Cronaca

L’ultimo volo di Cipì
Saluto al maestro Lodi,
gigante della scuola

Nella fotogallery la cerimonia funebre per il maestro Mario Lodi

DRIZZONA – L’ultimo volo di Cipì è partito dall’abitazione di via Trento e Trieste, con un cortile ospitale, proprio come il suo padrone, che ha accolto la folla accorsa a portare il proprio saluto e a rendere grazie alla meritoria opera di Mario Lodi, il maestro del Vho. L’ultimo volo si è chiuso con il saluto di Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica, che non ha mancato di fare arrivare il cordoglio istituzionale della più alta carica dello Stato, alla famiglia di Lodi e, idealmente, all’intera comunità e a centinaia di ex bambini cresciuti grazie ai suoi insegnamenti. Perché tutti, come più volte è stato ripetuto durante la cerimonia funebre nella chiesa di Sant’Eufemia a Drizzona, siamo in fondo figli di Mario Lodi, del suo modo di rivoluzionare la scuola, di renderla strumento di cultura democratica, non di imposizione.

E proprio per questo, forse, Mario Lodi avrà sorriso soprattutto per la presenza della gente comune, di qualche bambino, di molte mamme e papà, di insegnanti, di generazioni di ex studenti che da lui hanno tratto beneficio o direttamente oppure di rimbalzo, grazie all’eredità dei suoi insegnamenti. Non mancava, ovviamente, nemmeno il mondo politico, con i sindaci di Drizzona e dei territori vicini, l’ex presidente della Provincia Giuseppe Torchio e il segretario generale di Anci Lombardia nonché genero di Mario Lodi, Pier Attilio Superti, alcuni assessori ed esponenti del mondo della scuola. O della cultura. Come gli amici della Lega di Cultura di Piadena, Giuseppe Morandi e il “micio” Gianfranco Azzali in testa, o i rappresentanti del Movimento di Cooperazione Culturale (Alfieri, Tonucci e Lovattini, giunti appositamente da Torino).

A celebrare i funerali don Sandro Lagomarsini, parroco nella zona di La Spezia, che però ha voluto officiare le esequie perché con Mario Lodi aveva dato vita a un bel sodalizio educativo, soprattutto nei doposcuola per i più piccoli; con lui don Achille Bonazzi, ex studente proprio di Lodi, come il sacerdote ha avuto modo di ricordare, il parroco di Piadena don Giuseppe Manzoni e Fratel Francesco Zambotti della Tenda di Cristo. Tanti, peraltro, anche i maestri elementari, a conferma che l’eredità e l’insegnamento di Lodi non se ne sono andati con le sue spoglie mortali.

Il Vangelo di Giovanni sul dialogo tra Gesù e la Samaritana non è stato scelto casualmente da don Sandro: “Non dovremmo mai fare preferenze, ma a volte anche Gesù le ha fatte e così ho scelto questo passo del Vangelo, che mi è sembrato scritto su misura per la figura del maestro Mario Lodi. Oggi salutiamo un amico carissimo, un maestro di democrazia e un servitore della scuola e dell’infanzia. Io do voce all’affetto di tanti che l’hanno conosciuto e a chi, senza incontrarlo, ha comunque attinto alla lezione umana e civile del maestro. Il dialogo di Gesù con la Samaritana è emblematico: perché Lodi era l’uomo del dialogo, che per lui era una forma educativa e una soluzione ai contrasti. Era soprattutto un modo per allontanare i bambini dal contenitore passivo della televisione, per allontanarli dalle imposizioni, per abbattere le barriere. Ecco, appunto: Gesù parlava alla Samaritana, considerata peccatrice, andando oltre le differenze. Mario Lodi faceva lo stesso. Era un maestro che sbloccava le chiusure e che si metteva a fare lezione in mezzo agli studenti, in piedi, mai dalla cattedra”.

Il passaggio più significativo ha riportato un esempio emblematico del lavoro di Lodi e del suo modus operandi. “Quando un bambino non riusciva a esprimersi bene, Mario portava un banco realizzato da un falegname” ha spiegato don Sandro “e gli chiedeva di intagliare le immagini che aveva in testa, per farle uscire, perché potesse parlare grazie a quelle. Era un modo per superare i problemi, per porre il bambino al centro dell’attenzione e della scuola”. Poi un pensiero molto significativo e azzeccato. Molti, infatti, era i non credenti che hanno presenziato alle esequie, e lo stesso maestro ebbe con la religione un rapporto contrastato. “Come ha detto Papa Francesco a Eugenio Scalfari” ha illustrato don Sandro “anche chi non crede in Dio deve fare i conti con la propria coscienza. Mario ha la coscienza pulita perché nello spirito ha saputo cercare la verità su questa terra, trovandola proprio nelle relazioni umane. Per questo tutti noi gli diciamo “Grazie”, mentre chi ha fede può aggiungere il suo “Arrivederci”.

Un altro paragone suggestivo è stato l’accostamento di Mario Lodi a Gesù che parla, in un altro noto passo evangelico, ad una bambina che sembra morta: si rivolge a lei nel suo dialetto e questa risponde, dimostrando che stava solo dormendo. “La capacità di Mario era quella di parlare la lingua dei più piccoli, che spesso è così lontana da quella degli adulti”. Un’omelia molto apprezzata, che ha avvicinato il maestro Mario al maestro di Nazareth, Gesù appunto, “perché anche Mario ha compiuto piccoli miracoli”.

Al termine della celebrazione è stato, come detto, letto un telegramma di Napolitano: “Apprendo con tristezza della morte del maestro Mario Lodi” ha scritto il presidente della Repubblica nel messaggio letto dal sindaco di Drizzona Ivana Cavazzini “una persona che ha sempre accompagnato i bambini, instillando in loro la crescita e la ricerca della cultura, oltre che della curiosità. Un maestro che ha arricchito il fine critico della nostra popolazione e contribuito a costruire cultura, vincendo l’analfabetizzazione diffusa nel Secondo Dopoguerra. Mario Lodi ha dato un peculiare contributo al progresso civile dell’Italia, mettendo a frutto la freschezza delle nuove leve e comprendendo che il futuro passava dai giovani”.

Successivamente proprio Ivana Cavazzini ha letto un ricordo comunitario, a nome dell’intero paese di Drizzona (e, pensiamo, anche dei paesi limitrofi): “Oggi salutiamo un grande maestro, un amico, un pedagogista, uno scrittore, un intellettuale, un ricercatore, un marito, un padre. Mi preme sottolineare, che salutiamo prima di tutto un uomo: perché era nel suo essere uomo che Mario Lodi aveva maturato il rispetto per l’altro e l’idea democratica che ne condizionarono l’esistenza e il lavoro. Il tutto cancellando le gerarchie precostituite, puntando sulla domanda e sull’ascolto come momenti di condivisione della propria e dell’altrui esistenza. Lo ripeteva sempre: da insegnante tornava bambino e i bambini, a volte, si facevano a loro volta educatori: per lui la scuola non era autorità ma strumento per trasformare un gregge passivo in un popolo di cittadini pensanti. La sua Musa ispiratrice è sempre stata la Costituzione”.

“Scriveva di tutto Mario” ha proseguito Cavazzini “di pace, di ambiente, della tv come forma di insegnamento passivo, o di non-educazione. Aveva conosciuto l’autoritarismo e la guerra e quindi faceva in modo che i bambini potessero esprimersi in libertà. Voleva che tutte le opinioni avessero lo stesso valore: un’utopia? Forse, ma Mario Lodi non è mai stato un sognatore, bensì un uomo con i piedi per terra, che trovava soluzioni concrete. Mario ha sempre cercato di costruire un mondo più giusto e per questo dobbiamo essergli grati: ognuno di noi ha un debito verso chi ha reso migliore la scuola e dunque il nostro futuro. Dobbiamo raccogliere il suo testimone per onorarne la memoria e per proseguire l’impegno collettivo che Mario ha visto germogliare”.

L’ultimo saluto è stato di don Achille Bonazzi, che sul finale non ha saputo trattenere le lacrime, sopraffatto dalla commozione. “Si parte dall’uomo e all’uomo si arriva, sempre. In Mario Lodi, che è stato mio maestro a San Giovanni in Croce, ho sempre visto una persona gentile, vivace, curiosa, sempre a caccia di risposte, sempre pronto ad ascoltare le domande. Ricordo che si commuoveva vedendo i bambini e notavo stupore e meraviglia in ogni incontro. Ricordo la sua immediatezza e la sua semplicità nello spiegare i temi complicati senza fronzoli, con naturalezza e in modo cordiale. Non lo ricordo seduto in cattedra, ma in piedi in mezzo a tutti noi. Quelli che oggi sono alunni definiti diversamente abili, all’epoca erano come noi, non ci accorgevamo di queste presunte differenze: io ho avuto, come tutti, due genitori come maestri di vita. Ma il terzo maestro” ha concluso don Achille con la voce rotta dal pianto “è stato Mario Lodi”.

La salma è stata poi tumulata presso il cimitero di Piadena, dove Mario Lodi, a pochi chilometri dalla sua Drizzona, riposerà per sempre. Il volo di Cipì, personaggio di uno dei suoi romanzi pedagogici più noti, è terminato lì. Ma forse non si è mai concluso, se è vero che un bambino, fuori dalla chiesa (avrà avuto sì e no 8-9 anni) ha così sentenziato: “E’ stato uno dei più grandi maestri del mondo”. Non un’etichetta ma un messaggio che le nuove generazioni non possono ignorare.

Giovanni Gardani


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