Progetto Hospice, prima riunione: ora si fa sul serio. "Una casa sul modello anglosassone"
L’hospice è il livello residenziale destinato a questi pazienti, e se a Cremona e Crema è da tempo realtà, Casalmaggiore non ne è fornita, e nemmeno il Viadanese. Una situazione cui porre rimedio, ne sono consci da tempo i vertici dell’Asst cremonese (e prima dell’Asl) e ovviamente i medici dell’ospedale Oglio Po.
VICOMOSCANO (CASALMAGGIORE) – Le cure palliative non sono cure inutili, sono anzi una risorsa oggi imprescindibile per offrire un buon livello di servizio ospedaliero. La cura del dolore consente ai pazienti di affrontare la parte più difficile, e conclusiva, della loro vita, quando i trattamenti specifici non riescono più a scalfire la malattia. In questi casi il controllo del dolore del paziente, l’assistenza negli aspetti psicologici e spirituali, è di grande importanza. Si tratta in pratica di garantire ai cittadini non una morte accelerata, ma il mantenimento di una dignitosa qualità della vita fino alla morte.
L’hospice è il livello residenziale destinato a questi pazienti, e se a Cremona e Crema è da tempo realtà, Casalmaggiore non ne è fornita, e nemmeno il Viadanese. Una situazione cui porre rimedio, ne sono consci da tempo i vertici dell’Asst cremonese (e prima dell’Asl) e ovviamente i medici dell’ospedale Oglio Po.
Qualcosa sta cambiando però, tanto che in una riunione che si è svolta giovedì sera tra le varie associazioni del territorio si è affrontato il progetto per la realizzazione di un hospice a Casalmaggiore, per la precisione a Vicomoscano, vicino ma non all’interno dell’ospedale, in una struttura da realizzare ex novo nel parco dietro l’ospedale (guardando dal parcheggio). Una prima bozza di progetto è stata fatta dall’associazione MEDeA (Medicina e Arte) di Cremona, che opera da 13 anni e sostiene con varie iniziative l’assistenza oncologica dei pazienti e dei loro familiari grazie all’apporto di tanti volontari. MEDeA ha sede proprio presso il Day-Hospital Oncologico dell’Ospedale di Cremona ed è lei che ha chiamato a raccolta le associazioni del Casalasco-Viadanese per verificare la possibilità di sostenere un progetto ambizioso come questo.
L’incontro di giovedì si è svolto alle ore 21 nell’aula riunione dell’Ospedale Oglio Po. Oltre a MEDeA presieduta da Donatello Misani, e il dottor Rodolfo Passalacqua primario di Oncologia a Cremona (da lui partì la prima proposta), erano presenti esponenti del Gruppo Vicini di Viadana, dell’Associazione Amici dell’Ospedale Oglio Po, di Andos, di Cisvol, dei Rotary Club e dei Lions del territorio, della Croce Rossa e altri. Ai presenti è stato illustrato il progetto redatto dallo studio Architettura Fabbi e Passalacqua, che trae ispirazione dai Maggie’s center anglosassoni presenti a Glasgow, Lanarkshire e West London, mentre il primo del genere realizzato in Italia è il Seragnoli di Bologna. Sono edifici che non richiamano la realtà ospedaliera, ma soggiorni informali, con biblioteche e zone soggiorno immerse nella luce, che sono in grado anche di ospitare concerti e altri eventi.
Il progetto prevede la realizzazione, a nord dell’ospedale nei pressi di un boschetto di pioppi, di 12 appartamenti suddivisi in due nuclei, con spazio per un amico o parente. L’obiettivo non è creare un reparto di ospedale, ma un luogo accogliente che faccia sentire il malato a casa propria, che sia anche luogo aperto che incoraggi la socializzazione. Sono personalizzati: tutte le camere si affacciano sul verde, e si arredano a piacere, anche con mobilio proprio. E’ presente il cosiddetto canocchiale, un corridoio che tramite le vetrate consente di osservare il giardino terapeutico e la serra attorno, una specie di giardino d’inverno.
Il presidente di MEDeA Misani è fiducioso sul buon esito dell’operazione anto attesa: «La reazione delle associazioni mi è sembrata positiva. Siamo ancora alla fase embrionale, ma anche se fossimo rimasti soli non avremmo mollato. Verbalmente abbiamo registrato diverse disponibilità, e siamo d’accordo nel ritrovarci tra 10-15 giorni per approfondire il progetto. Non vogliamo chiamarlo hospice, questo è importante sottolinearlo, perché il paziente dovrà sentirsi come a casa: troveremo un nome che dia l’idea di una residenza lontana da quella ospedaliera».
Si parla di un progetto di due milioni di euro circa, cifra che potrà scendere grazie alla disponibilità di imprenditori e professionisti. L’assenza nel territorio di una struttura di Hospice obbliga oggi i malati a trascorrere le ultime settimane di vita al ricovero in strutture non specializzate e prive di assistenza specifica. Ciò comporta il difficoltoso controllo dei sintomi e del dolore per l’assenza di personale esperto in cure palliative, la difficile continuità di cura con i medici di famiglia, l’assenza di una rete di cure palliative integrata con l’Oncologia e il territorio.
Ad oggi sono presenti nell’Asst di Cremona 44 posti letto, e altri 14 nell’Asst di Crema. Una situazione soddisfacente (come noto, il primo obiettivo è oggi curare il paziente nella sua abitazione, laddove possibile), specie considerando quanto avviene nel resto d’Italia (d’altra parte va ricordato che nell’Ospedale di Cremona fu attivata, prima in Italia, una sezione di Terapia del Dolore e Cure Palliative), ma che ha dimenticato il Casalasco e il Viadanese. Oggi si cerca di rimediare alla dimenticanza, ben sapendo che da parte di tutti sarà richiesto uno sforzo di solidarietà. Che in realtà da noi non ha mai fatto difetto.
Vanni Raineri-Giovanni Gardani