Gussola, Palazzo Ala
Ponzone va in malora
Appello disperato
Nella foto, la facciata di Palazzo Ala Ponzone come si presenta oggi
GUSSOLA – E’ comprensibile che i forti tagli alla cultura rendano quasi impossibile reperire fondi per restaurare l’eredità architettonica del passato. Mentre la crisi costringe tante famiglie a sacrifici enormi, non si può pensare di spendere milioni di euro per recuperare un pregevole palazzo del Settecento, d’accordo, ma sia consentito almeno lanciare un grido di dolore per la sorte che implacabile sta condannando al crollo totale Palazzo Ala Ponzone.
Meglio conosciuto come Palazzo Casaglia, l’edificio fu costruito sul luogo dove sorgeva il castello di Borgolieto nel Settecento da un ramo della nobile famiglia cremonese Ala Ponzone, e in realtà non fu mai terminato. Dopo un secolo di appartenenza agli Ala Ponzone, la sua integrità ricevette un duro colpo dalla divisione tra più proprietà. All’inizio del Novecento furono demoliti i loggiati che sormontavano le ali laterali, quindi l’ala laterale di destra, pericolante. Durante la guerra lo spazio occupato dalla grande sala da ballo divenne una base tedesca. Più tardi una pesante ristrutturazione portò alla demolizione della grande scalinata d’ingresso, poi iniziarono gli appelli al recupero dell’edificio cui i gussolesi, particolarmente quelli del quartiere di Borgolieto, da sempre sono legati.
Negli anni Novanta il proprietario del corpo principale e del laterale destro, l’imprenditore agricolo Giuseppe Concari, lanciò un appello: non essendo in grado economicamente di intervenire per salvare il Palazzo era disposto a cederlo anche a cifre modiche a chi potesse provvedere. Né le istituzioni né privati risposero, ci fu solo qualche richiesta alla Sovrintendenza che non portò a nulla.
Col tempo anche il comitato che sorse negli anni Novanta per stimolare il recupero si sciolse, le feste che si tenevano nell’aia scomparvero, l’unico a compiere per intero il suo dovere fu il tempo, che inesorabile continuava la sua opera distruttrice. Il recente terremoto ha dato probabilmente il colpo finale: ormai il corpo di destra non ha più il tetto, i soffitti coi pregevoli stucchi sono sventrati, la balaustrata di 10 metri tutta crollata.
Oggi Giuseppe Concari ha perso ogni speranza. «Chiaro che sono ancora disposto a cedere per poco il palazzo, ma vedendo che non ci sono speranze di recupero, chiedo almeno che mi sia consentito abbattere il corpo laterale ormai diroccato. Sono un agricoltore, non ho i soldi necessari per il restauro. Ho tentato ogni strada, ero disposto a tutto. La facciata del corpo principale ha mantenuto qualcosa, ma all’interno, appena oltre il porticato, una trave è crollata. O c’è qualcuno che si faccia avanti o mi sia concesso demolire e fare un capannone che mi è più utile».
Il bene è soggetto a vincolo, quindi è ovvio che la demolizione non avrà il via libera, ma è frustrante dover attendere il crollo completo sapendo che non ci sono alternative.
«Sono stato sul posto due anni fa – ricorda l’architetto Gabriele Fallini, curatore di diverse mostre, l’ultima delle quali “Lodola Golden Light” a Casalmaggiore, e che in passato ha tentato di dare il suo contibuto – poco dopo il terremoto. Il guaio per il palazzo è stata la divisione della proprietà. Ora la situazione è complicata, è vero che Gussola si è pian piano disinteressata del suo degrado, ma la crisi rende altre le priorità; quella sensibilità necessaria avrebbe dovuto nascere vent’anni fa, quando fu fatto anche un libro su Palazzo Ala Ponzone. Lo stesso Fai oggi fatica a fare gli interventi. Il Comune sa che c’è Palazzo Casaglia, le istituzioni lo sanno, è stato oggetto di ricerche. Magari nascesse un comitato».
Quanto costerebbe la messa in sicurezza? «Molto, consideriamo che il bene è vincolato quindi serve utilizzare le tecniche del restauro, e dopo il terremoto la normativa si è ulteriormente inasprita. Serve un restauro scientifico».
Fallini ha uno slancio finale: «Ho sognato, ma so essere anche pratico, però questo è un esempio molto bello di neoclassico. Concari non va lasciato solo».
v.r.
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