Un poker d’assi
racconta l’avventura
ai ragazzi del Sanfelice
Nella foto due momenti della mattinata del PalaFarina
VIADANA – Un poker d’assi al PalaFarina. Luogo di sport, che dunque ha giustamente ospitato sportivi di alto livello, ma anche luogo di avventure (spesso domenicali o comunque legate al weekend). Avventure vissute in prima persona, o avventure scritte, uscite dalla penna di uno dei migliori romanzieri italiani (ma sarebbe meglio parlare di giornalista e scrittore), Marco Buticchi, premio Salgari 2012 e inserito nella prestigiosa collana d’avventura targata Longanesi, quale unico autore nostrano.
Si è svolta così venerdì l’assemblea d’istituto dell’ITC e Liceo Sanfelice di Viadana: una mattinata intera, con due incontri distinti di due ore l’uno (per biennio e triennio), spesa dagli studenti sulle tribune del PalaFarina ad ascoltare i racconti di chi ha fatto dell’avventura un proprio stile di vita e una propria missione. L’avventura, dunque, come tema centrale, dal quale sono poi partite varie curve e vari bivi: avventure sportive, come il successo nei Campionati Italiani di ginnastica artistica di Eleonora Bianchin, che peraltro frequenta proprio il Sanfelice e ogni giorno deve sapere conciliare la palestra con lo studio, specie ora che è in quinta e dovrà affrontare la maturità; o come l’impresa di Andrea Devicenzi, che ha completato il primo Giro d’Italia Formativo e ha condiviso una sorta di “summa” dell’esperienza proprio a Viadana; senza scordare Nicola Campani, reggiano di Castelnuovo Monti, che alla soglia dei 50 anni ha completato poche settimane fa la conquista, in gruppo con altri cinque compagni, del Manaslu, in Nepal, l’ottava cima più alta del mondo, con 8163 metri. E ancora, come si diceva, Marco Buticchi, che con la sua simpatia unita a una profondità di pensiero davvero notevole ha raccontato aneddoti e illustrato come il suo modo di scrivere sia anche stato ispirato ai tanti viaggi affrontati per la compagnia petrolifera del padre tra Medio Oriente, Europa, Stati Uniti e Africa (“anche se un posto, per metterlo in un romanzo, dovresti viverlo almeno per qualche mese” ha spiegato).
Moderata da Giovanni Gardani, la giornata ha visto alcune chicche indubbiamente interessanti, mentre i ragazzi dell’Istituto, ben coordinati dagli organizzatori della giornata, i professori Roberto Conti e Stefano Ventura, oltre che preparati dai rispettivi insegnanti, non hanno mancato di fare emergere la loro curiosità, con autentici “pacchi” di domande consegnati ai rappresentanti di Istituto, che assieme a Gardani hanno così realizzato le varie interviste a cuore aperto.
Così Campani ha ricordato come spesso i “miti odierni” altro non siano che “una scusante per dire a noi stessi che tanto non ce la facciamo” e come un altro alibi spesso utilizzato sia quello del “tempo, perché se una priorità c’è, il tempo per quella si trova”. Andrea Devicenzi ha invece ricordato il suo percorso tra quasi 4mila studenti per tutta l’Italia, spiegando un episodio risalente alla Parigi-Brest-Parigi del 2011, “quando nel cuore della notte, dopo 600 km, volevo mollare tutto e tornare indietro, ma mi hanno tenuto letteralmente in piedi le telefonate di alcuni amici e compagni del mio team e il pensiero della mia famiglia”. Tornando a Campani, molto emotivo il racconto della scalata al Manaslu, “quando i passi si facevano pesanti, dopo quota 7000, e si contava ogni singolo movimento, apprezzando il valore di ogni singolo passo messo avanti all’altro”. Campani ha anche spiegato che l’ambizione è importante, ma diventa ignoranza nel momento in cui “si vendono i nostri valori per accettare il compromesso, per arrivare a tutti i costi e basta: succede col doping nello sport e succede con i tour organizzati che pensano di portare in montagna, ad altissima quota, a 6-7mila metri, chi non conosce quei luoghi. Questa è ignoranza, prima che incoscienza. Il mio gruppo di lavoro ed io siamo infatti esperti di montagna e la viviamo tutti i giorni: sappiamo che l’ineluttabile c’è, ma sappiamo anche come operare e andare all’avventura in sicurezza e con una certa conoscenza della materia. Capire il limite spesso è il modo migliore per non porsi limiti”.
Buticchi ha invece ricordato il suo esordio letterario, quando riuscì a credere talmente tanto nel suo lavoro e nella sua opera da arrivare a stamparsi da solo mille copie, dopo il rifiuto di un editore. “E da lì partì la mia avventura. Scrivo romanzi storici, principalmente, e i miei veri ostacoli, che per altri avventurieri sono fisici” ha spiegato “per me sono rappresentati da una pagina bianca, il cosiddetto blocco dello scrittore. Ma la voglia di arrivare alla fine del percorso e di capire che fine farò fare ai miei personaggio prevale sempre”. Parlando poi di Viadana come di un centro medio-piccolo, Buticchi ha ricordato che non sempre bisogna andare in grandi città per sfondare, anche se questo aiuta, chiudendo con una massima del padre, che fu anche presidente del Milan negli anni ’70: “Se sai essere il numero uno in provincia, allora sei pronto per cingere d’assedio la grande città”.
Eleonora Bianchin, giovanissima ma a suo agio dinnanzi ai compagni che l’hanno accolta con una standing ovation, ha svelato di avere scelto una nuova strada per la sua vita. “Voglio restare nel mondo della ginnastica perché non potrei farne a meno” ha spiegato “e infatti io, partita con l’idea di studiare lingue e fare l’interprete, ora ho cambiato idea e intendo seguire Scienze Motorie per restare in questo mondo. Non bisogna cambiare sempre, ma se si sente una vocazione è giusto avere il coraggio di seguirla”. Devicenzi, che ha ricordato la sua storia e la grande forza di volontà che lo ha spinto a realizzare miracoli spesso impossibili anche a normodotati, ha raccontato un episodio ancora più emblematico. “Inizialmente ero come molti amputati, che chiedono la protesi perfetta per sembrare come gli altri” ha confessato “. Io invece penso che un’impresa come la Manali-Leh (la scalata alla strada carrozzabile più alta del mondo nel 2010, ndr) sia stata possibile soltanto perché non avevo la protesi. Paradossalmente, con quel pezzo di plastica addosso, non avrei potuto fare molte cose”. Un modo per ricordare a tutti che l’avventura è in ognuno di noi, anche nella quotidianità. Basta saperla cogliere con coscienza, crederci e sapere, in caso, andare anche controcorrente. Con il coraggio delle proprie scelte e senza lasciarsi paralizzare dalla paura di sbagliare.
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