Adrenalina Ac/Dc,
le emozioni “casalasche”
di chi era a Imola
Nella foto il palco a Imola e i tre ragazzi casalaschi prima dell’evento
IMOLA – Più che un concerto, un vero e proprio evento. Quasi certamente un appuntamento che resterà scolpito in questa estate italiana pure costellata di artisti e di note nei più grandi stadi dello Stivale. Ebbene, giovedì l’appuntamento non era in uno stadio di calcio, ma nel circuito di Formula Uno di Imola, e ha richiamato ben 93mila persone. Questo, almeno, il dato ufficiale, ma c’è chi giura che fossero molti di più, chi esagera parlando di 130mila fans: quale che sia la verità, il succo del discorso è che il concertone degli Ac/Dc, da più parti definiti come la miglior band della storia del rock mondiale, non poteva lasciare indifferenti gli appassionati, appartenenti peraltro alle più svariate generazioni. C’è chi ha visto nascere il fenomeno degli Young e chi magari ha ricevuto questa passione come una sorta di trasmissione ereditaria.
Tra i 93mila di Imola almeno una trentina i fan partiti dal comprensorio Casalasco-Viadanese. Pochi però hanno avuto la fortuna di entrare nel cosiddetto “Pit A”, una sorta di area riservata fronte palco che gli Ac/Dc concedono, mediante l’applicazione di un particolare braccialetto, a chi prima arriva al concerto. Tra questi anche Raphael Castoldi, di Casalbellotto, Massimo Pezzani, di Ponteterra, e Francesco Paternieri, di Brugnolo. Tre ragazzi da tre diverse frazioni del nostro territorio per sentirsi al centro del mondo per una notte. E’ Raphael a raccontare un’esperienza indimenticabile, anche perché per lui è stato il primo concerto dal vivo di un gruppo che ha sempre adorato, pur ascoltandolo solo alla radio o su cd. “Siamo partiti alle 8.30 da Parma, con un pullman organizzato: i biglietti li avevamo presi mesi prima, dato che sono esauriti, non appena messi in vendita, in un quarto d’ora appena. Era l’unica data italiana, del resto, e gli Ac/Dc non tornavano da noi dal 2010, quando si esibirono a Udine. Personalmente sono stato fortunato: ho acquistato a prezzo di vendita, 90 euro, il biglietto da un amico che non poteva più andare. Di sicuro non mi sono pentito della scelta”.
Nemmeno quella di partire in pullman. “Molti ragazzi da Casalmaggiore e da Viadana si sono mossi in auto. Noi andando in pullman siamo arrivati alle 10.30 a Imola, senza trovare particolare traffico e siamo entrati quasi subito dopo l’apertura dei cancelli alle 13.30. C’era gente che ha dormito a Imola ed era lì da ore, ma noi tre siamo riusciti a entrare comunque nel “Pit A”, con quello che abbiamo ribattezzato subito braccialetto del potere”. Impressione extra-concerto? “Beh, la marea umana del Rivazza ti resta negli occhi. Facevi fatica a muoverti e ovunque di girassi vedevi un oceano di persone, tant’è vero che la sicurezza ha creato un piccolo corridoio per i mezzi di soccorso nel caso vi fossero emergenze. Secondo me eravamo molti più di 90mila, ma per motivi di ordine pubblico la cifra comunicata ufficialmente è stata questa”.
Emozioni sul concerto, che è passato dalle ultime hit dell’album “Rock or Bust” ma ha soprattutto regalato i grandi classici del gruppo? “Tre momenti, molto particolari: l’inizio con i fuochi d’artificio, il finale con gli spari dei cannoni, e senza dubbio l’assolo di Angus Young: ci siamo tolti lo sfizio, abbiamo voluto cronometrarlo, anche perché è uno dei momenti da sempre più attesi ai concerti degli Ac/Dc. Ebbene, ha tenuto il palco e suonato ininterrottamente la sua chitarra per 19 minuti. Bestiale”. Un’esperienza da ripetere, nonostante il travaglio che ha accompagnato la band con le assenze di Malcolm Young, affetto da demenza senile e sostituito dal nipote Stevie, e del batterista Phil Rudd, ai domiciliari per possesso di stupefacenti e sostituito da Chris Slade. “Ma se ci fosse un altro concerto domani, correrei subito a prendere i biglietti. Certo, tornare al lavoro il giorno dopo, con l’adrenalina in circolo e poche ore di sonno è stata dura”. Ma per quei diavoli degli Ac/Dc questo ed altro…
Giovanni Gardani
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