Agnelli e le difficoltà
del manifatturiero
spiegate al Rotary Poc
Nella foto l’ingresso di Tripodi e il tavolo dei relatori
SOLAROLO RAINERIO – Col fratello Baldassarre, Paolo Agnelli guida l’omonimo Gruppo giunto alla quarta generazione (ha passato il secolo di vita), che comprende 13 aziende ed è leader nel settore dell’estrusione dell’alluminio e delle pentole professionali. La produzione che esce dallo stabilimento bergamasco è di una qualità tale che non conosce concorrenza sul mercato. Anche per questo il fatturato è raddoppiato in tre anni, per tanti di crisi profonda. Tra l’altro lo stesso Paolo Agnelli nel 2012 ha fondato e presiede Confimi (Confederazione delle Industrie manifatturiere italiane e dell’impresa privata, alternativa a Confindustria), cui aderiscono 28mila imprese per 410mila addetti, con un fatturato aggregato di oltre 71 miliardi di euro. Chi meglio di lui poteva intervenire sul tema “Come fare impresa oggi in Italia”?
E’ accaduto nell’ambito di una conviviale del Rotary Club Piadena Oglio Chiese che si è tenuta alla Clochette. Accanto a lui il presidente del Club Antonio Morini e in rappresentanza di Cofimi Cremona il presidente Alberto Griffini e la direttrice Paola Daina. In apertura di conviviale il Club ha introdotto ufficialmente un nuovo socio, l’avvocato Gianfranco Tripodi, presentato da Beatrice Oppi. Come si salva il manifatturiero italiano, ha chiesto Morini?
«La voglia di fare impresa c’è ancora – ha esordito Agnelli – ma questa voglia te la fanno passare. Da inizio crisi hanno lasciato chiudere 600mila imprese medie e piccole e nessuno ha battuto ciglio. Per questo milione di lavoratori nessuna notizia eclatante, al contrario dei grandi gruppi, come per le centinaia di imprenditori suicidati. Alle multinazionali non interessa lo stato della nostra economia, guardano al mercato che può essere coperto dalle loro esportazioni. La manifattura sparirà perché qualche luminare ha detto che non è più italiana. In Usa la difendono, qui la danno per spacciata, da qui le normative abbandonate e le decisioni contro il fare impresa in Italia. Il costo dell’energia è dell’83% più alto rispetto alla media europea. A ciò si aggiunge l’elevato costo del lavoro e il netto al dipendente è il più povero. Di conseguenza grandi costi e scarso consumo interno. E’ difficile avere finanziamenti per gli accordi di Basilea, insomma le condizioni per fare impresa sono durissime. Esportiamo bene per il quantitative easing di Draghi. Nonostante questo, e la svalutazione, il nostro pil aumenta solo dello 0,9% quindi c’è depressione. Non possiamo andare avanti con questa disoccupazione. Lo Stato non difende le piccole medie imprese al contrario di quel che accade altrove. E’ anche colpa nostra, le associazioni dov’erano? Confindustria è mantenuta dallo stato quindi il corpo intermedio che deve essere libero di competere è finto. L’impresa non ha riferimento a un proprio sindacato. Confapi da parte sua si è spenta in sporche faccende, allora ci siamo impegnati noi».
Quattro federazioni ex Confapi (Venezia, Vicenza, Bergamo e Modena) hanno creato Confimi, poi si è unita anche Cremona. «Noi – prosegue Agnelli – abbiamo rovesciato la piramide, siamo minimalisti a Roma e seguiamo bene le aziende. A Roma più che disonestà abbiamo trovato ignoranza, anche se la ministra Boschi è molto preparata. Imprenditori e operai sono rimasti vittime. Le grandi imprese possono andare all’estero per sfruttare opportunità, mentre fare impresa qui e difficile serve cambiare. Ma è difficile modificare le cose, comandano i burocrati di stato, a Roma se vuoi qualcosa vai dai dirigenti ministeriali che fanno lobby. Sono d’accordo con Renzi quando dice basta concertazioni, serve decisionismo anche a costo di minor democrazia».
Tornando alle multinazionali, chiediamo ad Agnelli, il vostro Gruppo ha saputo svincolarsi dalla necessità di dipendere da loro per le importazioni di bauxite. «Mio nonno nel 1905 portò in Italia l’alluminio, e le multinazionali ricattavano l’azienda. Tre anni fa abbiamo acquistato una fonderia a Brescia e siamo passati all’alluminio da riciclo: raccogliamo rottami nel mondo e arriviamo alla lega pura. Da agosto inoltre è attiva una nuova produzione di alluminio per pressofusione, quindi oggi siamo svincolati dal potere delle multinazionali».
Sembra anche che presto approderete in borsa. «Siamo proiettati verso i 220 milioni di fatturato quindi vogliamo costituire una holding poi portarla in borsa per poter attingere dal mercato». Chiusura sul tema giovani. «Oggi chi vuole lavorare deve andare all’estero. Il 43% di disoccupazione giovanile è un dramma. Servono 17 milioni di posti di lavoro per garantire le nostre pensioni, ma posti di lavoro, non lavoratori».
Vanni Raineri
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