Cronaca

Ospedale Oglio Po, la Regione chiede deroga per tenere aperto il punto nascite

La Regione intende utilizzare una molla campanilistica: le nascite sono cioè diminuite non soltanto per il calo demografico generalizzato e per una tendenza di questo tipo, ma perché si è assistito anche a una migrazione extra regionale.

CASALMAGGIORE – Non è una novità formale ma può essere considerata sostanziale, specie in tempi burrascosi per la Sanità regionale dopo l’ultimo terremoto: un punto fermo per Casalmaggiore dal quale è possibile una ripartenza. Tra i problemi che l’ospedale Oglio Po si ritrova ad affrontare, il nodo cruciale per il futuro dello stesso nosocomio, o meglio di una delle sue strutture dunque dei servizi (tra i principali) offerti, riguarda il punto nascite. Prima un piccolo riferimento legislativo: va infatti ricordato che il decreto del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin prevede che laddove non si raggiunga il numero di 600 nascite annuali, lo stesso punto nascite venga smantellato. Negli ultimi tre anni l’ospedale Oglio Po, dove all’incirca nascono 450 bebè ogni dodici mesi, è andato in deroga e così non ha avuto problemi di chiusura. La deroga però, come è altrettanto noto, dura al massimo tre anni, e non va oltre.

Possono esservi delle eccezioni? Potrebbero, e il condizionale in sé non basta a rassicurare. Tuttavia le ultime novità ufficiose, in attesa di una richiesta che diverrà ufficiale nelle prossime settimane, rivelano che la Regione Lombardia chiederà al Ministero una ulteriore deroga per l’Oglio Po. Lo ha riferito l’assessore Gianni Fava, che non ha la Sanità nelle sue competenze, ma è vicino al territorio del comprensorio del quale è originario, dopo un colloquio con il governatore Roberto Maroni. Per farlo, la Regione intende utilizzare una molla campanilistica: le nascite sono cioè diminuite non soltanto per il calo demografico generalizzato e per una tendenza di questo tipo, ma perché si è assistito anche a una migrazione extra regionale. Si va a partorire cioè, in molti casi, nella vicina Emilia Romagna (si pensi a Parma o a Guastalla, per fare due esempi). Da qui la decisione di Regione Lombardia di fare leva sulla volontà di tenersi in casa nuove puerpere e nuovi bebè: un nodo cruciale per il punto nascite di Vicomoscano, che del resto è il simbolo di un territorio da sempre di passaggio e a metà tra due regioni e ben quattro province.

Giovanni Gardani 

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