Una nutria ogni tre persone: Coldiretti lancia l’allarme
CREMONA – “Esprimiamo grandissima preoccupazione di fronte a un fenomeno che è in continua e rapidissima crescita, mentre si contraddistingue purtroppo per estrema lentezza la capacità delle Istituzioni di intervenire facendo fronte a questa emergenza. Nella lotta alla nutria assistiamo ad ulteriori, incomprensibili cambi normativi, come l’ultimo che torna a porre la nutria fra le specie da controllare con le leggi sulla fauna selvatica, rendendo di fatto vani i nuovi piani d’abbattimento tesi a fornire strumenti adeguati per l’eradicazione. E intanto la popolazione di nutrie nelle campagne aumenta, insieme ai danni, che si fanno sempre più diffusi e gravi. Danni all’ambiente, alle colture, alle strutture, accompagnati da gravi rischi per la salute delle persone, nonché per la sicurezza sulle strade”. Paolo Voltini, Presidente di Coldiretti Cremona, commenta così i dati della recente ricerca del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pavia, secondo cui in provincia di Cremona si conta almeno una nutria ogni tre persone (rispetto a una media regionale di una nutria ogni dieci persone, con record negativo per Lodi e Mantova, dove si arriva a un esemplare ogni due abitanti).
La proliferazione incontrollata porta le nutrie a spingersi anche nei centri abitati, oltre a ridurre a colabrodo le sponde dei canali e a devastare i campi. Secondo l’università di Pavia bisognerebbe riuscire a eliminare più di un milione e 400 mila esemplari per risolvere il problema. Ma – spiega Coldiretti Lombardia – si tratta di numeri enormi rispetto alle risorse disponibili e rispetto a una normativa nazionale che non fa chiarezza sulla libertà di azione legata ai progetti di intervento degli enti locali. “Si tratta di una vera e propria emergenza – spiega Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti Lombardia – alla quale bisogna rispondere con un piano nazionale di contenimento e con una collaborazione a livello interregionale, considerato che si tratta di animali che si sono diffusi in prevalenza nelle umide pianure del nord Italia”.
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