Avanim, quelle pietre allegoriche che parlano alla nostra memoria
Uno spettacolo semplice nell’idea di partenza e complesso nella serie di rimandi che propone, con l’allegoria della Shoah, ma anche della società contemporanea, persa tra televisione, sport, isteria collettiva.
CASALMAGGIORE – Non si diventa uno dei dieci spettacoli migliori del mondo, premio riconosciuto universalmente dalla critica teatrale, per puro caso. Ed in effetti “Avanim”, o Stones nel titolo inglese, che in italiano si traduce in pietre, non ha deluso gli oltre 250 spettatori accorsi martedì sera al Teatro Comunale di Casalmaggiore per celebrare il giorno della Memoria unendo cultura, storia e ricordo.
Uno spettacolo semplice nell’idea di partenza e complesso nella serie di rimandi che propone, con l’allegoria della Shoah, ma anche della società contemporanea, persa tra televisione, sport, isteria collettiva e cedimento alla morale della moda e del commerciale. Di fatto la storia degli ultimi 60 anni del Novecento raccontata da un gruppo di origine israeliana, gli Orto-Da, che per illustrare assonanze, richiami e simbologia del loro spettacolo hanno pure incontrato, nella mattinata di martedì gli studenti del Polo Scolastico Romani di Casalmaggiore, ospiti poi alla serata.
Non mancavano pure le autorità civile, con il sindaco Filippo Bongiovanni e l’assessore alla Cultura Pamela Carena nel palco reale, per osservare un percorso basato su musiche, più che su dialoghi, su mimiche più che su interscambi verbali, con l’utilizzo di suoni, rumori e canzoni – alcune anche conosciutissime come “We will rock you” dei Queen o come la colonna sonora de “La vita è bella” di Nicola Piovani, non a caso premio Oscar – partito dal monumento scolpito da Nathan Rapoport in memoria delle vittime dell’Olocausto e dei residenti del Ghetto di Varsavia. Un monumento che nel 1948, dunque a guerra finita, venne posto all’ingresso del ghetto stesso.
Il riferimento di poco al film di Roberto Benigni, peraltro, non è casuale: perché nello spettacolo “Avanim” non sono mancati i momenti comici e di clownerie, volti però sempre a stimolare la riflessione. Un riso amaro, quando non tragico e drammatico, insomma. Tutto stagliato su quel monumento, che prende vita e spiazza, quando accosta il calore di una doccia, perfettamente mimato grazie al suono, al fuoco mortale dei forni crematori, chiarissimo riferimento alla morte di milioni di ebrei nei campi di sterminio. Senza scordare il riferimento anche al fenomeno dei profughi, simili per concetti agli ebrei a caccia della Terra Promessa.
O ancora, il j’accuse diretto alla società di oggi, quando con volti di capre e pecore, gli attori israeliani, una compagnia di sei personaggi diretta da Yinon Tzafrir e Daniel Zafrani, si perdono nello zapping televisivo e nella celebrazione modaiola del marchio commerciale (uno su tutti, la Coca Cola). Un monito perché, rimbambiti dai media, possiamo comunque scongiurare la dimenticanza: il Giorno della Memoria passa soprattutto da lì.
Giovanni Gardani