Cultura

“Tutto il fiato della vita”,
quando Carlo Rotelli
cambiò Casalmaggiore

Nella foto Bini, Carena e Sabbioni durante la conferenza stampa

CASALMAGGIORE – Nato nel 1938 e morto nel 1994, Carlo Rotelli doveva essere ricordato, per la precisione, qualche mese fa, nel ventennale appunto del suo addio alla vita terrena. “Ma noi casalesi siamo sempre stati un po’ originali” ha ricordato Pierluigi Bonfatti Sabbioni, l’autore del documentario “Tutto il fiato della vita” presentato lunedì mattina in comune a Casalmaggiore, che sonda in ottanta minuti di interviste e contributi la figura di uno dei sindaci più influenti della storia politica recente di Casalmaggiore.

Primo cittadino dal 1970 al 1980 e poco prima assessore per la Giunta Orioli, Carlo Rotelli è stato definito da molti che hanno avuto modo di conoscerlo come “l’uomo che più ha contribuito a fare passare Casalmaggiore da area depressa a comune pronto ad ospitare una prima fase dell’industrializzazione crescente”. Idee importanti, alcune realizzate altre rimaste come un grande sogno, come quella del porto che non si sviluppò mai come Rotelli avrebbe voluto. Fratello di Franco, psichiatra di fama internazionale e braccio destro di Basaglia, e di Giangiacomo, divenuto poi padre gesuita a Roma, Carlo Rotelli non proveniva da una famiglia qualunque: ma più in generale, è stato ricordato, Rotelli faceva parte della grande famiglia casalese, poiché si diede da fare per Casalmaggiore dopo gli studi compiuti alla Cattolica di Milano. “E a Milano poteva rimanere per una carriera, politica o intellettuale, ben più importante. Si pensi che studiò a pochi passi da Romano Prodi, per rendere l’idea. Ma non era avvezzo ai riflettori” ha spiegato Bonfatti Sabbioni “. Si pensi che quando nel 1990 Ciriaco De Mita arrivò a Casalmaggiore al Cinema Teatro Zenith, l’unico politico locale assente fu proprio Rotelli: non era un mondano, preferiva gli ambienti quotidiani e famigliari. Riuscii a intervistarlo, sempre nel 1990, in un bar, quello “Da Mariolino” e poi a casa sua. E fu difficile farlo accettare, ma ne uscì una chiacchierata di un’ora e mezza”.

L’assessore alla Cultura Pamela Carena, che ha aperto la conferenza, ha paragonato lo scenario di rassegnazione nel quale Rotelli si trovò a operare tra le fine dei ’60 e l’inizio dei ’70 con quello odierno. “Ebbene il coraggio di fare scelte” ha spiegato “. Io non ho avuto modo di conoscerlo per questioni anagrafiche, ma questo documentario presenta benissimo la figura dell’uomo prima che del politico. Io vorrei che questo docufilm fosse anche per noi un segnale di speranza: con il coraggio delle idee possiamo dare una svolta, l’importante è fare delle scelte, perché solo chi non fa nulla non sbaglia mai, ma nemmeno progredisce”.

Ricordato come professore e umanista sui generis e poi appunto come politico lungimirante, autorevole ma non autoritario, Rotelli fu anche una figura controversa, “specie quando” ha ricordato l’amico Sergio Bini che lo sostenne nella sua salita alla poltrona di primo cittadino “si lasciò andare in decadenza nella parte finale della sua vita: una sorta di antitesi alla sua esistenza tutta d’un fiato, come Sabbioni ha giustamente ricordato nel documentario, donandogli questo titolo”. “Nessuno intende esaltarlo, perché fece anche qualche errore” ha ricordato lo stesso Bonfatti Sabbioni “. Il nostro è solo un ricordo, con pro e contro: quando lo intervistai era del resto già in decadenza e nel video si nota. Potrei dire che consumò la sua vita in un fiato, dando tutto fino a consumarsi: aveva l’ossessione dell’apnea, che era la metafora del non mollare mai, di una testardaggine politica positiva. Bisogna fare con tutto il fiato che si ha in corpo: spese qui dieci anni e anche qualche anno successivo al massimo e forse questo lo portò poi alla decadenza. Nel finale della sua esistenza aveva purtroppo mollato, ma non prima di avere lasciato un’impronta e un solco importanti”. Tra queste la decisione di iniziare l’iter per un unico ospedale, l’attuale Oglio Po, la ristrutturazione del Teatro Comunale, i contatti per portare nel comune casalese importanti industrie che poi hanno in effetti segnato l’economia del territorio. E il grande sogno, come detto, del porto, zona nella quale Sergio Bini nel 1984 realizzò quella che, prima dell’intervento di Bonfatti Sabbioni nel 1990, fu anche l’unica intervista a Rotelli, perfezionata grazie a Mario Angiolini. “Rotelli non andò mai a Milano” ha spiegato Sabbioni riportando una frase del documentario “perché altrimenti nessuno si sarebbe preso cura della provincia, di Casalmaggiore. Per molti essere area depressa era un vanto, prima del 1970, perché così sarebbero arrivati contributi e agevolazioni: lui cambiò il modo di pensare la politica e anche la vita economica del nostro comune. Prima del suo avvento, l’unica industria attiva era la Fir. Lui aveva combattuto per entrare in maggioranza e per poterla guidare perché in testa aveva un progetto di rilancio ben preciso, non per semplice sete di potere”.

Il documentario, della durata di 80 minuti, è stato realizzato con un lavoro pesantissimo e approfondito durato due anni, partendo da ben 15 ore di materiale, che ha raccolto oltre alle due interviste realizzate a Rotelli da Bini e Bonfatti Sabbioni, anche varie interviste a chi l’ha conosciuto e a chi da lui è rimasto segnato (Giacomo Daina, Massimo Araldi, l’artista Giuseppe Pezzani recentemente scomparso, al quale il documentario è dedicato, Renzo Colameo, tra gli altri). “In questo modo il docufilm” ha illustrato Bonfatti Sabbioni “diventa un dialogo e non un semplice monologo di Rotelli: lui parla con gli amici di sempre. Decisi di intervistarlo agli albori della comunicazione di massa alla quale lui era restio, perché capii che era ormai sul viale del tramonto e mi sembrava giusto conservare un suo ricordo per i posteri. Inizialmente volevo realizzare questo documentario nel 2004, dieci anni dopo la sua morte, ma vedendo quell’intervista non mi piacque praticamente nulla. Decisi di aspettare. Ho ripreso in mano tutto nel 2013, ho arricchito con interviste ai suoi amici e ai suoi compagni di avventura di sempre e ora eccoci qui”.

“All’apice del suo percorso era fantastico” ha spiegato Bini “. Aveva la giusta oratorio, sapeva rapportarsi con ognuno in modo diverso perché capiva le persone e sapeva comprendere anche i problemi grazie alla sua cultura e conoscenza”. “Non scordiamoci” ha ricordato infine Sabbioni “che Rotelli ebbe il coraggio di dialogare con tutti: anche con i radicali, cui aprì piazza Garibaldi per un grande raduno sul tema ecologico nel 1978, data chiave di quegli anni di piombo e dello stato di polizia. E nel 1979 ebbe il coraggio di dire sì al concerto di Joe Cocker, che portò 15mila persone a Casalmaggiore. Lavorò in anni per nulla facili, ma riuscì a dire sì perché fu in grado di prendersi le sue responsabilità”.

Il documentario, promosso dal comune di Casalmaggiore, da Arviter, dal Museo Diotti e patrocinato dal Gal Oglio Po e che in copertina presenta il ritratto che il grande pittore Gabriel Stanislas Morvay realizzò a Carlo Rotelli nel 1982 (due anni dopo la fine della sua esperienza da sindaco di Casalmaggiore), sarà trasmesso il 10 gennaio alle ore 17 presso la sala consiliare di Casalmaggiore (su invito) e poi il 31 gennaio sempre alle ore 17 presso la biblioteca Mortara (con ingresso libero per tutta la cittadinanza).

Giovanni Gardani

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