Macello Ghinzelli,
la situazione precipita:
chiesta la mobilità
Nella foto, i sindacalisti comunicano ai dipendenti l’esito dell’incontro
VIADANA – E’ precipitata la situazione alla Ghinzelli di Viadana. Giovedì mattina non solo si è consumato il quarto giorno consecutivo dello sciopero ma si è arrivati alla clamorosa interruzione del dialogo con la rottura definitiva delle trattative. Una situazione drammatica poiché le organizzazioni sindacali, verso mezzogiorno, hanno comunicato agli operai, in attesa di risposte, il risultato dell’incontro avuto con Roberto Pini, amministratore delegato del gruppo Pini, che un paio di anni fa aveva rilevato l’azienda di Marino Ghinzelli in zona Gerbolina a Viadana. Claudio Superchi e Ruggero Nalin, rispettivamente segretario regionale e provinciale della Flai Cgil hanno spiegato che la proprietà non era più disposta a trattare dichiarandosi pronta ad aprire la procedura di mobilità, che in parole semplici significava il licenziamento collettivo. Una svolta clamorosa e drammatica che ha raggelato i numerosi dipendenti che dalla mattina alle 5 erano impegnati a manifestare sperando in uno sblocco della situazione.
La questione riguardava l’intenzione della proprietà di spostare i lavoratori dalla linea di macellazione mettendo in quel reparto operai delle Cooperative esterne che evidentemente svolgono le stesse mansioni a costi decisamente inferiori. Una scelta che squalificherebbe professionalmente persone al lavoro in azienda da trenta, quaranta anni e non disposte a vedersi sottrarre circa 300 euro in busta paga per il cambio di mansione. Giovedì mattina comunque pare che gli operai avessero raccolto tra di loro la disponibilità a retrocedere dalle loro posizioni rinunciando quindi al cosiddetto “premio di disagio“.
E con questi preamboli i due sindacalisti hanno raggiunto l’ufficio direzionale rimanendovi per più di mezz’ora. Alla fine del dialogo con la proprietà la risposta raggelante che ha lasciato senza fiato gli operai. L’amministratore delegato come ultima possibilità proponeva un contratto di lavoro come quello corrisposto alla Bertana (un macello alle porte di Cremona, dello stesso Gruppo Pini) oppure la messa in mobilità di tutti i dipendenti. Dopo un breve momento di panico è scoppiata la reazione con i commenti e le espressioni più varie, dalle più colorite alle semplici richieste di capire cosa restava da fare: “Se siamo arrivati a questo punto vuol dire che abbiamo perso tutto, cosa si poteva fare a quel punto” aggiungendo di trovarsi davanti ad un bivio drammatico: o rinunciare a cifre tra i 500 e i 900 euro in meno al mese oppure subire il licenziamento. Qualcuno se l’è presa anche con la classe politica che aveva concesso simili poteri agli imprenditori. Tutti gli operai, mentre i camion procedevano a portar via centinaia di maiali per macellarli altrove, hanno garantito che saranno ancora qui venerdì per continuare il presidio, mentre i rappresentanti sindacali hanno precisato di aver detto a Pini che i loro telefoni sarebbero rimasti accesi sino a sera nel caso ci fossero stati ripensamenti da parte dell’azienda.
Rosario Pisani
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