Cronaca

Un privato libera
la sterrata della golena
dai resti della piena

Nella foto, Arcangelo Pirovano all’opera per liberare la strada sterrata golenale

CASALMAGGIORE – La piena è passata, il fiume è rientrato nel suo alveo naturale lasciandosi dietro melma, piante abbattute e rifiuti. La sterrata che conduce, all’interno dell’area parco, verso il profondo della golena è bloccata in più punti da tronchi e rami. Arcangelo Pirovano ha iniziato lunedì mattina a liberare la strada per renderla un minimo fruibile. Ha scavato piccoli solchi in prossimità del ponticello che scavalca il canale che scorre subito dopo la struttura degli amici del Po: “Così corre via l’acqua e si asciuga”. Un rigagnolo di acqua e fango si riversa nel canale, in poco tempo il ponticello é, almeno in quel piccolo tratto percorribile. Perché poi, il problema, è pochi metri più avanti. Tronchi, rami aggrovigliati ed ancora coperti dal limo, plastiche (ce ne sono un po’ ovunque, la piena ha rimescolato ciò che la stupidità umana ha buttato via) e fango. “Inizio oggi a ripulire – spiega – e a scanso di equivoci ho l’autorizzazione a farlo. Qui nessuno si muove se non lo fanno i volontari”. Volontari, amanti del fiume e proprietari dei casotti che sorgono nella prima parte della golena. “Quelli che l’assessore Orlando Ferroni vuole farci togliere. Vieni, vieni che ti faccio vedere”. Lui quella struttura ce l’ha da anni, come da anni ce l’hanno alcuni altri casalaschi. Sono loro le prime sentinelle del fiume. C’é chi come Arcangelo è un profondo conoscitore del Po. “Ora ti rendi conto cosa può provare un alluvionato”. Il casotto non è praticabile, la furia dell’acqua ha rovesciato tutto, segnato tutte le cose che vi erano all’interno: “Ci vorranno giorni e giorni per risistemare tutto. Il fiume è anche questo”. Sull’uscio fissa le piante: “Vedi – spiega – andrebbero tutte controllate perché alcuni dei rami meriterebbero attenzione prima che cadano da soli”. Poi fissa la pianta appena davanti a casa sua: “Quella è la casa del picchio, lo ho osservato per molto tempo prima che si spostasse da un’altra parte”. Sotto la tettoia i residui organici di altri uccelli che sotto quella tettoia trovano riparo. La natura dà, la natura prende qualcosa. Fa parte del gioco. Accanto al casotto di Arcangelo altri casotti. Altri amanti del fiume. C’è l’appassionato, c’é il botanico. “Ci sono essenze rare piantumate qui, essenze che un tempo facevano parte dei luoghi. Ci ha pensato lui a rimetterle ed ha fatto tutto da solo”. Sono rimasti tutti in piedi i casotti. Alcuni ben ancorati, altri galleggianti. Hanno affrontato e vinto, seppur con qualche ferita, la piena. Tutti, tranne uno, quello di proprietà comunale. Era stata sede del PlayDog sino al trasferimento in via delle Salde, poi ne avevano chiesto – inutilmente – la possibilità di utilizzarlo sia gli ‘Amici del Po’ che lo stesso Arcangelo. La furia degli eventi lo ha sbattuto violentemente contro i tronchi: “Adesso è inutilizzabile, si sarebbe potuto smontare e mettere da un’altra parte e probabilmente lo avremmo salvato”. C’è un po’ di amarezza nelle parole di un lottatore come ‘Gengis’ Pirovano. E c’é la questione del casotto ancora aperta. Come fossero quelle piccole strutture il vero problema di un Parco sovente dimenticato dagli uomini e dalla politica. Qualche mese fa il consigliere delegato Ferroni aveva avuto l’idea di trasformare parte di quei meravigliosi luoghi in un campo d’allenamento per canoa e Kayak, Un centro Olimpico in un luogo che di olimpico dovrebbe avere solo l’attenzione della dea Natura e degli uomini – come Gengis – di buona volontà. Pirovano torna sulla strada da liberare: “C’é parecchio lavoro da fare. La terra è del demanio che l’ha data in gestione al Comune, ma dobbiamo pensarci noi. Peraltro questa è legna marcia e leggera, quando sarà asciutta brucerà alla velocità della carta, per cui non vi è nessun interesse a portarsela via. Oggi pomeriggio spero che venga qualcuno a darmi una mano, perché lavoro ce ne è tanto”. La politica sul Parco latita: qualche dichiarazione di principio, qualche proclama sui social network, una commissione ad hoc, un fuoristrada, tanti problemi, pochissimi risolti. Ma adesso c’è la strada da liberare, la legna da raccogliere e la plastica da buttare via. E c’é una golena da preservare, da rimettere in sesto, da rendere ancora fruibile. Il parco é pubblico, il lavoro quello no. Quello – per ora – resta ad esclusivo appannaggio dei privati come Arcangelo Pirovano. Quello stesso a cui si chiede adesso di andarsene da lì. Il vero problema è lui, sono i casotti, sono quella decina di uomini che non solo vivono il Parco, ma fanno di tutto per salvarlo.

N.C.

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