Cronaca

A Casalmaggiore
la giornata del migrante
ricordando don Paolo

Dal sito della Diocesi di Cremona

CASALMAGGIORE – E’ a Casalmaggiore che domenica 18 gennaio, con l’Eucaristia presieduta dal vescovo Lafranconi nel Duomo di S. Stefano (ore 15.30), sarà celebrata a livello diocesano la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. L’occasione sono i 25 anni di attività della Casa dell’accoglienza “S. Giovanni Bosco”, nel ricordo del suo fondatore, mons. Paolo Antonini, a 5 anni dalla morte. Una figura, quella di monsignor Antonini, per tutti affettuosamente don Paolo, che a Casalmaggiore ha indubbiamente segnato un’epoca.

La Casa dell’Accoglienza casalese, oggi gestita dalla Caritas Diocesana, ha le proprie origini nel 1989, quando mons. Antonini (parroco di S. Stefano dal 1978 al ’97) decise di destinare l’ex collegio “Don Bosco” a luogo di accoglienza degli immigrati. Il 29 marzo 2013 il vescovo Lafranconi ha benedetto i locali della nuova “Casa di accoglienza San Giovanni Bosco”. Da allora la struttura, gestita dalla Caritas diocesana attraverso il direttore Ludovico Gardani, è diventata punto di riferimento per l’intero territorio. Oltre all’accoglienza degli immigrati, cerca di rispondere alle situazoni di necessità del circondario: oltre ad alcune stanze per l’accoglienza temporanea degli stranieri, la struttura ha un nucleo di mini-alloggi per anziani in difficoltà, ragazze madri, donne abbandonate con figli a carico o giovani a rischio di devianza sociale. La capienza complessiva è di 25 posti. Servizi ai quali si affianca anche il prezioso lavoro del Centro d’ascolto.

«A dare impulso a tutto questo fu don Antonini – ricorda don Antonio Pezzetti della Caritas diocesana – che quando lasciò la parrocchia decise di ritirarsi proprio alla Casa dell’accoglienza per continuare il lavoro iniziato negli anni precedenti». Mons. Antonini, classe 1921, originario di Fossa Caprara, fu parroco di S. Stefano dal 1978 al 1997, dopo le esperienze a Breda Cisoni (da vicario prima e da parroco poi) e a Gazzuolo. «Nelle scorse settimane – precisa don Pezzetti – è stato il quinto anniversario della sua morte, avvenuta il 23 novembre 2009. Abbiamo deciso di ricordare il suo impegno proprio nella prossima Giornata del migrante e del rifugiato, nella circostanza anche del 25esimo della Casa dell’accoglienza di Casalmaggiore, anche in questo caso caduta nel 2014». Pochi mesi fa la presentazione del volume “Quando i profeti fanno ‘casino’. Don Paolo Antonini e i suoi articoli su ‘Ritrovarci’ a 25 anni dall’apertura della Casa dell’Accoglienza” curato dal professor Guido Sanfilippo.

“Chiesa senza frontiere. Madre di tutti” è lo slogan della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2015. A un secolo dalla sua prima celebrazione (nell’aprile del 1915), la Giornata riprende il tema conciliare della maternità della Chiesa in riferimento al mondo delle migrazioni economiche e forzate. «Richiamare la maternità della Chiesa – spiega il sacerdote cremonese mons. Giancarlo Perego, direttore generale Migrantes, guardando al messaggio di Papa Francesco per la Giornata – non significa dare un tono romantico alla pastorale delle migrazioni, ma significa rinnovare la necessità di costruire nelle nostre comunità laboratori di accoglienza, incontro e convivenza che esprimano la strada per superare discriminazioni e contrapposizioni ed educare a costruire ponti, un mondo senza frontiere».

Il 2014 si è chiuso con nuove storie di sofferenza per i migranti. Violenza e morte segnano ancora il cammino delle migrazioni economiche e forzate: nuove storie di morte, oltre 3000, nel mar Mediterraneo. “Il coraggio della fede, della speranza e della carità – ricorda il Papa – permette di ridurre la distanza dai drammi umani” che coinvolgono milioni di migranti. «Educare nelle nostre comunità all’incontro e a uno stile di vita virtuoso cristianamente – prosegue mons. Perego – è un compito che deve coinvolgere tutti. Educare all’incontro significa educare a riconoscere Cristo realmente presente nel fratello e nella sorella migrante: loro sono “la carne di Cristo”. La cura per i migranti e le loro storie di vita, la narrazione delle migrazioni, ci portano necessariamente anche a impegnarci per la cooperazione e lo sviluppo dei popoli. Nessuno può sognare il diritto dei migranti di rimanere a casa propria se non si costruiscono storie e progetti di cooperazione internazionale, se non si estendono pari opportunità lavorative, scolastico, sociali e economiche ai Paesi più poveri».

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