Cronaca

Minacce, sequestro e
torture a imprenditore:
fermati tre usurai

CASALMAGGIORE – Sono stati fermati dai carabinieri di Caserta coadiuvati dai colleghi di Modena, nel corso di un’operazione coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli. Tre malviventi, originari del Sud Italia, si spacciavano per appartenenti al clan dei “Casalesi” per incutere timore nel riscuotere un prestito a tassi usurai. Tre uomini, uno residente a Guastalla, uno a Sabbioneta e un viadanese che abita a Casalmaggiore, sono stati incastrati e per loro si attende la convalida dell’arresto da parte del Gip. Vittima dei soprusi, un imprenditore della Bassa che ha trovato la forza di denunciare le sevizie, dopo aver subito minacce tradotte talvolta in conseguenze corporali.

L’uomo, per ottenere un prestito di 25mila euro, aveva desco di rivolgersi agli usurai, che ben presto avevano applicato un interesse di addirittura il 30%. In difficoltà, l’imprenditore ha iniziato a saldare le prime tre rate: un totale di circa 7500 euro). Tra ottobre e marzo agli strozzini arrivarono altri soldi: 4mila euro in contanti e 3mila euro tra ricariche Sisal PostePay.

esaurite le scorte, l’imprenditore è andato in crisi di liquidità. La reazione degli usurai è stata immediata: minacce prima, rivolte anche ai parenti stretti come padre, moglie, figli e sorella; sequestro, aggressione e ferite poi. Nell’agosto del 2013 l’episodio più clamoroso. I tre usurai si presentano a casa dell’imprenditore e spacciandosi per addetti Enel si fanno aprire. La vittima era sola perché la famiglia era in vacanza e il tre contro uno si tradusse in una vero e proprio sequestro. L’imprenditore venne denudato e con un cutter i malviventi gli procurarono diversi tagli alla schiena. Millantando di agire per conto del clan dei ‘Casalesi’, i tre strozzini si fecero addirittura pagare il soggiorno in un albergo.

Straziato dalla situazione, l’imprenditore trovò la forza di agire: con una fotocamera riuscì ad immortalare i tre aguzzini denunciandoli poi ai Carabinieri. Da lì il via alle indagini, che nell’intreccio tra camorra, terremoto e ricostruzione, hanno portato alle verifiche opportune. I tre malviventi non erano infatti legati al più potente clan mafioso d’Italia, ma avevano sfruttato la ‘credenziale’ per intimorire ulteriormente l’imprenditore.

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