Velo ok, facciamo
chiarezza: più dissuasori
che autovelox
Nella foto uno dei Velo ok durante il montaggio
CASALMAGGIORE – Sono arrivati a Casalmaggiore con l’inizio della settimana, parcheggiati nel magazzino comunale presso i locali dell’ex macello, in via Guerrazzi. Giovedì mattina, dalle 8 alle 12, sono invece stati piazzati ai loro posti da un addetto di una ditta di Perugia, arrivato appositamente a Casalmaggiore, e da un agente della polizia municipale. Parliamo dei Velo ok, nove colonnine in tutto (sette lungo l’Asolana, partendo dalle scuole di Vicobellignano e arrivando alla rotonda Conad, e due a Motta San Fermo), che costituiranno d’ora in poi lo spauracchio per molti automobilisti indisciplinati.
A Casalmaggiore è questo il caso, e la discussione, del giorno. Ed è proprio per questo motivo che occorre fare chiarezza. Come funzionano questi Velo ok, ideato dalla ditta bresciana Noi Sicuri Project, che li sta praticamente distribuendo in tutta Italia? Quanto costano? E soprattutto sono davvero irregolari come qualcuno sostiene? Su Facebook girano tante risposte, come normale forse che sia. La verità però è una sola e arriva da fonti ufficiali: il codice della strada e il Ministero dei Trasporti, con le sue direttive, in primis. Ad alimentare la polemica anche un servizio della celebre trasmissione tv di inchiesta “Le Iene”, che giusto mercoledì sera ha parlato dei Velo ok, concentrandosi sul caso limite del comune di Orte, dove su una strada di 2 chilometri, si trovano addirittura 30 “macchinette”. Una polemica legata ai costi – dato che questi Velo ok sarebbe venduti ad alcuni enti pubblici a prezzi decuplicati rispetto alle vendite ai privati – e anche alla validità o meno di questi strumenti.
Abbiamo parlato, per comprendere il funzionamento dei Velo ok, con Silvio Biffi, comandante della polizia locale di Casalmaggiore. Dapprima una precisazione doverosa sui costi: i nove Velo ok, in totale, costano 7200 euro (5900 più iva) e non 5mila come annunciato in conferenza stampa. Tuttavia il prezzo comprende anche due incontri di prevenzione e sensibilizzazione con le scuole e i lavori di monitoraggio che l’azienda bresciana si è presa in carico nelle scorse settimane, valutando il traffico sull’Asolana (17mila veicoli al giorno) e sulla strada di Motta San Fermo, meno trafficata ma pericolosa, dato che non si contano i fuoristrada in quel punto maledetto. Chi volesse curiosare, può trovare, lungo la strada di Motta, uno “scatolotto” nero legato a mezza altezza ad un palo della luce con una catena: serve proprio a fornire nuovi dati e ad approfondire il monitoraggio. Sui costi si può discutere: ai privati i Velo ok vengono venduti a 200 euro circa; ad alcuni comuni anche a 3mila euro l’uno. Casalmaggiore sta nel mezzo: 800 euro circa per ogni strumento.
Ciò detto, passiamo al funzionamento dei Velo ok: in sé l’oggetto è una scatola di plastica vuota, ma presenta un paio di fessure che consentirebbero, una volta inserito un autovelox, di rilevare la velocità in eccesso dei mezzi. Velocità che, in quel punto, non può superare i 50 km all’ora, trattandosi ancora di centro abitato. La rilevazione vale su entrambi i lati della strada. Non solo: ai piedi questi strumenti hanno una zavorra di 60 kg, onde evitare che gli stessi vengano spostati. Il fatto che il Velo ok sia un contenitore piuttosto che un oggetto “d’azione” rende di fatto la colonnina gestibile con la stessa regolamentazione che riguarda i velox mobili. Ossia, l’eventuale contravvenzione è valida soltanto se, accanto al Velo ok, si trova una pattuglia della polizia locale.
Qui sta un altro punto chiave della questione? Perché, si chiede il cittadino, mettere queste scatole se poi la presenza del vigile è necessaria, ossia se alla fin fine il Velo ok non fa tutto da solo? La risposta, da parte dell’amministrazione (e più in generale dei sostenitori del Velo ok), mira a discernere la fase sanzionatoria da quella dissuasoria. Tradotto: il Velo ok, a prescindere, psicologicamente ti porta a rallentare, perché non si sa mai se poco più avanti vi sarà una pattuglia in appostamento. E’ anche vero che, lungo l’Asolana almeno, la pattuglia dovrebbe essere visibile anche a distanza, dunque, in assenza di questa, si potrebbe comunque viaggiare senza rischio a velocità sostenuta, ma è tutta una questione di punti di vista e di disciplina. Per inciso la direttiva che regola questi strumenti è quella firmata dall’allora ministro Roberto Maroni nel 2009.
Ultimo quesito: il Velo ok è regolare? Forse è sbagliato l’aggettivo, bisognerebbe parlare di strumento “riconosciuto”, più che “regolare”. Il Velo ok, come certificato una nota del Ministero dei Trasporti del settembre 2013, “non è inquadrabile in alcuna delle categorie previste dal Nuovo Codice della Strada”, aggiungendo però che “l’unico impiego previsto è quello che consente l’installazione al loro interno di misuratori di velocità di tipo approvato”. I Velo ok dunque, sono meri contenitori, come volevasi dimostrare.
Insomma, giusti o sbagliati, costosi o economici, opportuni o sprecati, la realtà dei fatti (e della legge) è questa. Dopo di che, anche se sembra retorica, l’unica regola che conta, in auto e soprattutto in centro abitato, è quella del buon senso. Sarà anche un monito demagogico, ma sembra non essere mai abbastanza evidenziato.
Giovanni Gardani
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