Cronaca

“La Chiesa in trincea”
di don Bignami
presentato al Rotary

Nella foto, don Bruno Bignami alla conviviale Rotary

SOLAROLO RAINERIO – L’ultimo libro di don Bruno Bignami, intitolato “La Chiesa in trincea”, è stato al centro dell’ultima conviviale del Rotary Club Casalmaggiore Oglio Po. Conviviale che si è aperta con l’ingresso di un nuovo socio, Francesco Maldera, che è stato introdotto da Luigi Borghesi, il quale lo ha presentato come collega per tanti anni presso l’ospedale Oglio Po. Maldera è un medico radiologo, che dopo il pensionamento dal pubblico oggi esercita la professione in strutture private. Un profndo conoscitore delle criticità locali, e forte sostenitore del mantenimento presso il nostro territorio dell’attuale rete ospedaliera.
Il presidente Carlo Stassano ha quindi introdotto l’ospite, don Bignami, in una platea composta tra gli altri da don Cesare Nisoli, parroco di Santo Stefano a Casalmaggiore, don Vincenzo Rini, direttore di Vita Cattolica, e don Massimo Sanni, vicario di Piadena.
Don Bignami, assai noto per i suoi molteplici incarichi di scrittore e docente, oltre che di presidente della Fondazione don Primo Mazzolari, ha parlato del libro che non illustra solo l’impegno dei tanti preti impegnati nella Prima guerra mondiale, ma anche l’impatto che questa ebbe sulla Chiesa. Come è scritto nel libro, “su almeno due questioni la Prima guerra mondiale ha chiesto alla Chiesa di ripensarsi: il teorema della “guerra giusta” e il rapporto con il mondo”.
Sulla prima questione don Bignami ha ricordato la profezia di papa Benedetto XV, che parlò di “inutile strage”, proprio il papa che diede inizio all’opera di dialogo e di diplomazia della Santa Sede. Le chiese nazionali però erano allineate con gli stati, per una guerra giusta che serviva a difendere posizioni e territori da annettere.
«Quella chiesa in lotta con la modernità – ha affermato l’autore – si trova a respirarne a tal punto il clima da non rendersi conto che i ragionamenti delle varie chiese erano frutto di quella stessa modernità, e dell’idea di un nazionalismo forte. Quella chiesa che doveva pensare in termini universali si trovò invece a difendere il particolare». A seguire il ricordo del cremonese Miglioli, unico cattolico in Parlamento a votare contro l’ingresso in guerra. «Capì che era una guerra nuova, pagata dai figli della classe meno abbiente. Era un neutralista, allineato col papa». Ma non coi tanti vescovi e parroci, tra i quali anche don Mazzolari: «Era interventista, convinto com’era della guerra breve, in grado di portare giustizia per poi ripartire». La chiesa dunque si allinea, l’esercito comprende il vantaggio e Cadorna reintroduce la figura del cappellano militare.
Sulla secondo questione, don Bignami ricordò come alla guerra parteciparono molto ecclesiastici, non solo cappellani militari ma preti reclutati nella sanità e anche tanti seminaristi in prima linea (solo dal ’29 gli ecclesiastici furono esentati dal servizio militare).
«In un mondo di analfabeti, i preti avevano gli strumenti per leggere quel che avveniva, un evento drammatico per tutti come ho avuto modo di leggere dalle loro lettere, tanto che molti seminaristi non rientrarono in seminario, molti preti furono in difficoltà e ripensarono al proprio ruolo. Tra questi, lo stesso Mazzolari che non volle più insegnare in seminario ma stare in mezzo alla gente. Quella separazione che c’era tra mondo e chiesa svanì».
Bignami ha ricordato poi la figura del prete di Cingia don Annibale Carletti, che come altri portò i suoi soldati verso la conquista (i cappellani avevano il grado di tenente e in casi di emergenza erano i più alti in grado). La guerra fu un dramma per la coscienza di quei preti, tra i qulai si trovava anche il futuro papa Giovanni XXIII. La riposta che diede la Chiesa fu una sorta di pulizia per rimuovere la polvere mondana con esercizi spirituali. Una spolverata che non bastò. Ben 150 preti, sconvolti dalla guerra, non furono riammessi.
Aveva dunque ragione il papa, era una inutile strage. «Una guerra che ho osservato dal di dentro, in modo realistico e concreto. Le narrazioni dei preti in quella guerra diventata di trincea furono profonde».
Rispondendo ad alcune domande dei presenti, Bignami ha sottolineato come dopo la Seconda guerra cambierà tutto per la chiesa. Secondo l’enciclica “Pacem in terris” (’63) la guerra in tempo di armi atomiche non può essere un mezzo di risoluzione dei conflitti, e ancora più in là si andrà con la “Gaudium et spes” (’65).
Don Rini ha fatto un parallelo con le parole male interpretate di papa Francesco sulle uccisioni di cattolici da parte di fondamentalisti islamici: «Ha detto che non è giusto stare a guardare dove si uccidono innocenti, ma creare le condizioni perché chi intervenga non abbia secondi fini». Don Nisoli ha ricordato come papa Wojtila legittimò l’intervento umanitario nella ex Jugoslavia, e come sia complesso invocare un intervento che possa difendere gli innocenti.
In chiusura un pensiero di Bignami su Primo Mazzolari: «Il giorno che partì per guerra, giunse la notizia della morte nel conflitto di suo fratello. Rimase cappellano fino al 1920, e ripensò completamente la posizione iniziale: disse di aver pensato alla guerra in termini astratti». Ma la terribile concretezza di quel dramma gli si manifestò il giorno in cui un soldato gli morì tra le braccia.

Vanni Raineri

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