson e con gli abbaglianti accesi. Era l’auto dei due nomadi, che ha bloccato i due giovani in modo che il loro mezzo non riuscisse a muoversi, mentre i due hanno iniziato a prendere a calci la carrozzeria. “Erano presenti anche una bambina di 5 anni e un bambino di 9 anni – ha spiegato Simona Banghi – e con noi c’era un carabiniere in borghese che si è identificato più volte, ma non è servito a placare la loro furia”. In particolare Giuseppe Bullaro si è avvicinato per difendere i due ragazzi ed è stato scalciato alla schiena. Poi, cadendo, ha subito la frattura del perone perché uno dei due nomadi ha tenuto il piede sulla sua caviglia, durante la caduta.
Due i dati emersi: i nomadi coinvolti erano quattro, ossia due ragazzi (entrambi con precedenti) con le rispettive compagne, anche se soltanto i due uomini sono stati interrogati. Tre di questi sono alloggiati al campo di via al Porto, mentre uno vive nelle case popolari. “Mentre facevamo denuncia – ha spiegato Simona Banghi – ne abbiamo visto uno in caserma per l’obbligo di firma”. In secondo luogo, con amarezza, Simona e Giuseppe hanno evidenziato come nessuno, da un vicino bar, si sia mosso per fare qualcosa. “Capiamo la paura, ma in questo caso ha vinto l’omertà”.
Giovanni Gardani